L’evoluzione del gruppo terrorista ISIS rappresenta oggi una forte criticità per l’assetto geopolitico mediorientale, in particolare per la stabilità dell’Iraq post bellico e della Siria. Tuttavia l’aspetto globalizzato del fenomeno terrorismo, in modo particolare a seguito della proclamazione del Califfato da parte del leader ISIS, Al-Baghdadi, pone interrogativi rispetto l’influenza e la capacità d’ ingerenza di questa imponente struttura terrorista sul continente africano.
L’ISIS, il gruppo terrorista sunnita che attualmente è protagonista delle cronache geopolitiche, nasce da una tradizione legata ad Al Qaeda. A partire dal febbraio 2014 si sdogana per poi rivendicare un ruolo da protagonista autonomo nello scenario jihadista quando, a causa di divergenze operative e gestionali rispetto alla crisi siriana, dichiara la propria autonomia contrapponendosi in modo fermo alla dirigenza di Al Qaeda rappresentata da Ayman al-Zawhairi.
Le radici dell’ISIS vanno ricercate in una cellula fondamentalista, nata in Iraq nel 2003 denominata Jamā’at al-Tawḥīd wa-al-Jihād1, poi consolidatasi sull’onda di un risentimento sunnita nei confronti dei gruppi sciiti e alimentato dall’ intervento militare della coalizione occidentale. La grande influenza del gruppo, cresciuto sotto la guida di Al Zarqawi2, fece in modo che Al Qaeda lo riconoscesse in modo ufficiale come branca dell’organizzazione in Iraq con il nome di AQI, finanziandolo e fortificandolo dal punto di vista logistico.
Successivamente si assistette a un rapido processo di alienazione del gruppo terrorista irakeno che ha rafforzato la propria identità individuale a partire dalla rottura con Al Qaeda, per poi divenire sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi3, l’Islamic State in Iraq and al Sham (ISIS), così denominato in seguito all’espansione delle proprie attività a Levante, in Siria.
La nascita e l’evoluzione dell’ ISIS rappresentano un momento importante rispetto al nuovo corso che sta assumendo il terrorismo in diverse realtà geografiche. Unitamente ad altri gruppi strutturati e operanti soprattutto nell’ area dell’Africa sub-sahariana, ISIS evidenzia dei caratteri operativi innovativi di completezza e complessità che riducono, in modo considerevole, l’ asimmetria del conflitto tra gruppo terrorista e Stato legittimo.
Questo ridisegna la geografia del terrorismo e rimodula la percezione del fenomeno, arrivando a relegare il metodico terrorismo islamista di Al Qaeda a un momento del fenomeno ed a non identificarlo in modo assoluto con essa.
Il terrorismo islamista sembra dunque dividersi e contrapporsi a se stesso; se da una parte ci sono i gruppi storicamente fedeli alla “cultura”di Al Qaeda, dall’altra ne avanzano altri che rivendicano la superiorità ideologica e di azione di ISIS in nome della restaurazione del Califfato: il terrorismo di matrice islamista assume dunque caratteri e tendenze variegate.
Infatti, mentre Al Qaeda ha operato “ab initio” secondo una logica che negli anni ne ha visto una crescita graduale di contrapposizione prima ideologico- propagandistica e poi militare rispetto al cosiddetto “Occidente”, l’ISIS emergendo da fazioni contrapposte e già consapevoli, interne alla stessa Al Qaeda, ha modo di operare in uno scenario già completamente destabilizzato dal punto di vista delle strutture politiche e sociali.
Il gruppo terrorista guidato da Al Baghdadi ha quindi saputo interpretare e veicolare i sentimenti di frustrazione e dissenso dei gruppi fondamentalisti, non mancando di rimodellare secondo nuove logiche d’azione il concetto di jihad globale sempre attuale nel panorama fondamentalista ma da sempre incompiuto.
Infatti, le vicissitudini dell’ISIS se ben lette sono, prima di tutto, la storia di un gruppo terrorista che manifesta l’evoluzione di un terrorismo che uscito dalla clandestinità4 e acquisendo un’effettiva capacità di controllare il territorio e di esercitare il potere decisionale sulle popolazioni che lo abitano si propone come stato parallelo secondo una logica di autoproclamazione5.
Premesso quanto sopra, è stato manifestato il timore che ISIS possa estendere la propria influenza operativa in Africa e che possa influenzarne corsi storici e dinamiche, ma è realmente possibile? Ne esistono le condizioni?
Per giungere a considerazioni che possano dare una chiave di lettura realistica rispetto ai quesiti sopra posti, si deve considerare lo scenario geopolitico africano come estremamente variegato, articolato ed instabile.
Prima di tutto appare opportuno fare una distinzione tra Africa mediterranea, comprendente tra gli altri, Libia, Tunisia ed Egitto e la fascia di continente che si estende a sud dei confini libici.
Mentre l’Egitto e ancor di più la Libia sono vittime di manifestazioni e contrapposizioni terroristiche e criminali in un caotico scenario, generato dal mancato processo di rinnovamento innescato dalla Primavera Araba, più a sud sembra vigere una sorta di equilibrio del terrore che vede i gruppi terroristi, AQIM in primis, sempre meno interessati alle dinamiche del jihad globale e sempre più presi dal consolidare il proprio potere e gli interessi particolari.
Premesso quanto sopra è ipotizzabile che ISIS, approfittando di tanta instabilità, possa influenzare ideologicamente i gruppi terroristi minoritari che operano nel Sinai e nel contesto libico, anche e soprattutto fornendo supporto logistico e addestrativo.
A tal proposito, di recente, sono emersi collegamenti tra l’ISIS e il gruppo terrorista Ansar Bayt al Maqdis6 (conosciuto anche come Ansar al Jerusalem, operante in Egitto, nella penisola del Sinai) che hanno confermato legami “logistici” e collaborazioni in merito al “metodo” operativo con i terroristi dell’ISIS7.
Proprio in relazione a questo è interessante notare l’analogia comunicativa e scenografica che si è tragicamente riscontrata tra il video della decapitazione del reporter americano James Foley, avvenuta il 19 agosto 2014 a opera di un convertito dell’ISIS e quello dei quattro uomini decapitati il successivo 28 agosto ad opera di membri del sopra menzionato Ansar Bayt al Maqdis. In detti video, consegnati alle agenzie di stampa a fine propagandistico, si evidenziano similitudini e caratteri comuni che fanno effettivamente pensare a una medesima regia.
È possibile che detti legami siano sostenuti, oltre che dalla comune ideologia, anche e soprattutto da ingenti finanziamenti che ISIS fornirebbe al gruppo terrorista egiziano; questi legami sono certamente pericolosi e potrebbero espandersi fino in Libia dove le centinaia di piccoli gruppi terroristi e criminali indipendenti si presterebbero a cedere parte della propria autonomia in cambio di cospicui finanziamenti; inoltre, un’affiliazione ad un gruppo così importante potrebbe legittimare le azioni dei neo-affiliati nella galassia jihadista.
Diversa la situazione più a sud, oltre le dune della Libia dove sono presenti gruppi terroristi ben strutturati e organizzati.
Al Qaeda nel Maghreb Islamico –AQIM-, Boko Haram e Al Shabaab tendono a perseguire, ognuno entro i confini delle proprie aree di “competenza” i propri obiettivi. Questo individualismo condiviso si basa su una sorta di “equilibrio del terrore”, garantendo una certa stabilità e rendendo queste aree meno permeabili alle ingerenze di gruppi terroristi che vi si volessero insinuare, contrariamente a quanto invece potrebbe avvenire – e in parte è già avvenuto – in Libia ed Egitto.
Si consideri inoltre come l’ISIS sia ora impegnato su più fronti operativi; questo si tradurrà in un enorme impegno militare per mantenere le posizioni e per difendersi dal rinvigorito esercito governativo irakeno, supportato dagli Stati Uniti d’America e probabilmente, nel prossimo futuro, dalla NATO.
Alla luce di quanto sopra espresso appare dunque improbabile un’espansione dell’ISIS in Africa mentre appare più veritiera l’ipotesi secondo la quale l’Africa possa divenire, almeno nella sua area mediterranea, un teatro di scontro tra i gruppi terroristi ancora legati ad Al Qaeda e quelli che invece si potrebbero riconoscere ideologicamente sotto la bandiera del Califfato proclamato dal leader dell’ISIS.
Dall’Africa inoltre non giungono messaggi di apprezzamento e incoraggiamento all’azione dell’ISIS ma, anzi, si assiste ad atteggiamenti di chiusura e comunque lontani da qualsiasi forma di condivisione.
È il caso di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, il cui leader ha assolutamente rifiutato di riconoscere il neo-dichiarato califfato8 dell’ISIS, né appare probabile che AQIM possa rivendicare, in risposta a detta proclamazione, la formazione di un califfato in Africa; e questo per due motivi:
- il primo risiede nel fatto che ciò attirerebbe l’attenzione della Comunità Internazionale, ora distratta ad Oriente, con la conseguenza di doversi misurare con forze di coalizione occidentali o dell’Unione africana;
- il secondo, ben più concreto, risiede nel nuovo processo evolutivo che proprio AQIM sta sperimentando e silenziosamente portando avanti nei territori da esso controllati. Questo consiste in una sorta di “secolarizzazione” dell’apparato organizzativo che punta principalmente, pur sempre rivendicando l’ideologia jihadista, a creare profitto attraverso i traffici illeciti e a gestire una conseguente economia indotta in tutta l’area.
In Africa questo nuovo corso del terrorismo ha preso il via già da qualche anno ed è giunto a livelli di realizzazione inquietanti che dovrebbero intimorire più della vampata ideologica e d’azione dell’ISIS destinato, secondo logiche già viste, a ridefinirsi ben presto in tutt’altre forme.