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ISIS: segni di debolezza fanno pensare a un’imminente sconfitta

Creato il 04 marzo 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

L’Isis domina i media, ma sul campo si registrano i primi segni di debolezza

Si parla di Isis nei giornali e nei media di tutto il mondo. Si parla di decapitazioni, esecuzioni, massacri, rapimenti di massa. Il tutto fa pensare ad una continua espansione dell’Isis in Siria ed in Iraq. La realtà, però, è un’altra. I fatti sembrano mostrare situazioni diverse. Forse l’Isis sta perdendo la guerra in Medio Oriente.

Nonostante l’Isis si estenda su un territorio pari a quello del Regno Unito, al momento sembra che i militanti del califfo Al Baghdadi, leader dell’Isis, dopo le vittorie degli ultimi mesi, stiano battendo in ritirata. I segnali, provenienti da più fonti, indicano che l’autoproclamato stato islamico sta perdendo posizioni importanti con la stessa rapidità con cui le aveva conquistate. La prima novità arriva dalla Libia. Le milizie dell’Isis avrebbero abbandonato la città di Derna, dove avevano stabilito il loro quartiere generale libico. Da lì puntavano ad estendere il loro controllo su tutta la regione. I miliziani si sono diretti verso la vicina regione montagnosa di Ras Helal.  Confermano l’abbandono della città di Derna sia i mezzi di informazione Arabi Uniti, Al-Arabiya.net, sia il fatto che tutti gli edifici cittadini, fino a pochi giorni fa occupati da miliziani, ora siano completamente vuoti. Resta da capire cosa possa avere determinato la decisione dell’Isis di lasciare la città, la cui conquista era stata celebrata come il primo passo verso quella dell’intera Libia. La possibile motivazione principale potrebbe essere quella che, lasciando Derna e gli edifici che avevano occupato, i miliziani stiano cercando di sfuggire ai raid aerei che, per giorni, hanno martellato le loro posizioni.

Le ragioni che fanno pensare alla debolezza dell’Isis nel raggiungere i suoi obiettivi

Prima di tutto, per quanto riguarda l’Iraq, l’Isis effettuava blitz rapidi sfruttando il mal posizionamento dell’esercito iracheno, riuscendo così a conquistare città come Mosul. Ora i collegamenti tra una città e l’altra sono stati bloccati dai bombardamenti americani. Inoltre, il riposizionamento delle forze governative non permette più questo tipo di attacchi.

Un secondo motivo che fa pensare alla debolezza dell’Isis nel raggiungere i propri obiettivi, sono i raid aerei e i bombardamenti: forse non distruggeranno definitivamente l’Isis, ma stanno intralciando in modo consistente la sua libertà di azione.

Terzo motivo è il numero di combattenti sempre inferiore. L’Isis attualmente dispone di 20/30.000 combattenti. I soldati iracheni invece sono 48mila e quelli curdi nel nord Iraq sono 190mila. Sembra essere troppo vulnerabile anche di fronte alla coalizione guidata dagli Stati Uniti, continuando un tipo di guerra tradizionale per mantenere il controllo delle città conquistate, nonostante il numero ridotto di combattenti.

L’Isis, inoltre, si ritrova di fronte a una mancanza di alleati. L’ideologia dell’Isis richiede una totale e assoluta aderenza ai principi della legge islamica. Sotto questo punto di vista, nessun gruppo, Al Qaeda incluso, è considerato sufficientemente puro. Questo aspetto si può vedere soprattutto in Siria dove l’Isis ha rinunciato a possibili alleanze con il Fronte al-Nusra e gli esponenti di Al Qaeda nella regione, chiudendo i rapporti con questi gruppi.

La mancanza di alleati è anche dimostrata dalla recente alleanza stretta tra Iran ed Iraq. Due giorni fa l’esercito iracheno ha avviato la più grande offensiva contro l’Isis finora, con l’appoggio dell’Iran. Si tratta di un attacco a Tikrit, città nota soprattutto in quanto luogo di nascita di Saddam Hussein.

Il presidente americano Barack Obama poche settimane fa aveva affermato che: “Le coalizioni sono sull’offensiva. L’Isis invece è sulla difensiva. L’Isis quindi perderà.”
Queste erano le convinzioni con cui lo stesso Obama annunciò, l’11 febbraio, dopo l’uccisione della volontaria americana Kayla Mueller, la richiesta al Congresso l’autorizzazione per combattere lo Stato Islamico. Obama esplicò anche che non sarebbero servite operazioni di truppe a terra.
Poco meno di un mese dopo, sembra che le parole del Presidente Usa trovino fondamenta veritiere.
L’Isis non è capace di sopravvivere esclusivamente sulla base di una rapida espansione, e l’organizzazione interna potrebbe iniziare a mostrare le prime crepe. In tal caso, l’Isis potrebbe disintegrarsi e lasciare il posto a entità minori senza un coordinamento centrale, fallendo quindi nell’obiettivo primario di creare un vero e proprio Stato.

Zack Beauchamp, giornalista, scrive in un articolo su Vox.com che quello dell’Isis è solo uno dei tanti capitoli nella storia irachena successiva all’invasione americana. Invasione iniziata nel 2003 e terminata nel 2011, con il passaggio definitivo di tutti i poteri alle autorità irachene da parte dell’esercito americano sotto il comando del presidente statunitense Bush. L’obiettivo principale dell’invasione, era quello di porre fine al regime di Saddam Hussein, accusato di volersi dotare di armi di distruzione di massa e di aver stretto legami con il terrorismo islamico.
Beauchamp afferma che sebbene la guerra contro l’Isis potrebbe durare anni, prima o poi finirà, come è finito, appunto, il regime di Saddam Hussein.

Tags:Al Qaeda,Al-Baghdadi,barack obama,Bush,Derna,invasione americana 2003,iraq,isis,saddam hussein,siria,stati uniti

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