Pamuk è un premio Nobel; è facile dire di un premio Nobel alla Letteratura che sappia scrivere, tuttavia in questo caso saper scrivere non è sufficiente per raccontare in questo modo Istanbul; bisogna saper dipingere e saper dipingere in tonalità di grigio. Sì, perché Istanbul è una città che lo scrittore turco non riesce a non descrivere come grigia. Lì è nato, lì ha vissuto e questo libro può essere certamente considerato come la sua autobiografia, ma non è solo questo.
Istanbul è un espediente letterario per raccontare una città che è stata nella storia il punto d’incontro tra Oriente e Occidente, è stata lo snodo tra due culture e due pensieri, tra due economie e due mondi. Pamuk la descrive per descrivere se stesso e utilizza se stesso per descrivere la città.
L’autore nasce nel 1952 e la sua vita a cavallo tra la città e il Bosforo sembra collocarsi in un contesto sereno e agiato economicamente, con gli anni le cose cambieranno, ma l’attaccamento alla città in cui è nato non subirà grandi cambiamenti, oscillerà tra la rabbia per le cose che non cambiano mai all’attaccamento alle tradizioni.
Questo libro di Pamuk lascia nel lettore uno stato d’animo che oscilla tra la melanconia e la tranquillità, tra il bianco ed il nero che avvolge le strade e le persone. Questo libro è la descrizione di una meravigliosa sensazione.
Luca Romano
Orhan Pamuk, Istanbul, Einaudi 2008, 384 pp., € 13.