Magazine Diario personale
Una volta all'anno, a fine gennaio, centinaia di appartamenti di privati sono subaffittati dal World Economic Forum per alloggiare tutti i suoi impiegati che, dopo averci lavorato per mesi, faranno funzionare dal mattino alla sera la macchina dal ritmo serratissimo che è l'incontro annuale a cui partecipano, e fanno di tutto per partecipare, ministri e capi di Stato, capi di industrie, di società di servizi e di entità finanziarie, leaders intellettuali, religiosi, sociali (gli alberghi che ospitano tutta 'sta gente sono prenotati a prezzi assurdi da mesi).
Tutti questi rappresentanti di interessi pubblici, sociali e privati, si ritrovano insieme, organizzati nei loro tempi tra incontri bilaterali o di gruppo, per settore o per interesse, pubblici o a porte chiuse.
In teoria per migliorare lo stato del mondo, certamente per fare affari.
I rappresentanti governativi e i fondatori delle fondazioni cercano di attirare gli investimenti dei capi di azienda, i capi di azienda cercano nuovi incentivi di espansione, di relazione, di produzione, di immagine. Insomma, uno dei motivi per cui ogni anno da una parte migliaia di figure pubbliche fanno di tutto per essere invitate a Davos e dall'altra centinaia di aziende pagano un salasso di membership per avere un posto a Davos, è che da Davos si esce normalmente con nuove prospettive contrattuali.
Sono anni che nessuno dei ministri italiani (primi e non, Tremonti ci andava in quanto professore), sempre invitati in quanto l'Italia fa parte del G7, va a Davos.
Sono pochissime le grandi aziende italiane, come l'Eni, che vedono un'utilità nel pagare la membership per partecipare a Davos.
In questi giorni tutti i giornali stranieri dedicano molti articoli ai discorsi, alle discussioni, ai fatti che stanno accadendo lì a Davos. I nostri giornali sembrano quasi far finta di nulla, come se, siccome non ci sono italiani, non fosse un evento fondamentale per l'economia globale dei prossimi 12 mesi.
Che poi si può essere contrari allo spirito di Davos, al capitalismo, a tutto, ma intanto anche quelli di Occupy WallStreet sono a Davos, dentro gli igloo, a manifestare il loro punto di vista, solo l'Italia è indifferente sia nel bene che nel male, semplicemente (quasi del tutto) assente.
Intanto a Davos qualcuno fa affari e porta introiti nel suo prodotto nazionale lordo, e noaltri stiamo qua a domandarci perchè quando è ora di spartire la torta, ci toccano le briciole.
Il fatto è che, a forza di rifiutare gli inviti alle feste, ad un bel momento non ci inviteranno nemmeno più.
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