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Qui di seguito la mia corrispondenza andata in onda questa mattina nel notiziario di Radio Radicale.
La visita a Belgrado e a Pristina del ministro degli Esteri, Emma Bonino, avviene in una fase cruciale del processo di avvicinamento della Serbia all’Europa e nel quadro più generale dell’integrazione europea dei Balcani occidentali. Il Consiglio Europeo che si terrà a fine giugno dovrebbe infatti indicare la data per l'apertura del negoziato di adesione della Serbia all'Ue in seguito alla storica intesa con il Kosovo raggiunta esattamente due mesi fa. Il 19 aprile scorso, infatti, con la mediazione dell'Unione Europea i due premier, Ivica Dacic e Hashim Thaci, hanno siglato un'intesa per la normalizzazione delle loro relazioni. Un'intesa che poi è stata perfezionata nel mese di maggio.
Non si tratta del riconoscimento reciproco. Su questo le distanze restano inalterate. La Serbia ha ribadito in ogni sede che non intende riconoscere la secessione di quella che continua a considerare una sua provincia sulla base della risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, mentre Pristina da parte sua non intende rinunciare all'indipendenza proclamata unilateralmente nel febbraio del 2008 e da allora riconosciuta da un centinaio di Paesi tra cui 22 dei 27 che compongono l'Unione Europea, Italia compresa.
L'accordo di aprile è però ugualmente molto importante perché rende possibile la normalizzazione delle relazioni tra le due capitali che era esattamente la condizione posta da Bruxelles per cominciare a discutere l'Accordo di stabilizzazione e associazione con il Kosovo e soprattutto per aprire formalmente i negoziati di adesione con la Serbia, un risultato su cui l'attuale governo conservatore di Belgrado ha giocato buona parte della sua credibilità interna e internazionale.
Non è detto comunque che il Consiglio Europeo prenderà una decisione definitiva: le perplessità tra i 27 non mancano, a partire dalla Germania. La stampa serba, nei giorni scorsi, dando conto di queste diffidenze, sottolineava che le decisioni possono essere diverse: la fissazione di una data certa di apertura del negoziato di adesione, oppure l'indicazione di una data ma sottoposta ad alcune ulteriori condizioni, oppure ancora il solo avvio delle procedure tecniche per la successiva apertura formale del negoziato.
L'Italia non da oggi sostiene l'integrazione della Serbia, a maggior ragione dopo l'accordo di aprile con il Kosovo. Ricordiamo che il nostro Paese ha ottimi rapporti con Belgrado e, inoltre, vanta posizioni di primo piano nel settore commerciale e degli investimenti. Anche la Serbia sta affrontando le conseguenze della crisi globale e in più deve portare avanti un processo di modernizzazione e di internazionalizzazione della propria economia nel quale l’Italia gioca un ruolo di primo piano. In Serbia non ci sono solo importanti gruppi industriali come la Fiat o grandi gruppi finanziari come Unicredit, ma una miriade di piccole e medie imprese
L’Italia è il primo investitore straniero e il secondo partner commerciale della Serbia (se non si considera l’importazione di energia dalla Russia). Le aziende italiane presenti sono circa 500, con un giro d’affari pari a circa l'8% del pil. Per le aziende italiane, la Serbia rappresenta la base da cui proiettare la propria offerta verso i mercati globalizzati dell'Europa dell'est e oltre. Questo tanto per capire l'importanza strategica che i Balcani hanno per la nostra economia e di come a volte si parli molto di Cina dimenticandosi di realtà altrettanto importanti ad un passo da casa nostra.
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