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E' quasi incredibile anche solo da scrivere, ma devo dire di essere uscito piuttosto soddisfatto dalla prima sfida affrontata dall'Italia nel corso di questo Mondiale carioca.
Una partita, quella con l'Inghilterra, tosta, ricca di errori ma anche di spunti interessanti, che ha sprizzato carattere da tutti i pori e ha evitato quella noia che spesso e volentieri attanaglia lo spettatore quando la testa dei giocatori e dell'allenatore appare troppo concentrata su un conservatorismo che nuoce allo spettacolo del calcio: non siamo certo dalle parti dello show incredibile fornito dall'Olanda contro la Spagna - come molti nostrani telegiornali hanno dichiarato -, eppure l'Italia è apparsa solida ed unita, pronta ad affrontare la grande sfida che rappresenta una competizione come questa.
Ma, più che parlare del colpo da biliardo di Marchisio - e del velo strepitoso di Pirlo, che prima della fine regala anche il brivido di una traversa colpita con una punizione in stile Holly&Benji -, vorrei cercare l'ispirazione nelle sfuriate sulla fascia destra dei due migliori in campo azzurri - con buona pace del mattatore Balotelli, sempre protagonista delle cronache -, Candreva e Darmian, ribattezzati per l'occasione - e da qui alla fine del Mondiale - Cadrega e D'Artagnan: fiato, cuore, voglia di fare, carattere.
Tutto quello che serve, dunque, per trasformare una partita in qualcosa che i tifosi ricorderanno, ed un Mondiale, magari, in una speranza da coltivare match dopo match.
Per quanto si possa ammirare la classe e la fantasia dei poeti del pallone, sono calciatori come loro che più toccano le corde del cuore di questo vecchio cowboy, gente che mette tutto per arrivare alla fine, e buttare dentro quella che può essere la palla decisiva - come il cross perfetto di Cadrega per la cresta di SuperMario che ha deciso l'incontro -: gente che tiene i cavalli, e lo fa con una passione tale da finirci in groppa conducendo la carica.
Non saremmo però la Terra dei cachi senza almeno una nota dolente, che nello specifico ha un volto - in grado di gareggiare per il titolo di giocatore più brutto da vedere dei Mondiali e con Nicholas Cage e Steven Seagal per quanto riguarda lo stato dei capelli - ed un nome: Gabriel Paletta.
Il bel fusto in questione, oltre a non prendere in considerazione l'idea di una bella rasata alla Einsenberg e a sembrare un cinquantenne navigato in barba ai suoi ventotto anni, è stato protagonista di una delle prestazioni più agghiaccianti che abbia visto produrre da un giocatore dell'Italia nella mia personale storia di spettatore dei Mondiali, peggiore perfino di quella di Pepe nel 2010.
Ma in casa Ford abbiamo saputo trovare il positivo anche in questo: i brividi e le risate maggiori sono stati regalati proprio dai momenti in cui il buon Paletta finiva in possesso palla - fortunatamente non così tanti -.
Forse Prandelli deve un favore a questo improbabile difensore, ma anche nella migliore delle ipotesi mi risulterebbe agghiacciante pensare che un giocatore di questo calibro possa fregiarsi della vittoria di un Mondiale quando gente come Baggio, Baresi o Maldini è riuscita soltanto a sognarlo.
La cosa interessante, però, è che - come era accaduto già agli ultimi Europei -, nonostante alcuni cambi discutibili come quello che ha portato l'ingresso di Thiago Motta, mentre ho apprezzato la scelta alcoolica di Barolo, nuovo nome di battaglia di Parolo, e scelte curiose - torniamo al succitato Paletta -, l'impressione sia quella che Prandelli abbia un progetto da portare avanti, e riesca a dare le giuste motivazioni ai nostri ragazzi, perfino quelli un pò più discussi e difficili come Balotelli, che nel giro di un paio di giorni riesce a passare dall'essere ultimo della classe a salvatore della Patria.
Comunque, il carisma è anche questo.
Un pò come non preoccuparsi tanto di gioire per una bella vittoria, quanto di zittire chi aveva dubbi.
Personalmente, io lo accetto così com'è.
E dovessimo continuare così, sarò ben contento di festeggiare il doppio in sua vece.
MrFord
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