[Editoriale del Quaderno n. 3]
Gli ottimi rapporti tra l’Italia e la Serbia rappresentano un caso di successo della prassi bilaterale adottata dalla politica estera italiana nell’ambito della regione adriatico-ionica. Le consolidate relazioni economico-commerciali tra Belgrado e Roma costituiscono il punto di partenza per l’articolazione di un’auspicabile area macroregionale, integrata anche sul piano politico e su quello della sicurezza. L’ingresso della Serbia nell’Unione Europea, oltre a valorizzare la regione adriatica, potrebbe facilitare, in virtù del suo posizionamento geostrategico (PfP-NATO, CSTO), i rapporti, anche per il tramite dell’Italia, tra Bruxelles e Mosca nel particolare ambito della sicurezza continentale. L’eurointegrazione della Serbia introdurrebbe inoltre una più ampia riflessione sull’evoluzione della stessa Unione e della sua opportuna riformulazione come UE.2, in vista del nuovo scenario multipolare.
L’approccio bilaterale: un asse fondamentale della politica estera italiana
Le relazioni tra la Repubblica di Serbia e l’Italia costituiscono, nella loro articolazione, uno degli esempi più riusciti dell’approccio bilaterale perseguito negli ultimi tempi dall’Italia riguardo alle tematiche economico-commerciali. È da sottolineare che tale prassi ha prodotto considerevoli ricadute sistemiche sia a livello regionale, sia a livello europeo. I vertici intergovernativi italo-serbi di Roma (2009), Belgrado (2012) e di Ancona (2013) sono stati occasione di un ininterrotto e costruttivo confronto tra le due Nazioni, ma, soprattutto, di stipula di accordi strategici tra Roma e Belgrado. A tali accordi bilaterali tra le rispettive istituzioni centrali, occorre aggiungere anche quelli firmati in precedenza, separatamente ed in piena autonomia, tra alcune Regioni italiane e la Serbia1.
Nell’ambito delle relazioni tra istituzioni locali italiane e serbe una particolare attenzione è stata posta ai temi dell’innovazione e del trasferimento tecnologico nel tessuto economico-produttivo serbo2. L’interesse mostrato dalle Amministrazioni locali italiane e serbe è un indice di come i processi di cooperazione interregionali, quantunque motivati da esigenze pragmatiche, talvolta precorrano più importanti ed ampie strategie nazionali di lungo periodo.
Le ragioni che hanno agevolato i ragguardevoli risultati sinora raggiunti nel quadro della cooperazione economica e commerciale italo-serba sono da individuarsi nelle profonde relazioni storiche esistenti tra i due Paesi, che eventi dolorosi, anche relativamente recenti3, non hanno mai infirmato.
L’approccio bilaterale, seppur mitigato da specifiche esigenze multilaterali cui Roma indubbiamente soggiace4, si è rivelato pertanto un esempio di buone politiche verso l’estero, che l’intera diplomazia italiana dovrebbe aver cura di adottare, al fine di caratterizzare al meglio la presenza del nostro Paese nell’attuale fase di transizione uni-multipolare.
L’eurointegrazione della Serbia e l’Italia
In ragione della stretta cooperazione tra Roma e Belgrado, l’integrazione della Serbia nell’Unione Europea, oltre a valorizzare l’intera regione adriatico-balcanica e riqualificare geopoliticamente il cosiddetto Mediterraneo allargato, accrescerebbe il prestigio ed il ruolo dell’Italia in seno alla comunità europea, e ne consoliderebbe ulteriormente le relazioni bilaterali con i Paesi CSI, di cui la Serbia costituisce, per la sua relazione speciale con Mosca, una sorta di accesso privilegiato.
Nel quadro di una prossima inclusione di Belgrado nella UE, la peculiarità del posizionamento geostrategico del Paese balcanico, che lo vuole ad un tempo partner dell’Alleanza atlantica e osservatore dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC)5, nonché la sua storica e pronunciata vocazione neutralista6 introdurrebbero elementi utili alla ridefinizione della sicurezza continentale, al momento troppo sbilanciata sull’alleato statunitense. La Serbia concorrerebbe, in tal caso, insieme ad altri Paesi europei membri dell’Unione, tra cui certamente l’Austria e la Svezia, alla possibile rivitalizzazione della dottrina della neutralità armata, quale alternativa strategica da privilegiare e perseguire nel processo di transizione uni-multipolare attualmente in atto.
Vale la pena osservare che la questione della sicurezza regionale e continentale si intreccia intimamente con quella afferente al progetto del gasdotto South Stream. L’imminente realizzazione del tratto serbo di questa infrastruttura7, infatti, spingerà nel breve periodo i decisori politici a trovare soluzioni rapide ed idonee per assicurare la stabilità regionale di cui necessita il corretto e certo rifornimento energetico.
La Serbia, dunque, è destinata ad assumere nel prossimo futuro la speciale funzione di centro energetico regionale, con beneficio per lo sviluppo economico ed industriale dei Paesi membri dell’Unione.
La cooperazione, l’integrazione regionale, l’opportunità di un hub energetico sono gli elementi che Bruxelles dovrà prendere in seria considerazione nel percorso dell’eurointegrazione di Belgrado. In particolare Bruxelles dovrà tenere conto della sensibilità serba in riferimento alla questione del Kosovo i Metohija.