-Di Cinzia Aicha Rodolfi
Sono tornata dall’Hajj (2) da pochi giorni; una forte nostalgia, una quasi infelicità, ma devo immergermi nella solita quotidianità, non c’è tregua, la parentesi sembrerebbe già chiusa, ma invero non è proprio così.
Mi chiedono come è andata e, con raffiche di parole racconto e rivivo il viaggio, ma non riesco veramente a dire quello che vorrei; però il mio problema non è la dialettica, semmai altro.
La verità è che avrò bisogno ancora di molto tempo per riflettere, assimilare lentamente le immagini che mi tornano alla mente e rivisitarle con calma. Mi sono svegliata nel mio letto di sempre e mi chiedevo dove fossi, ci ho messo del tempo per recuperare la mia memoria. Non perché erano 20 giorni che dormivo altrove, bensì perché seppur con il corpo qui a casa mia, la mente era rimasta indietro, laggiù a Mecca.
Una pace, la presenza forte del Divino, qualcosa di troppo grande per essere compreso appieno. E’ amore incondizionato che genera stati d’animo autentici, i quali talvolta ci spaventano.
Ci metterò del tempo per capire se il mio sforzo è stato davvero accettato, per sentire se il mio cuore sia cambiato, se davvero sono cresciuta di quella consapevolezza che vado cercando da tempo. Mi immaginavo altro, sono stata anche stupidamente ed arrogantemente delusa; probabilmente avrei dovuto partire senza aspettarmi nulla in particolare, senza alcuna pretesa.
Sento però che devo cercare le ragioni di tutto quello che è capitato; trovare spiegazioni e un senso logico dove apparentemente mi è sembrato solo un accadere casuale. Ho detto sembrato perché so bene che nulla è casuale, soprattutto durante il pellegrinaggio.
E’ stato un viaggio di 20 giorni, evidentemente lungo ed effettivamente faticoso; emozionante ed emozionale, che ha più volte messo alla prova ogni più piccola ragionevole insofferenza, ma al Hamdulillah (grazie a Dio) ripensandoci ci sovviene in mente che ogni problema porta con se un bene, perché insegna e possibilmente si impara. Ripensandoci con attenzione troverò questo bene, anzi capirò che ogni minuto vissuto da pellegrina mi ha cambiata.
Il Pellegrinaggio è davvero una scuola di vita.
Sapevo che avrei dovuto sforzarmi e violentare in qualsiasi modo la mia “nafs” (3) e mantenere la calma, perché diversamente avrei pericolosamente rischiato di rovinare il pellegrinaggio ed il suo scopo, perché Iddio ci ha promesso: “Chiunque compia il pellegrinaggio alla Casa senza essere volgare, litigioso e senza avere una condotta immorale, emerge dai proprio peccati proprio come un bambino appena nato” ed avrà cancellati tutti i suoi peccati.
Dopo 24 ore di viaggio, eccola, la Kaaba. Che meraviglia, e le lacrime scendono copiose sul viso, non riesco a smettere di piangere. Scendo le poche scale e comincio a camminare intorno a lei, ma intanto la guardo, non posso smettere di guardarla. Non le tolgo lo sguardo, ipnotizzata dalla sua bellezza. La casa è viva. Giriamo intorno e preghiamo, piangiamo di gioia, di rammarico e di vergogna. Ci scorrono le scene della nostra vita, imploriamo perdono e misericordia, giriamo 7 volte intorno poi facciamo una preghiera e stanchi sudati e spossati andiamo a bere l’acqua del pozzo miracoloso e questa acqua ci ritempra, ci rinvigorisce e ci da una carica inaspettata; dunque ci incamminiamo per il secondo rito i 7 percorsi tra le due alture di Safa e Marwa “ il Say” (4).
E non mancarono i miracoli. Eravamo a percorrere la strada del Say, mancava poco alla preghiera del mezzogiorno pian piano la strada si restringeva perché i pellegrini cominciavano a sedersi e trovare il loro spazio per pregare. Ad un certo punto eravamo tutti fermi, avevamo solo lo spazio per i nostri piedi e dietro di noi arrivavano altri pellegrini (come un ingorgo autostradale dopo un incidente). Ho temuto che dal dietro mi schiacciassero. Si sentì il richiamo alla preghiera, pensai “la faremo tutti stando fermi in piedi”, invece mi inchinai, poi venne il momento di prostrarsi con il mento per terra e pensai “sarà impossibile perché non c’è spazio”; ma inspiegabilmente scesi e piegai le ginocchia trovando il mio posto per appoggiare la testa per terra e quando mi rialzai guardai dietro e vidi che tutti si stavano rialzando da terra. Tutti trovarono miracolosamente il loro spazio. Iddio è grandissimo.
Pellegrini per Allah l’Altissimo, concentrati a compiere tutti i riti con il cuore tranquillo ed attento cercavamo di subire senza rispondere a nessuna provocazione, a nessun imprevisto fastidioso.
Però la stanchezza per le lunghe camminate e le poche ore di sonno, le dure prove in situazioni pesanti ed esasperanti, la mancanza di intimità in una camera dove eravamo in 6, oppure nella tenda in 30, la febbre e la tosse ancora più odiosa a 40 gradi, la nostalgia di casa e della famiglia … sono stati deterrenti e causa di piccole discussioni.
Invero per essere sinceri, se avessi vissuto le stesse identiche situazioni in qualsiasi altro contesto non ne sarei uscita indenne. In verità il nervosismo e l’insofferenza per i quintali di chiacchiere inutili, in un altro posto mi avrebbero vista litigare.
Infatti durante il pellegrinaggio, e tutti quanti lo abbiamo constatato sulle nostre persone, c’e’ stato un grandissimo aiuto del nostro Signore ovvero una “baraka” (benedizione), come una mano (La Sua Mano) a trattenerci; un soffio (il Suo Soffio) a sedarci; una voce (la Sua Voce) a guidarci.
Milioni compassati entrare e uscire dal “Masjid al Haram” con una calma impressionante.
Le mie prove sono state molte e mirate laddove nello specifico la mia insofferenza solitamente si innalza a si gonfia.
Ho dovuto sopportare chiacchiere quando avrei voluto riposare; domande quando non avevo alcun desiderio di rispondere; il caldo che non dava tregua; l’alito pesante di chi da dietro gettava sulle mie spalle le sue invocazioni e la sua saliva; il mio sudore appiccicato addosso ed anche quello di chiunque mi schiacciava; odori e rumori sgradevoli.
Ore di attesa snervanti quando sembrava che non aveva alcun senso logico aspettare e parevano situazioni calcolate appositamente fine a loro stesse, solo per monitorare la nostra pazienza.
Il viaggio di andata durato 24 ore e quello di ritorno di 27 ore, ed ogni sosta prolungata apparentemente del triplo necessario. Ore ed ore inutili trascorse su pullman fatiscenti, puzzolenti e scomodi, oppure in aeroporto a Jedda ci hanno testato e frustato i cervelli.
Come in quei reality televisivi abbiamo vissuto e convissuto in gruppetti di una decina di persone, condiviso il bagno il cibo, i pianti, i lamenti e la sofferenza. 7 sorelle sconosciute che a turno si aiutavano, talvolta si irritavano, ma spesso si consolavano all’interno di una strana empatia di sensazioni simili seppur vissute da caratteri diversi. Retaggi differenti e storie di vita e di ritorno all’Islam completamente uniche, partenze ed approdi fantastici e cammini faticosi ci hanno poi involontariamente condotto ad incontrarci in questo viaggio straordinario.
Contenta di essere tornata tra le mura della mia casa devo subito ringraziare l’Altissimo solo per il fatto di avere un posto accogliente dove vivere, ma soprattutto degli affetti purissimi e sinceri con cui convivere. La mia famiglia mi ha seguito da casa quotidianamente, mio marito al telefono mi incoraggiava con parole sagge e gentili, si e’ preso cura della nostra casa e dei nostri figli con una grande serietà, mi ha tenuto nascosti i loro problemi ed ha cercato di risolvere ogni imprevisto correndo tra mille impegni, Allah lo ricompensi; mia figlia mi rinnovava il suo amore, mio figlio mi raccontava delle sue preoccupazioni per la mia assenza. Mai come in questa occasione ho sentito il loro affetto e anche il grande loro bisogno del mio.
Questo viaggio mi ha aperto il cuore in molte maniere.
Ho pianto di vergogna mille volte pensando alla mia inadeguatezza come moglie e come madre, troppo spesso in questi ultimi anni rapita dal mio egoismo ad inseguire una mia ricerca personale, e mi sono ripromessa anzi ho promesso davanti alla Sacra Casa di dedicare loro più tempo ed anche una diversa qualità di questo tempo.
Seppur nel caos delle camminate nel caldo torrido, o nelle ore sotto tende affollatissime e rumorose, ho avuto modo di riflettere e rimettere in discussione la mia vita. Analizzare ogni gradino salito e quanti invece scesi quando gli sbagli e i peccati mi hanno rovinosamente rigettato indietro.
Ogni tanto in preda ad una smaniosa ribellione cercavo il silenzio e la fuga da tutti, scappavo dal gruppo e come un’assetata raggiungevo la Moschea salivo fino alla terrazza faticando a scavalcare milioni seduti a leggere il Corano, scavalcavo uomini e donne e arrivavo alla ringhiera per vederla, ed il solo guardarla, lei immobile, maestosa, rassicurante, che sopporta pazientemente un continuo infinito susseguirsi di uomini e donne che le girano intorno… il mio cuore si acquietava e si distendeva in una pace unica.
Poi mi sedevo e guardavo i volti rugosi voltati verso il cielo di donne anziane africane, indonesiane, turche, iraniane, sedute in ogni dove, con gli occhi imploranti umidi di pianto, e mi immaginavo le loro vite probabilmente tremende, e le loro speranze per quella invero eterna; omini magri affrettarsi a spingersi nei giri intorno alla Casa come se fossero arrivati in quello stesso momento direttamente dal Pakistan, dall’Africa nera partiti di corsa e sempre di corsa inseguire il loro sogno di vendetta contro una vita terrena ai limiti della sussistenza. I pellegrini del Bangladesh con le barbette tinte di rosso hennè e gli indiani con i loro parei e le gambette magre che sbucavano di sotto.
Fiumi di umanità multicolore come attirati da invisibili calamite camminare in tondo a Mecca, correre a gettare i sassolini contro le steli a Mina, e ancora pregare in tutte le strade a Mecca fermando il traffico impazzito, oppure invocare con le mani al cielo al tramonto di Arafat.
Li ho cercati e li ho trovati tutti, ogni angolo del mondo ha mandato rappresentanti della sua esistenza, accorsi alla Sua Casa ad adorarLo e supplicarLo, e li ho visti anche sperare di morire in quello stato di grazia meravigliosa, e come dar loro torto …
Mi sono arrabbiata con quei gruppi di indonesiani e malesi che infilati uno attaccato all’altro, come legati, sembravano serpenti che si insinuavano da ogni lato; ma ora ricordandoli così concentrati nella loro missione al sorpasso ne sorrido di tenerezza e vorrei dir loro andate e Allah sia con voi.
Ho contato approssimativamente migliaia di clandestini africani dormire sotto i ponti ad Arafat oppure arrampicati sulle colline di Mina; gente che preferisce vivere di elemosina, rovistare tra i nostri ricchi rifiuti e tentare un qualche piccolo commercio ambulante in questa terra Sacra piuttosto che tornare alle loro guerre civili, carestie e ignobili esistenze disumanizzanti.
Invece di notte mi sono seduta in un angolino nell’immensa Moschea del Profeta* ed ho osservato migliaia di donne accorrere nel Rawda e piangere davanti alla tomba del più amato uomo dell’umanità invocando la sua intercessione.
Sono rimasta spesso turbata, sconvolta, scioccata da tutto e da tutti; i miei occhi non potranno spiegare nemmeno con le migliori parole le immagini che hanno filmato; e il mio cuore non riuscirà mai a descrivere appieno le sensazioni è la forza del Suo amore … posso ripetere però : Lode a Lui Allah il Signore dei mondi che ci ama e ci ascolta, basta solo amarLo profondamente e invocarLo sinceramente. Null’altro.
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(1)La Ka’ba, quella costruzione quadrata ricoperta con un telo nero ed oro situata oggi all’interno della grande Moschea a Mecca, è la prima Casa Sacra che sia stata costruita sulla terra.
(2) Dall’Ihia ‘Ulum ud-Din di Imam Abu-l-Hamid al-Ghazali): Il pellegrinaggio a Mecca costituisce uno dei Pilastri dell’Islam e concerne molte grandi benedizioni, tra le quali il perdono di tutti i peccati precedenti. E’ obbligatorio tra tutti i Musulmani in salute che posseggano i mezzi per andare in pellegrinaggio. La Ka’ba è la prima Casa Sacra che sia stata costruita sulla terra. Allah ha ordinato ai Profeti Abramo e Ismaele di stabilire il pellegrinaggio a questa Casa Sacra alla Mecca e la pratica è rinata con l’ordine di Allah al Profeta Muhammad, lode e pace su di lui. Era durante il Pellegrinaggio di Addio che Allah ha inviato il versetto Coranico che dice:
“Oggi ho reso perfetta la vostra religione, ho completato per voi la Mia grazia e Mi è piaciuto darvi per religione l’Islàm. ” (5:3)
Allah ha anche detto:
“Chiama le genti al pellegrinaggio: verranno a te a piedi e con cammelli slanciati da ogni remota contrada, per partecipare ai benefici che sono stati loro concessi …” (22:27-28)
Le parole “per partecipare ai benefici che sono stati loro concessi” si riferiscono alle occupazioni e alle ricompense nella Vita Eterna. Satana, il lapidato e maledetto, impiega tutto il suo potere per impedire ad una persona di compiere il pellegrinaggio alla Mecca attraverso, tra le altre cose, sussurri ed inganni e questa è l’interpretazione del verso:
“Disse: «Dal momento che mi hai sviato, tenderò loro agguati sullaTua Retta via …” (7:16)
Il Profeta Muhammad, lode e pace su di lui, disse ai suoi Compagni: “Chiunque compia il pellegrinaggio alla Casa senza essere volgare, litigioso e senza avere una condotta immorale, emerge dai proprio peccati proprio come un bambino appena nato.” satana non è mai più umiliato, disonorato e disgraziato che nel Giorno di Arafat.” Ci è stato spiegato ciò perché egli vede la Misericordia di Allah scendere sopra i Suoi adoratori e che è in questo Giorno che Allah perdona i peccati maggiori. E’ stato anche aggiunto che la sola espiazione per certi peccati avvenga nel giorno di Arafat.” Se qualcuno lascia la sua casa con l’intenzione di compiere il pellegrinaggio (Hajj) o il pellegrinaggio minore (Umra), la ricompensa per un pellegrinaggio o l’altro resta scritta per lui fino al Giorno della Resurrezione.” Chiunque muoia alla Mecca o a Medina non avrà da mostrare il proprio conto e non gli sarà chiesto alcunché ma gli verrà detto, ‘Entra nel Paradiso’.” Non c’è altra ricompensa per un pellegrinaggio accettato se non il Paradiso. “Coloro che compiono il pellegrinaggio o il pellegrinaggio minore sono gli ospiti e i vicini di Allah. Se pregano, la preghiera è accettata; se chiedono ad Allah di perdonarli, sono perdonati; se supplicano, la loro supplica è accettata. “Chiunque pensi che nel giorno di Arafat i peccati non siano perdonati da Allah, compie il più grave peccato.” Centoventi benedizioni scendono ogni giorno sulla Ka’ba. Sessanta su coloro che fanno la circoambulazione, quaranta per coloro che pregano e venti per coloro che visitano la Ka’ba. “Oh Allah, perdona il pellegrino e coloro per cui il pellegrino supplica.” Compì più circoambulazioni possibili attorno alla Ka’ba perché è molto importante e nel Giorno della Resurrezione, lo troverai scritto nel tuo Libro delle Buone Azioni e sarà oggetto di invidia da parte degli altri.” E’ perciò fortemente raccomandato compiere la circoambulazione attorno alla Ka’ba prima dell’inizio del pellegrinaggio o di quello minore. Se il giorno di Arafat eJum’ah (Venerdì) coincidono le benedizioni sono enormi. E’ stato trasmesso che questo giorno sia il migliore del mondo perché questa coincidenza è avvenuta durante il Pellegrinaggio dell’Addio in cui furono inviato il verso:
“In questo giorno ho reso perfetta la tua religione per te e ho completato il Mio favore nei tuoi confronti. E ho approvato l’Islam come tua religione.” (5:3)
e il perdono sgorga da ogni luogo. Ali, il figlio di Muwaffaq ha compiuto molti pellegrinaggi per conto del Profeta Muhammad, lode e pace su di lui, che venne a lui in visione chiedendo. “Figlio di Muwaffaw sei andato in pellegrinaggio per il mio amore?” Ali replicò che l’aveva fatto, da cui il Profeta chiese: “Hai gridato per conto mio ‘Eccomi a Te (labbayk)’?” E lui rispose che l’aveva fatto. Il Profeta, lode e pace su di lui, allora gli disse: “Ti ricompenserò per questo e nel Giorno della Resurrezione ti prenderò per mano nel luogo d’attesa e ti condurrò nel Paradiso mentre tutti gli altri temono la loro Resa dei Conti“.
( 3) anima istintiva egoistica che trascina verso impulsi fisici.
(4) come fece Agar la moglie di Abramo quando cercava di scorgere una carovana mentre il figlioletto infante Ismaele piangeva, e Allah l’Altissimo fece sgorgare da sotto i piedini del bimbo la fonte purissima inesauribile di questa acqua benedetta, che si chiama Zam Zam.