Anna Lombroso per il Simplicissimus
A pensarci bene, salvo mamma Rosa e forse la zia monaca, l’unica cosa sacra nell’universo di Berlusconi è la casa di proprietà. Così la definì nel discorso della “discesa in campo” e oggi rappresenta uno dei valori fondanti in tempo di elezione o di redenzione.
E d’altra parte è sul mattone che ha cominciato a edificare la sua fortuna, per poi replicare quel modulo fortunato su un terreno fertile visto anche se già molto “occupato”, visto che l’80% degli italiani ha una casa di proprietà e qualcuno, lui per esempio, anche più di una, adattandolo alle circostanze con le Milano 2 , 3, e tentando di replicarle perfino nelle zone terremotate con le oltraggiose news towns al posto dell’Aquila.
È proprio un’ossessione della quale cade preda con villone piscinate intorno alle quali ha riunito despoti piccoli e grandi, assisi su improbabile mobili del barocco piemontese che da soli meriterebbero la galera, o dando un domicilio dignitoso alle sue giovani amiche in un residence “dedicato”. Ma anche attraverso quell’oltraggio al territorio e alla legalità chiamato piano casa che doveva permettere ai proprietari di “allargarsi” fino al 30%, legittimando l’abuso diffuso in barba a vincoli, sicurezza ed estetica. E come al solito quando si tratta di licenze licenziose ci tenne a dare il buon esempio, con qualche variante ad personam nella residenza “sacra” ma anche profana in Sardegna.
In mancanza di una guerra convenzionale non è il solo ad averla dichiarato a regole, regolamenti ed anche al buonsenso, dalla proposta di condono del Pd campano, ai progetti romani, varianti dell’ultimo momento di Alemanno, fotocopiando le procedure frettolose di Veltroni, che riprendono l’ipotesi di quasi 300 mila metri cubi di magioni di lusso alla Fiera di Roma, cui si aggiungeranno case e case in periferia dove tante ce ne sono già, vuote, abbandonate, senza padrone, ostaggi di una delle tante bolle immobiliari locali, tirate su per prendere per il naso gli allocchi. Nei quartieri satellite dell’Eur Torrino e di Casal Palocco, a sud di Roma, gli annunci ‘vendesi’ dilagano, sia sugli edifici finiti che sulle baracche dei cantieri ancora all’opera, in poli residenziali da dieci o 12 palazzi, anche da 200 appartamenti ciascuno. Secondo le stime degli esperti romani della Fiaip, la federazione italiana agenti immobiliari professionisti, in certe zone l’invenduto arriverebbe al 30 per cento. E non va meglio a Milano dove decine di sviluppi residenziali, ‘preziose residenze immerse nel verde a pochi chilometri dal centro’, sono a caccia disperata di clienti. E un altro segnale di difficoltà riguarda il non costruito: a fronte di decine di autorizzazioni concesse i cantieri nemmeno vengono aperti, mentre gli appartamenti vuoti al momento del censimento 2001 erano 50.000 contro gli attuali 80 mila.
In assenza di una guerra coi cannoni che faccia da motore ad una provvidenziale ricostruzione, si punta sulla semplice costruzione, che – maledetti mutui – ha bisogno di un po’ di sostegno, a cominciare dal contrasto all’abbietta Imu, cui cambiare nome, fare un moderno maquillage, trasformare in qualche altra arma da indirizzare contro i poveri soliti ignoti.
E poi perfino in tempi di incertezza, quando i tradizionali rivali del mattone fanno paura, la casa è considerata ‘sicura’, per chi ha un gruzzolo da collocare, per chi non ce l’ha ma sogna una tana protettiva nella quale rifugiarsi, soprattutto per chi, grande o modesto, locale o globale, conta sempre sulle formidabili opportunità della speculazione immobiliare, come dimostra l’interesse degli istituti di credito italiani per la conversione di pacchetti di mutui residenziali in titoli cartolarizzati, i Residential Mortgage Backed Security, quelli della bolla inglese, che aveva copiato scrupolosamente modalità e infamie di quella americana. Lo scopo è sempre lo stesso: di questa trasformazione non si è mai tenuto conto nel contabilizzare i debiti che effettivamente gravano sugli italiani in seguito alla sottoscrizione di un mutuo per la casa. Ma – lo accerta perfino Nomisma – calcolando anche i titoli cartolarizzati (un brand di Intesa Sanpaolo e Unicredit), il reale indebitamento delle famiglie in Italia sale di innumerevoli punti, trascurati dai dati ufficiali, estendendo il numero delle vittime della guerra finanzaria all’economia reale e aumentando quello dei ricattati, costretti ad arrampicarsi come topolini sulle scale impervie dei mutui, della rate, delle multe di Equitalia.
Così la casa diventa una galera, si sopravvive o si sotto-vive per mantenerla, si affronta ogni genere di privazione per far fronte ai mutui e alle spese. E diventa un’arma nelle mani degli strozzini di regime, cosicché solo chi non possiede nulla può essere libero, non aver nulla da perdere, non doversi assoggettare a ricatti e intimidazioni.
Da mesi inquilini di case di proprietà di enti che non possono far fronte alla sepsa degli affitti, insieme a piccoli proprietari espropriati dalle banche si riuniscono, cercano patrocini e li trovano, manifestano sempre più rabbiosamente. Come accade ogni giorno a Madrid, a Atene, a Lisbona, dove si sono inceppate insieme le due forme di rendita, quella finanziaria e quella immobiliare, come erano cresciute insieme nel decennio passato, rivelando un indissolubile e iniquo legame nel contesto di una economia di carta e di mattone, nella quale le città sorreggono le transazioni immateriali e il “sacro” regge il profano.