Lo scopo dell'ultimo libro di Beppe Severgnini sembra essere chiaro già a cominciare dalla copertina:
"Un libro per i nostri ragazzi, quindi anche per noi. Un libro pratico, perciò pieno di sogni. Un libro emozionante, per l'Italia che non si rassegna."
Attraverso quanti e quali campi è possibile cercare di riabilitare un sogno, ricordando i punti di forza di un Paese come l'Italia e di un popolo come quello italiano? Nessuna domanda potrebbe essere più difficile da trattare esaurientemente, stando a quanto sta accadendo in questi ultimi mesi. Nonostante l'evidente complessità legata alla necessità di analizzare consapevolmente argomenti come questi, l'autore cerca di delineare uno sguardo comune da trasmettere ai più giovani, in quanto 'anagraficamente autorizzati' a vivere direttamente il futuro (non solo italiano, nds). Attraverso quali passi è stato possibile pensare e scrivere "Italiani di domani"? Guardando a quanto scritto dallo stesso autore, si è trattato di un percorso fatto a stretto contatto con i rappresentanti 'reali' di questo ancora troppo sconosciuto ed oscuro 'domani':
"[...]Il libro [...] non è riservato ai laureati, ai ventenni o ai giovani: categoria vasta, generica e insidiosa. Anche se è nato nelle Università [...]'Italiani di domani' è destinato a chi vuole provare a ragionare sul proprio futuro, e magari a cambiarlo. Se vogliamo riprogrammare noi stessi e il nostro Paese- brutto verbo, bel proposito- dobbiamo continuare a provarci, anche quando è finito il tempo epico della gioventù. Nelle prossime pagine troverete otto passaggi; se preferite otto chiavi per il futuro. Ognuno contiene altrettanti sottopassaggi. Otto è un numero sensuale e simmetrico; non piace solo ai cinesi, che di queste cose se ne intendono. Sono le otto T del tempo che viene: prendetele o scartatele, tutte o in parte. Se le scartate, però, pensate perchè lo fate. E' comunque un buon esercizio. [...]"
Quali sono questi 'passaggi' con cui sarebbe possibile ottenere altrettante chiavi capaci di aprire nuove porte sul futuro? Sono otto parole, dal campo semantico però immenso; a ciascuna di loro corrisponde un comportamento, un atteggiamento, un punto di vista attraverso cui cercare di far confluire le nostre esperienze. Adoperarsi per diventare 'Italiani di domani' significa tenere sembre bene a mente coerenze ed atteggiamenti derivanti dalle 'otto T' di seguito riportate:
- Talento - Siate brutali;
- Tenacia - Siate pazienti;
- Tempismo - Siate pronti;
- Tolleranza - Siate elastici;
- Totem - Siate leali;
- Tenerezza - Siate morbidi;
- Terra - Siate aperti;
- Testa - Siate ottimisti.
"[...]Dietro le otto porte, non c'è necessariamente il successo. Ma di sicuro c'è una vita - e un'Italia- migliore."
Così come un giovane cerca continuamente e costantemente un proprio spazio nel mondo, altrettanto dovrebbe fare dentro sè stesso: avere del talento può richiedere infatti anche la necessità di essere 'brutali' con la propria interiorità, impiegando una buona dose di tempo per capirsi. Tutto questo andrà fatto, ovviamente, conservando un talento altrettanto importante per decodificare la reale struttura del mondo: dare un giusto peso alle cose, inquadrando obiettivi e priorità reali, trascurando di compiere percorsi futili e strade da molt(issim)i sopravvalutate. L'avere talento è una dote indissolubilmente legata all'avere sufficiente tenacia con cui 'mettersi in circolo' per ritagliarsi quello spazio nel mondo precedentemente citato; avere tenacia significa avere pazienza, saper aspettare il proprio 'attimo fuggente' per poter dimostrare realmente quanto oro si è disposti a valere. La tenacia è una virtù necessaria per non lasciarsi derubare del proprio futuro, dei propri sogni e delle proprie aspettative nei confronti del domani che non tarderà ad arrivare. Essere tenaci significa evitare di percorrere sempre nuove strade, provando a mettersi in gioco senza mai cadere nell'indolenza e nell'inevitabilità 'del deprimersi': tenacia è vivere ogni attimo possibile una nuova stagione per costruir(se)lo, questo domani. Tenacia e talento sono virtù che vanno apprese, assimilate e capite: il solo 'mezzo' per compiere al meglio questo processo è quello di affiancarsi al tempo che passa, inevitabile ed ineluttabile. Ciascun giovane deve essere pronto, infatti, a darsi tempo per far maturare appieno talento e tenacia seminate (soprattutto) dalle cattive esperienze della vita. Il tempismo è una dote che presuppone la possibilità di inserirsi nel posto giusto in un tempo che venga 'stimato' come il più giusto possibile: quali ricette servono per realizzare questo difficilissimo passo? Servirà possedere doti come assiduità, spontaneità, originalità ed utilità, tanto per citarne alcune. Servirà essere sorpresi per sorprendere, all'interno di questo mondo sempre meno attento all'importanza dei dettagli. Avere tempismo significa, per fortuna o purtroppo, anche sapersi collocare all'interno dei contesti economici e sociali in cui una giovane vita è costretta a maturare: quale miglior terreno per capire a quale specializzazione e su quali piste far muovere la propria vita? In altre parole, sarà essenziale diventare 'tecnici':
"[...]La tecnica non è disinteressata. Ha un obiettivo. Secondo Platone, 'il sapere in generale, privo di un oggetto proprio, non ha alcun senso: ogni scienza ed ogni tecnica vertono su alcuni oggetti specifici e non su altri. Una tecnica che non si sia delimitata il campo in base al proprio oggetto non è una tecnica'.[...]"
Servirà quindi diventare realmente pratici ed esperti di qualcosa; se poi si riuscirà anche ad aggiungere al lato tecnico un aspetto artistico con cui poter guardare nel mondo, meglio ancora. Trovare uno spazio nel mondo presuppone, però, anche la necessità di saper essere tolleranti: assimilare un passo come questo è un traguardo che rischia di addormentarsi, in quanto è opportuno sollecitarlo frequentemente per farlo sentire vivo. L'avere tolleranza è sinonimo di essere originali, senza però perdere la necessità di rimanere 'affiliati' al contesto buio nel quale si è spesso costretti a brancolare. La tolleranza è, per il resto, un traguardo ottenibile ricorrendo anche all'ironia, indicata dall'autore come "forma suprema di elasticità", in quanto "esercizio quotidiano di tolleranza, prova quotidiana di umanità." Il divenire tolleranti presuppone anche l'obbligo di essere allenati all'intuizione, senza dover per forza cercare spesso ed ossessivamente un'improbabile forma di 'approvazione collettiva'. Divenire tolleranti può significare, infine, la necessità di sapersi dotare di un 'airbag mentale', viaggiando leggeri in mezzo a nemici come caos ed incoerenza. La tolleranza è una virtù interiore che rischia, purtroppo, di non bastare: è necessario affiancare a lei alcuni 'totem' a cui affiancarsi per guardare con la maggior lealtà possibile alla futura donna od al futuro uomo nascosti dentro ad ogni odierno giovane. Serviranno coerenza, passione e costanza:
"Innanzitutto dì a te stesso chi vuoi essere; poi fa' ogni cosa di conseguenza." (Epitteto,Dissertazioni)
Sarà essenziale fare crescere un percorso dentro a questa citazione: servirà essere onesti, oltrechè frequentare chi vede nell'onestà una virtù fondamentale ed irrinunciabile. Servirà ragionare, distinguendosi dalle masse e dal fiume di banalità che scorre ogni giorno sotto i nostri occhi. Servirà anche rispettare le competenze altrui, spesso giustamente molto diverse (e magari complementari?) dalle nostre. Servirà anche essere precisi, avendo ben presente la differenza che passa con l'essere 'efficaci':
"[...]Precisione, efficacia e serietà non sono sinonimi di pedanteria: quest'ultima è un rischio che noi italiani non correremo mai. Precisione ed efficacia sono una garanzia per chi lavora con voi; e vi verrà prontamente riconosciuta. Non mi stancherò mai di scriverlo. Se volete avere successo nel mondo, unite precisione e intuizione. Quest'ultima è una dote: rallegratevene. La prima è una conquista: lavorateci.[...]"
Accanto a queste virtù fondamentalmente inossidabili servirà, però, anche la necessità di saper essere morbidi e flessibili di fronte al 'tutto' che ruota attorno a noi. Il regolare queste virtù attraverso la tenerezza è un'azione che andrà fatta annoiandosi con giudizio, sapendo mescolare accuratamente tempi di lavoro e necessari tempi morti con cui ricostruirsi uno spazio nella sola vita che abbiamo a disposizione per (appunto!) riuscire a vivere. La tolleranza è anche una virtù da applicare su noi stessi, lavorando per la semplificazione del tempo libero e per la coltivazione di ogni passione funzionale al far respirare ossigeno per convertire la semplice sopravvivenza in vita vissuta. Servirà anche essere tolleranti con il futuro, non ricercando a tutti i costi una fama immediata; servirà ascoltare ed aspettare il proprio turno, magari in fondo ad una sala buia. In mezzo al buio, senza essere catapultati all'attenzione di tutti, sarà possibile udire competenze, errori ed opinioni altrui: in mezzo a quell'oscurità, pertanto, sarà possibile trovare anche qualche consiglio non dato. Accanto a queste virtù astratte, la necessità di essere concreti per potersi richiamare alla parola "Terra": saper essere aperti, tenendo sempre bene a mente e nel cuore quella 'Itaca' a cui un giorno dovremo, inevitabilmente, ritornare. L'essere aperti è un'attività che va fatta guardando a modelli e comportamenti dentro cui ricercare una qualche ispirazione per poter essere migliori. L'essere aperti deve significare, al contempo, mescolare al meglio temi come europeismo, 'italianismo' e campanilismo: cosa poter trovare amando i 'nostri luoghi'? Cosa finiranno per essere davvero le nostre origini?
"[...]Sono tatuaggi segreti che vedrete solo voi, e vi daranno sicurezza e compagnia nel mondo.[...]"
Quale virtù aggiungere al calderone per poter completare la formazione dell'italiano di domani? Una su tutte: la testa. Sarà necessario avere testa per muoversi nel mondo, districandosi con la necessaria dose di consapevolezza fra gli ostacoli che ci impediscono troppo spesso di essere veramente ottimisti. Servirà urlarsi dentro "Viva la Vida", giusto per richiamarsi ad una stupenda canzone dei Coldplay. Servirà tenere a mente le parole di Ugo Foscolo, riportate non per caso dall'autore all'inizio dell'ultima parte del viaggio nelle virtù:
"O italiani, io vi esorto alle storie, perchè niun popolo più di voi può mostrare nè più calamità da compiangere, nè più errori da evitare, nè più virtù che vi facciano rispettare." (Orazione all'Università di Pavia, 1809)
Cosa trarre dal nostro stato di italiani di oggi, al fine di poter meglio impostare quello relativo agli italiani di domani? A questa domanda, l'autore fornisce più di una risposta nel merito:
"Credo che abbiamo improvvisamente capito alcune cose [...]. Non possiamo pretendere servizi sociali nordeuropei mantenendo comportamenti fiscali nordafricani. Non possiamo permetterci buone scuole, buoni ospedali e buone strade se le risorse finiscono nell'economia malavitosa (140 miliardi), nell'evasione fiscale (120 miliardi), in corruzione, rendite ingiustificate e sprechi. [...] Non siamo previdenti come la formica della favola; ma siamo troppo smaliziati per non intuire il destino della cicala. E' un inverno allegorico, quello che stiamo attraversando: duro e freddo, così poco adatto ad una nazione considerata solare, nelle semplicazioni del mondo. [...]"
Di fronte a questo inverno, destinato a durare chissà quanto, rimarranno un giorno solamente gli 'italiani di domani'. Dopo questo inverno, forse, arriverà davvero un'estate degna di essere chiamata tale. Non bastano raggi di sole, per vincere ad un gioco che sembra tremendamente duro; servono, guarda la casualità, anche illuminati italiani: "Quando il gioco si fa duro, gli italiani cominciano a giocare."
Che la partita abbia inizio, dunque. O forse è già cominciata?