Tra i documenti dell'Archivio Casarrubea ce n'è uno che riguarda la Sicilia nell'anno 1574. Si tratta di una Relazione redatta da Giacomo Ragazzoni, inviato del Doge di Venezia Venier, con la quale l'illustre e potente nobile descrive l'Isola sia sotto il profilo militare, sia anche sotto quello dei suoi abitanti. E' stato rinvenuto, nelle scorse settimane, negli Archivi di Kew Gardens (Gran Bretagna) dal nostro Mario J. Cereghino e si riferisce a un momento assai interessante della storia del Mediterraneo e delle varie contese e iniziative di guerra messe in atto dalle potenze dell'epoca.
Erano riprese, infatti, le ostilità degli Ottomani contro i superstiti possedimenti veneziani in Oriente, a cominciare da Cipro che era caduta a conclusione di un'eroica resistenza. Dopo la guerra dei Normanni contro gli Arabi, fu quella una delle più importanti azioni dell'Occidente per bloccare l'avanzata dell'islamismo. Essa si concluse con la nascita della Lega Cristiana e il sostegno di Pio V alla Repubblica veneziana.
Il rapporto di Ragazzoni riferisce avvenimenti che partono dalla conclusione della Lega, nel 1571, quando entrano a farne parte le forze di Venezia, Spagna, Papato e Impero, sotto il comando di Giovanni d'Austria, fratello di Filippo II, re di Spagna, e arrivano al 1574. Fu proprio l'8 ottobre 1571 che si ebbe la battaglia di Lepanto con la vittoria della Lega. Nonostante questo successo gli Ottomani ebbero l'isola di Cipro ed altri possedimenti. Da qui l'interesse della Repubblica di Venezia a verificare lo stato dell'Isola.
Di Giacomo Ragazzoni sappiamo che appartiene a una famiglia di armatori e banchieri veneziani, stabilitisi a Sacile dopo aver ottenuto dal Doge l'investitura del feudo di Sant'Odorico; che tratta con i Turchi a Costantinopoli per conto della Repubblica veneta (1571), che riceve dal re di Francia Enrico III l'autorizzazione ad aggiungere nello stemma di famiglia due gigli di Francia (1574) e che la sua famiglia è così altolocata da ricevere la regina Maria d'Austria nel 1581. L'epoca in cui fu costruito a Venezia, su un precedente rudere quattrocentesco, l'omonimo grande palazzo della famiglia Ragazzoni-Flangini-Biglia. Un edificio non solo signorile ma concepito anche, un po' come le terre fortificate di Sicilia, per la raccolta della produzione delle varie tenute agricole di questa famiglia.L'inviato del Doge, che agisce per conto della Lega cristiana, passa a descrivere la Sicilia, le distanze che intercorrono da una città costiera all'altra, lungo tutte le sue coste. Conta sei grandi porti e ne descrive l'efficienza, le fortezze, le muraglie e le difese. Inoltre enuclea le principali produzioni dell'Isola:
"Produce la Sicilia tutte le cose al viver humano appartenenti di maniera che non ha bisogno che d'altra parte vi sia posata cosa alcuna per tal conto. Abbonda di frumento in tal maniera che oltre a quello che li bisogna per uso delli habitatori suoi ne fornisce anco diverse altre parti, che ne mancano, come Malta, Valenza in Spagna, Genova et Lucca et altri lochi come la Serenità Vostra può aver conosciuto, che in quel tempo che io sono stato suo agente in detto Regno, ne ha avuta prontamente tutta quella quantità che lei ha ordinato.
Onde meritamente Sicilia è stata chiamata Granaio di Roma. Produce ancora vino, et oglio per uso suo et altri frutti d'ogni sorta. Vi si piglia gran quantità di sardelle, et di tono che s'insalla et serve oltre quello che si consuma per uso delli habitatori, per provesion dell'Armata di Sua Maestà. Fa gran quantità di formaggi insalati che similmente servono per il detto effetto. Abbonda di molto sale, il quale si fa in molti lochi, et specialmente à Trapani di dove ne vien estratta molta quantità per Lombardia et trovo che se ne potria cavar all'anno fino a 30 mila salme. [...] Vi si fa gran quantità di zucchari intorno a Palermo e à Messina. Vi si pesca il coralo à Trapani et vi è del bestiame assai se ben non vi è governato come si fa in queste parti. Vi si fanno alcuni panni grossi di lana che servono per vestiti delli contadini, gli altri panni più fini vengono condotti in Sicilia da Cattalogna di Spagna, et molta quantità di saggie da Fiorenza e panni di seta, oltre quelli che si fanno in Messina, da Genova et da Lucha, et vi si traffica assai massime in Palermo per rispetto del Negozio formentario."
Non sono escluse, però, le attenzioni verso il carattere proprio dei siciliani. E a questo proposito il Nostro rileva che si fanno la guerra tra di loro, ma non sono disposti ad andarla a fare per gli altri. Si intravede, in questo, forse, la lotta intestina tra le famiglie e l'indisponibilità a mettersi a disposizione dello Stato per i suoi bisogni di difesa:
"Sono gli habitatori dell'Isola di Sicilia huomeni ordinariamente feroci, et pronti d'ingegno, ma se bene sono rissosi tra loro, et che ogni uno porti le armi, non si dilettano però d'andare alla Guerra, né volentieri escono fuori dalla sua Patria; il che procede dalla fertilità del Paese dove stanno molto comodi et agiati. Hanno per li tempi passati usate molte lingue, secondo che da diverse nazioni sono stati dominati, pur la lingua loro propria et matterna è l'Italiana la quale parlano assai bene et civilmente et nel vivere et vestire et altre cose s'accostano in tutto e per tutto all'uso italiano.
Nella Giusticia si governano secondo le leggi Imperiali, conforme alle quali sono giudicate tutte le cause civili e criminali et alcuno non può esser giudicato che non sia Dottore et cittadin del Regno. Ogni forestiero che in quello si marita, vien immediate per la tradducion della moglie à conseguir la cittadinanza di esso et è admesso ad ogni dignità, officio et beneficio di detto Regno."
Segue una breve storia dell'Isola e quindi un'esposizione del censimento della popolazione e l' "estimo dei beni" effettuato nel 1570, ai fini dell'imposizione delle tasse. In tutto si contarono 936297 abitanti di cui 462970 donne, 198525 uomini tra i 18 e i 50 anni e 274802 gli uomini d'ogni altra età. C'erano allora 185 città di cui 43 reali, 131 feudali, 12 appartenenti al clero. Inoltre vi erano 3 arcivescovadi, 6 vescovadi, 45 abazie, 7 priorati, 4 principati, 2 ducati, 9 marchesati, 18 contadi e 56 baronie. Tale massa di aristocratici altro carico non avevano che fornire al Re, 1706 cavalli "armati alla leggera" in caso di guerre e per la difesa del Regno.
Per il resto, scrive il Ragazzoni,
"Godono li Siciliani diverse essencioni e privileggij à loro di tempo in tempo da tutti i Re fino al presente confermati et inviolabilmente osservati talmente che non sono obligati à contribuir ad alcuna altra spesa né angaria fuorche l'anticha et ordinaria di 25 mila ducati all'anno instituita per la spesa della persona e Corte del Re, che si chiama donativo ordinario. Gli altri donativi che sono estraordinarij come sarìa il sussidio che impone la Serenità Vostra in Terra ferma, bisogna che volendoli Sua Maestà ottenere il Vice Re facci vedere il parlamento del Regno et in quello esponere il bisogno di Sua Maestà, et pregarlo che voglia essere contento di consentirli, il qual piglia termine à rissolversi. Di poi si torna a ridurre et si contenta di pagar in tre overo quattro anni ogni anno la ratta tanta summa per una cosa e tanta per un'altra, che dal Vice Re è stata dimandata fino in quel tempo delli 3 o 4 anni tornasi un'altra volta à convocare, et veder il parlamento et si rinovano li medesimi donativi che sono chiamati estraordinarij. Di maniera che le Entrate di Sua Maestà nel Regno di Sicilia consistono nelli detti donativi ordinarij et estraordinarij, nella tratta delli formenti, nei dacij et altre cose come qui sotto a partita per partita sono de chiarito."
Se qualcuno avesse dubbio su come si sia sempre più consolidata fino ai nostri giorni la pratica della sottomissione dello Stato al parlamento siciliano, può fare mente locale a questa bellissima Relazione del nostro Ragazzoni.