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Italiano Medio: l’Irriverenza Come Arma Contro la Mediocrità

Creato il 29 gennaio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Italiano Medio: l’Irriverenza Come Arma Contro la Mediocrità

Attenzione. Quello che sto per recensire è un film tratto da una storia finta.

Così, con questo primo frame, Marcello Macchia (in arte Maccio Capatonda) strappa in sala la prima risata attraverso quello che non rappresenta soltanto un debutto al cinema, ma anche il coronamento di un progetto molto più trasversale che ha visto nascere il suo personaggio in televisione, esplodere sul web e trovare un suo status anche all'interno della settima arte. Sì, perché Maccio Capatonda dimostra con Italiano Medio di essere convincente anche dietro la macchina da presa, attraverso un film che non è solo la versione lunga di una gag proposta da uno dei suoi famosi "finti" trailer che spopolano su YouTube, ma una storia a tutti gli effetti, che riesce a mirare dritto e bene su quella dicotomia di fondo che rispecchia le nostre italiche debolezze.

Il protagonista della pellicola è Giulio Verme, con la fissa per l'ecosostenibilità, vegano per scelta, attivista sensibile alle tematiche sociali e convinto sostenitore di un mondo migliore; e per migliore si intende privo di quelle catene mentali che - secondo Verme - sono frutto dell'uso eccessivo che facciamo della televisione, coinvolgente protagonista e subdola artefice delle nostre vite.

Già, la televisione. Perché tutto inizia e finisce con lei. Sembra quasi che Maccio Capatonda - che alla TV deve (quasi) tutto - la disconosca, rivelandone la componente fortemente attrattiva per poi, subito dopo, criticarla aspramente.

Con l'aiuto di una pillolina, dunque, il nostro protagonista, al contrario di quello che succede al Bradley Cooper di Limitless (2011), riduce l'attività del suo cervello dal 20% al 2%, e questo gli consentirà di mettersi a nudo totalmente, mostrandosi in tutta la sua bestialità di uomo menefreghista, dedito solo ai party, alle scopate, ai videogiochi e ad altre amenità. Lo sdoppiamento del personaggio, quasi come se ci trovassimo di fronte ai nuovi Dr. Jekyll e Mr. Hyde, oltre ad accentuare la componente fortemente comica della storia, ci illumina sull'elemento cardine su cui si muove il pensiero dell'italiano medio di oggi, ovvero il compromesso.

La parte conclusiva del film, sebbene forse narrativamente più debole rispetto a quella iniziale, chiarisce bene il classico atteggiamento all'"italiana" che Giulio Verme ha sempre combattuto ma al quale cede a mani basse. Quello cioè dove convivono due anime opposte e antitetiche: difendere la natura, ma allo stesso tempo inquinare; ritenersi vegani, ma mangiare carne; dire di amare una donna, ma averne anche un'altra (con il consenso e l'accettazione da parte di entrambe).

Non mancano anche in questa nuova avventura sul grande schermo, i soliti personaggi del mondo di Capatonda: Herbert Ballerina (Luigi Luciano), Rupert Sciamenna (Franco Mari), Ivo Avido (Enrico Venti), Anna Pannocchia (Adelaide Manselli), più diversi cammei di volti noti dello spettacolo, come Andrea Scanzi, Pierluigi Pardo, Raul Cremona e Nino Frassica, nei panni di uno stralunato psicologo.

La presenza di un cast numeroso, di personaggi che si sdoppiano o persino si triplicano, a volte disorienta lo spettatore che viene trascinato in un vortice di eventi che oscillano tra surreale e iperreale, ma tutto sommato anche questo si può perdonare al nostro Maccio, artefice di una comicità tutta nuova, forse in certi casi un po' volgare, ma che tende ad esasperare i toni come strumento di critica impietosa, senza falsi buonismi o finali da "vissero tutti felici e contenti".


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