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Italia/Turchia – Verso un’archeologia 2.0

Creato il 03 maggio 2012 da Istanbulavrupa

Italia/Turchia – Verso un’archeologia 2.0(pubblicato sullla newsletter Develop.med dell’Istituto Paralleli)

La partnership e gli scambi tra Italia e Turchia sono sempre più fitti: tra i governi, ancor più tra le imprese, tra gli studiosi, tra le istituzioni culturali. Merito dell’Istituto italiano di cultura di Istanbul aver inserito, in un calendario non sempre ricco e creativo, un appuntamento annuale dedicato alle missioni archeologiche italiane in Anatolia: di assoluto prestigio, di grande impatto sulle autorità di Ankara. Quest’anno, il 23 e 24 marzo, è stato, infatti, invitato a introdurlo il ministro della Cultura e del Turismo, Ertuğrul Günay che ha avuto parole di elogio agli archeologi e ai ricercatori italiani, ai quali i suoi uffici – e lui in prima persona – sono lieti di riservare una sorta di “discriminazione positiva” nell’accordare facilitazioni amministrative e fondi. Oltre a circa 120 missioni turche, sono attive 50 missioni straniere che eseguono scavi archeologici o restauri: le più numerose quelle tedesche e americane, poi le 15 italiane che, come ha sottolineato il ministro, “operano dappertutto sul territorio, senza distinzioni di periodo storico e di riferimento religioso”.

Günay ha tratteggiato nel suo intervento le nuove e più severe norme che le riguardano. Il ministero richiede ormai – pena la revoca dell’autorizzazione – un impegno a tempo pieno, il finanziamento autonomo, la pubblicazione dei risultati dopo ogni stagione (in futuro anche in lingua turca), la presenza di un referente turco. E’ entusiasta del lavoro svolto dagli italiani, per i quali sono state fatte due eccezioni: i fondi stanziati per la missione di Hierapolis, le operazioni di sminamento approntate per favorire quella di Karkamış al confine con la Siria. In virtù dei suoi compiti istituzionali congiunti e della strategia di diversificazione dei flussi, il ministro ha inoltre sottolineato come alla fase di scavo o restauro debbono seguire programmi di valorizzazione anche turistica, di sensibilizzazione e didattica nei confronti della cittadinanza che troppo spesso in passato sono rimasti passivi, a volte infastiditi spettatori. Anche in questo caso gli italiani si sono dimostrati ampiamente all’altezza, persino all’avanguardia.

La formula del convegno, giunta alla sua terza edizione, è ormai consolidata. I lavori sono stati divisi in tre sessioni – oltre a quella introduttiva – in una giornata e mezza: rispettivamente dedicate, così da coprire le attività di tutte le missioni, alla preistoria, protostoria ed età hittita, all’età classica, alla tardoantichità e periodo bizantino. Ogni relatore ha illustrato, anche graficamente e fotograficamente, l’impostazione generale delle attività della propria équipe, le più recenti scoperte, le iniziative di valorizzazione attuate o auspicate. Quest’anno, la rivista “Arkeoloji ve Sanat” ha dedicato all’incontro di Istanbul un numero speciale che contiene versioni più ampie e articolate – e non meno ricche di documenti – delle relazioni poi presentate. Ognuna meriterebbe di essere sintetizzata, per l’impegno scientifico e la passione che le anima.

Le due più incisive sono però apparse quelle del professor D’Andria su Hierapolis, dove la missione multidisciplinare dell’università del Salento a Lecce ha rinvenuto lo scorso anno – nell’ipotesi degli archeologi – la tomba dell’apostolo Filippo e dove è in fase di realizzazione un parco archeologico-geologico per illustrare i rivolgimenti sismici di un’area famosa – accoglie un milione e mezzo di turisti all’anno, è patrimonio mondiale dell’Unesco – soprattutto per le sue cascate di travertino e per le sue sorgenti termali. La missione del professor Marchetti dell’università di Bologna su Karkamış: dallo scorso anno un team congiunto italo-turco ha ripreso a scavare dopo molti decenni di abbandono a causa di esigenze militari (prese parte alle prime spedizioni, negli anni ’20, anche il celeberrimo Lawrence d’Arabia): il sito di epoca hittita è sull’Eufrate e proprio a cavallo del confine con la Siria, i rinvenimenti della campagna preliminare del 2011 si sono rivelati particolarmente promettenti.

Il professor Marchetti ha anche messo in evidenza gli aspetti positivi della collaborazione con le università di Istanbul e Gaziantep, oltre che con le autorità locali in un’ottica di sviluppo economico: un po’ il tema conduttore di molti altri interventi, il lavoro dell’archeologo o del restauratore come base per la riscoperta delle proprie radici culturali, per il rafforzamento dei legami comunitari, per uno sviluppo ecosostenibile attraverso un turismo attento e rispettoso. Sempre a Hierapolis, ad esempio, il teatro antico opportunamente restaurato (e in parte ricostruito) riprenderà la sua originaria funzione. La professoressa Caneva, sempre dell’università del Salento a Lecce, ha illustrato il progetto di parco archeologico per Mersin-Yumuktepe (una “scala del tempo” che darà pieno accesso alla complessa stratigrafia di 9000 anni) e la professoressa Frangipane della Sapienza di Roma quello di musealizzazione già avviato – con un percorso poco invasivo e pannelli didattici plurilingue – ad Arslantepe-Malatya.

Ma pressoché in tutte le relazioni – in tutte le esperienze delle missioni italiane – le esigenze del turismo moderno, fondato sulla partecipazione civica e la cultura più che sui grandi numeri, sono ben presenti: musei locali, musei virtuali, apertura di siti prima abbandonati, valorizzazione dei depositi, ricostruzioni tridimensionali, diversificazione dei percorsi di visita, veri e propri parchi, buona accoglienza. E una collaborazione proficua per tutti.



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