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IVA al 21%, idee confuse?

Creato il 20 settembre 2011 da Db @dariobonacina

IVA al 21%, idee confuse?

Questo è uno di quei rari post in cui scrivo un’informazione non propriamente tecnologica, ma che molti troveranno comunque utile in seguito all’introduzione della nuova aliquota IVA al 21% in vigore da sabato 17 settembre, novità che anche tra vari colleghi ha generato dubbi e false convinzioni.

Il principio di base è che, a partire da quella data, tutte le prestazioni o cessioni con aliquota ordinaria andranno fatturate con IVA al 21%, ma esistono fattispecie particolari.

  • Fatture di acconto: se un acconto è stato incassato prima del 17 settembre, l’emissione della relativa fattura deve avvenire con aliquota al 20%, mentre la fattura di saldo – se emessa dal 17 settembre in poi – dovrà essere emessa con IVA al 21%.
  • Fatture differite: se la merce è stata consegnata con DDT entro il 16 settembre, la relativa fattura dovrà essere emessa con aliquota al 20%, proprio perché – per il principio seguito dalla norma – è la data di consegna dei beni che fa fede.
  • Note di credito: si applica sempre l’aliquota che era in vigore al momento dell’operazione oggetto di variazione (il 20% per fatture emesse con IVA al 20%).
Le tre fattispecie indicate sopra riguardano le operazioni di cessioni di beni mobili, in cui fa fede la data di consegna del bene. Per le cessioni di beni immobili, a far fede è la data della stipula. Per le prestazioni di servizi, invece, fa fede la data del pagamento o della fatturazione (se avvengono entro il 16 settembre, IVA al 20%, altrimenti IVA al 21%). Se un professionista emette una nota che anticipa una parcella (proforma, preavviso, o altra forma di comunicazione non formale che “non costituisce fattura o altro documento fiscale”), ovviamente fa fede la data della fattura che sarà emessa. Non poche persone trascurano il fatto che l’aliquota del 21%  non viene applicata su tutto ciò che si acquista o si vende. Esistono infatti anche l’aliquota minima del 4%, che si applica ai cosiddetti beni di prima necessità (tra i quali alcuni generi alimentari, stampa quotidiana o periodica, fertilizzanti, mangimi vegetali; case non di lusso ad uso di abitazione principale, costruzioni rurali destinate ad uso abitativo, apparecchi di ortopedia, protesi, poltrone e veicoli simili per invalidi, alimenti e bevande somministrati nelle mense o in distributori automatici, eccetera) e l’aliquota ridotta del 10% (che riguarda ad esempio altri generi alimentari, acqua, legna da ardere, energia elettrioca ad uso domestico, gas metano  per usi civili fino a 480 metri cubi annui, affitto di abitazioni in edilizia convenzionata, eccetera). Inutile dire che, a mio avviso, tutti i servizi di telecomunicazioni (telefonia, accesso ad Internet, eccetera), essendo di prima necessità andrebbero fatturati per legge al 4%. Altre indicazioni utili si possono trovare ad esempio su Leggioggi.it, Fiscoetasse.com ed Ecodeldenaro.it.

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