Due giornate di incontro, alla Stampa Sporting di Torino, tra i giovani della locale scuola tennis, altri ragazzi e ragazze provenienti da diversi circoli del Piemonte, l’ex numero 3 del mondo Ivan Ljubicic ed il suo allenatore storico, nonché coach di altri grandi giocatori, vedi attualmente Richard Gasquet, Riccardo Piatti.
Un “vis a vis” iniziato sabato mattina, alle ore 10, proseguito nel pomeriggio della stessa giornata fino alle 18,30, ripreso domenica mattina 23 settembre e chiuso attorno alle 12,30.
In entrambe le giornate la prima ora è stata dedicata all’aspetto educativo e motivazionale dei ragazzi, con i due personaggi impegnati a spiegare i passi da percorrere per imparare a giocare a tennis, migliorarsi e provare a dare il meglio si se stessi, in campo e fuori. Suggestioni e pensieri, dei giovani soprattutto e dei molti genitori presenti, esaltati dalla proiezione di due video, uno dell’uomo più veloce al mondo, il giamaicano Usain Bolt, l’altro di Julio Velasco, coach che ha cambiato la pallavolo in Italia. Prima, durante e dopo, altri video di Ivan Ljubicic sui campi di gara di tutto il mondo e in training. Durissimi gli allenamenti di Bolt, durissimi quelli di Ljubicic, tesi a spiegare che si arriva ad essere dei numeri 1 solo in virtù di applicazione, impegno, sudore e fatica in condizioni a volte estreme: <<E’ la ricerca dell’eccellenza che fa la differenza – ha sottolineato Piatti – e ogni vostro maestro deve indurvi a farlo, su ogni colpo>>. <<Ogni colpo che ho tirato nella mia carriera di professionista – gli ha fatto eco Ivan Ljubicic, 33enne croato ritiratosi nello scorso maggio a Montecarlo – era, in quel momento, il più importante della mia vita>>. Una vita, la sua, esaltante e al contempo difficile, caratterizzata da scelte, spesso obbligate, di grande spessore. La prima, causata dall’allora guerra nei Balcani, lo condusse, appena 13enne alle Pleiadi di Moncalieri, con altri 6 promesse provenienti da quei Paesi disastrati dai drammi bellici: <<Quando arrivai – ha ricordato Ivan – non conoscevo una parola di italiano. Non fu facile, soprattutto nei primi mesi, lontano da casa e dai genitori. Strinsi i denti e piano piano trovai una mia dimensione. Preferivo stare al circolo quasi 24 ore su 24. Volevo migliorare, diventare un giocatore, sapevo che quella sarebbe stata l’unica mia ancora di salvezza. A 13-14 anni ero NC, poi mi classificai, 4 anni dopo iniziai a giocare i tornei del circuito mondiale>>. Per quasi 17 anni, sempre al suo fianco, Riccardo Piatti: <<Ivan ha sempre recepito dimostrando di aver una gran voglia di apprendere e forte personalità, nonché grande intelligenza>>.
Nel 2003 la svolta più importante nella carriera del giocatore: <<Riuscii a battere Roger Federer a Basilea. Mi resi e ci rendemmo conto con Riccardo che il mio diritto era però molto distante da quello dello svizzero. Così decisi di cambiarlo, modificando l’impugnatura. Mesi e mesi a tirar palle che mi arrivavano dal cesto, all’età di 24 anni. Nella stessa stagione, quella del 2004, la svolta anche sotto il profilo della preparazione atletica. Un soggetto al mio fianco per curare tale aspetto 200 giorni l’anno>>. <<Ivan ha sempre investito molto sulla propria carriera. Non ha mai lasciato nulla al caso – spiega Riccardo Piatti – facendo di tutto per trovare i giusti equilibri. Non si può e non si deve insegnare agli allievi la perfezione. Saremmo e faremmo dei perdenti. La perfezione non esiste, neppure in Federer. Occorre invece migliorare i punti deboli e lavorare molto su quelli forti, nel caso di Ivan il servizio ed il rovescio>>. Tra il 2005 e il 2006 la svolta e il raggiungimento della 3.a posizione nel ranking mondiale. Quali i momenti più belli?: <<Tra questi ricordo le due vittorie, in altrettante stagioni consecutive, nell’Atp di Vienna, indoor. Due successi raggiunti senza perdere nemmeno un set e mai il servizio, in nessun incontro. Alcune di quelle partite posso definirle quasi ideali, come quella con Haas>>.
Mentalità, parola fondamentale nel tennis di ieri e di oggi. Da formare e usare come arma in più. Un esempio, la vittoria a Indian Wells in finale contro Roddick: <<Sapevo che avrei dovuto tenere il mio servizio e non pensare all’impossibilità di rispondere al suo. Così feci, non abbattendomi nei game di risposta. Arrivai così ai due tie-break più tranquillo e meno frustrato di lui. Li vinsi entrambi e con essi il torneo>>.
Ora Ljubicic vive a Montecarlo con la famiglia e da quando ha appeso la racchetta al classico chiodo non si è più allenato. Si è però preparato per la sua seconda vita: <<Non ho rimpianti. Ho smesso perché non riuscivo più a fare le cose che volevo, anche a causa di problemi fisici assortiti. Già da alcuni anni mi ero preparato al momento, supportato da uno specialista. Non sempre l’ex campione riesce a reinserirsi, anzi è spesso vero il contrario. Termini la carriera e torni ad essere uno dei tanti. Può rivelarsi traumatico se non ti sei preparato. Oggi sono tranquillo, ho iniziato un rapporto di collaborazione con Sky, durante l’ultimo Wimbledon e mi è piaciuta molto come esperienza. Potrebbe a breve continuare. Mi piace insegnare ai ragazzi e giornate come queste vissute allo Sporting sono appaganti>>.
Parliamo del rapporto con i tuoi colleghi. Avevi tanti o pochi amici?: <<Nel tempo ho stretto una bellissima amicizia con Roger Federer, così con Novak Djokovic. Sono due persone pensanti e fanno tutto, anche se in modo diverso, per dare il meglio del proprio potenziale, in campo e al di fuori>>. E Nadal?: <<E’ più automatico nei gesti e nei modi, sia in campo che fuori. Non ho mai avuto con lui lo stesso feeling>>.
Chiudiamo con la Coppa Davis. Tu l’hai vinta nel 2005. Nel prossimo febbraio ci sarà Italia – Croazia, cosa pensi in prospettiva?: <<Incontro aperto se si giocherà sulla terra. Per quanto riguarda la competizione la formula sarebbe da rivedere, almeno per quanto concerne il pensiero di noi giocatori. Si potrebbe pensare di spostarla verso fine stagione, magari in novembre e dicembre accorpando in alcune settimane più incontri. Nell’attuale versione è “sopportata” dai giocatori. Diventa bella solo se la vinci, un po’ come la Coppa Italia di calcio>>.
Nelle due giornate alla Stampa Sporting in primo piano, dopo l’ora di colloquio con i ragazzi conclusa con alcuni interventi dei più giovani, vedi quello del torinese Srefano Reitano che ha parlato dei suoi problemi con il diritto, anche il sistema della videonalisi, curato da Danilo Pizzorno, autentico specialista del settore. Riprese ai giovani raffrontate e commentate accanto a quelle dei grandi campioni, per capire come migliorarsi, cosa correggere, come imitare i big. Sempre a ragion veduta e pensando che ogni minuto speso in campo, se fatto nel modo giusto, contribuisce a farci diventare giocatori e persone migliori. Anche in questo caso lo sport ed il tennis sono splendide metafore della vita.
di Roberto Bertellino
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