Che fine hanno fatto gli operai della Jabil ex nokia Siemens di Cassina de Pecchi, poco fuori Milano? Quelli di cui abbiamo scritto tanto, quelli che pochi mesi fa erano stati assediati dalle forze dell’ordine perché i proprietari volevano riprendersi i macchinari? Sono ancora li, in presidio, e ormai sono 613 giorni: tutto è iniziato il 16 luglio 2011. E nonostante abbiano superato due tentativi di sgombero i macchinari non sono riusciti a tenerli e tornano all’azienda, mentre è stato confermato l’inizio di un corso di aggiornamento finanziato dalla Regione Lombardia ed organizzato dall’Agenzia Est Milano per il lavoro, che vedrà la partecipazione di 20 lavoratori ex Jabil (su 322) e che si svolgerà all’interno della fabbrica.
Nonostante questa piccola conquista il copione sembra destinato a ripetersi: lo stabilimento gemello Nokia Siemens ha annunciato 500 esuberi, ora in cassa integrazione, e per questo gli operai Jabil (da dicembre 2011 in mobilità) l’otto marzo hanno occupato anche quello stabilimento, per solidarietà. “Abbiamo occupato gli uffici della direzione dello stabilimento gemello Nokia Siemens (stesso edificio Jabil) coordinati dal presidio degli operai della Jabil” racconta un lavoratore, “E in cinquanta circa siamo entrati nell’area della sede, siamo saliti al secondo piano dove si trova la direzione, e da lì non ci siamo mossi per sei ore”. Le attività in sede sono rimaste bloccate per tutto il giorno. Gli impiegati, appena rientrati dalla cassa integrazione, sono arrivati da tutti gli uffici per unirsi all’azione degli operai: “L’obiettivo era ottenere dalla Nokia Siemens (proprietaria del sito) l’impegno di assumere un ruolo centrale nelle trattative per l’avvio delle attività produttive in fabbrica”.
Ma il progetto di Nokia è sempre quello: licenziare 500 persone, che faranno la stessa fine dei colleghi Jabil: “Spetta a chi ha licenziato risolvere il problema: la fabbrica deve riaprire, gli operai devono lavorare come prima”. Nell’occupazione dell’otto marzo, dopo 40 minuti di conferenza telefonica con l’amministratore delegato, l’azienda ha risposto alla richiesta degli operai, anche se con un impegno solo verbale. La settimana prossima riprenderanno le trattative condotte dal Ministero dello Sviluppo Economico, che già in passato era stato costretto ad assumersi una responsabilità nel trovare una soluzione (acquirente, stabilimento e macchinari, mercato) per riaprire la fabbrica di Cassina. Dicono i lavoratori: “Ricordo che il Comune di Cassina de’ Pecchi già in autunno aveva confermato la destinazione industriale di tutta l’area”.
“Oltre l’impegno verbale dell’azienda è stato significativo il protagonismo degli operai. Non dimentichiamo che in 19 mesi fuori dalla fabbrica sono riusciti a rimanere uniti, il presidio è vivo e hanno sotto controllo la loro fabbrica. Dico “la loro fabbrica” perché la considerano loro, sono loro che lavorano lì da più di 20 anni e solamente loro sono in grado di utilizzare i macchinari all’interno per produrre risultati di eccellenza. Stamattina abbiamo dimostrato che al comando di questa fabbrica dovrebbe starci gli operai, e che questo è possibile”.
“Vorrei aggiungere alla fine che la lotta delle operaie (la gran maggioranza) e degli operai dell Jabil non è solamente una lotta per il loro posto di lavoro. È una lotta che rivolta contro il declino industriale in cui la classe dirigente di questo paese ha portato e sta portando l’Italia, ed è un esempio che può fornire insegnamenti molto significativi per tutti noi che siamo in lotta per un nuovo mondo”.
di Michele Azzu | @micheleazzu