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Japan by rail /3 – tutte le facce di Tokio

Da Betuli

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Di Tokio si potrebbe parlare per ore. E’ una città che lascia perplessi (se esiste un modo positivo di essere perplessi), perché raccoglie dentro di sé un’infinità di modi di essere, tutti diversissimi tra loro ma totalmente in sintonia. Immaginavo Tokio come nient’altro he una megalopoli di vetro e cemento, senza cuore né anima. Mi sbagliavo in pieno, Tokio è molto di più, è un luogo di  modernità estrema, tradizione secolare, follia allo stato puro, stravaganze impensabili – è una città dove in qualche modo ci si riesce perfino a sentire a casa.

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Senso-ji, Meiji-Jingu e uno scatenato Matsuri
I templi più visitati della capitale sono imponenti, grandi e sfarzosi. Sono il tempio buddhista di Senso-Ji e il santuario Shintoista di Miji-Jingu. Il primo circondato dalla vita frenetica di mercatini di souvenir nel bel mezzo del quartiere di Asakusa, un agglomerato sgimbescio di case che sembrano schiacciarsi l’una accanto all’altra, regala sicuramente il meglio di sé a chi riesce a goderne la vista alla sera, quando è buio e il complesso è illuminato da un gioco di luci perfette, studiato appositamente per mettere in risalto ogni ricamo, ogni curvatura del legno, ogni spigolo dei tetti arrotondati.  Il secondo è immerso in un grande bosco dove il suono dei grilli che cantano è quasi assordante, ci si arriva camminando lungo un grande viale all’ombra di piante altissime. Qui ci imbattiamo in un matrimonio shintoista, con gli sposi vestiti in bellissimi abiti tradizionali,  il corteo nuziale guidato dai monaci che recitano preghiere ai kami. Ed è di nuovo qui che assaporiamo l’anima folle e scatenata dei giapponesi quando partecipano ad un Matsuri – feste popolari dedicate agli spiriti sacri: un susseguirsi instancabile di balli festosi, abiti tradizionali dai colori sgargianti, canti sorrisi e una gioia che non sembra vera, almeno non in un popolo che all’apparenza sembra all’opposto pacato e a tratti noioso. Che di certo è tutta facciata – l’animo vero è quello che non vede l’ora di divertirsi alla follia.

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Odaiba, Shibuya e la modernità del futuro
A Tokio ci sono edifici dall’aspetto futuristico, grattaceli altissimi, grandi costruzioni di vetro che risplendono al sole. Sono soprattutto a Odaiba, un’isola artificiale a cui si accede con una monorotaia che percorre veloce una grande ponte sulla baia. E’ un luogo di divertimenti, di shopping e di stravaganze – c’è perfino un Gundam a grandezza naturale (parliamo di un energumeno d’acciaio alto 18 metri). Oppure si trovano a Omote-sando, il viale dello shopping di lusso dove le grandi firme della moda hanno assoldato i migliori architetti e i designer più famosi per fare dei loro atelier vere e proprie opere d’arte urbana.
E poi c’è la frenesia ordinata e silenziosa delle persone in movimento, ogni momento senza sosta. Abbiamo ammirato questa frenesia dall’alto, gurdando giù su Shibuya, l’incrocio più trafficato al mondo dove ogni minuto migliaia di persone attraversano la strada senza urtarsi, in una danza perfetta in cui tutti si schivano e vanno per la loro strada in maniera efficientissima.

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Il Mercato del pesce di Tsukiji
Più di 2000 tonnellate di pesce passano ogni giorno dal mercato ittico più grande del mondo. All’esterno del mercato carrelli, muletti e biciclette frecciano in tutte le direzioni come se stessero ballando una coreografia, all’interno i banchi del pesce si susseguono lungo stretti corridoi da percorrere facendo attenzione a non urtare le casse di polistirolo contenenti qualsiasi pesci di ogni specie. Qui la vita inizia prestissimo, con l’asta del tonno rosso all’alba, e poi fino al mattino inoltrato il pesce viene venduto fresco, oppure preparato per essere congelato e spedito chissà dove.

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Il Sumo ad Arashio-beya
Ogni mattina dalle 6 alle 9, un gruppo di giovanissimi lottatori di sumo si allena nella piccola palestra di Arashio-beya, una stanza con le pareti di legno e per terra il cerchio di sabbia dove avvengono i combattimenti. Dalla strada una grande vetrata regala ai passanti la possibilità di assistere discretamente agli allenamenti, vedere come gli atleti si scontrano con una forza incredibilmente disciplinata tanto quanto può sembrare violenta.


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