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Je suis Charlie, anzi, no

Da Pamelaferrara @PamelaFerrara

Je suis Charlie, anzi, no

Je suis Charlie, anzi, no
Lo scorso 7 gennaio due terroristi armati hanno fatto irruzione nella sede parigina del settimanale satirico Charlie Hebdo, uccidendo 12 persone.
Hanno imbracciato dei kalashnikov per difendersi dalle matite, dimostrando quanto, in un mondo che ama dichiararsi "libero", sia ancora tanto temuta l'arma della libertà di espressione.

Improvvisamente tutti ci siamo sentiti Charlie, e abbiamo manifestato al grido di "Je suis Charlie", contro chi si erge a giudice delle opinioni altrui, stabilendo che il suo pensiero è giusto e tutto il resto sbagliato.
E ci illudiamo davvero, di essere tutti come Charlie, almeno fino a quando qualche voce inizia a staccarsi dal coro, come Marco Travaglio, che puntualizza quanto noi italiani, che in questi giorni siamo bravi a ripempirci la bocca di "no" alla censura, in realtà fin dagli anni '50 non ci siamo limitati a censurare la satira ma l'abbiamo abolita del tutto ( video).

Forse una nuova consapevolezza comincia a farsi spazio nelle nostre menti, mentre siamo ancora qui che twittiamo #JeSuisCharlie, facendoci selfie con la matita in mano: non è che per caso siamo un tantino ipocriti?

A comunicarcelo, nero su bianco, è Fabrizio Casalino, comico e cantautore di Colorado Cafè, che abbandona ogni falso perbenismo e ci va giù pesante, picchiando duro come solo un umorista sa fare:

" Non siete Charlie. E neanche io. Charlie ha espresso idee profondamente libere, e offensive per altre religioni. Io no. Voi no. Voi siete quelli che si dichiarano laici e poi vanno a sposarsi in chiesa, perché mamma ci tiene. Voi siete quelli che non vanno a messa ma il figlio lo fanno battezzare, perché si fa così. E poi lo mandate a catechismo. O peggio, a messa ci andate. Non siete Charlie. Né io né voi abbiamo la libertà di Charlie, o il suo coraggio. Noi viviamo in un paese in cui la libertà di espressione di Charlie non esiste. E se la pensate diversamente, se credete che in Italia esista la libertà di espressione, andate a vedervi le classifiche sulla libertà di stampa [...]
Io non sono Charlie. Perché il mio diritto di satira non l'ho mai esercitato in faccia a pericolosi integralisti. E come me, nessuno dei miei colleghi. Perché se fai la battuta sbagliata ci puoi anche lasciare la pelle. E noi alla pelle ci teniamo. Abbiamo il mutuo. Non dite che siete Charlie, colleghi. Che da noi ci sono i dieci comandamenti di Benigni. Non i dieci comandamenti di George Carlin [...]
Da queste parti, uno come Charlie ce lo sogniamo. Anche per questo siamo pronti a indossare il dolore altrui, sentirci paladini di una libertà che non abbiamo perché semplicemente non ce la siamo guadagnata. A noi è sempre andata bene così, siamo gente che prende volentieri le scorciatoie. Odiamo facile, sbandieriamo facile. Poi manifestiamo, cambiando foto del profilo. Perché dico queste cose impopolari? Che non mi porteranno alcun giovamento? Perché in mezzo a tutto questo coro di sdegno, e improvviso falso coraggio, credo sia doveroso per rispetto verso Charlie, che qualcuno vi dica chiaramente: -col cazzo che voi siete Charlie ".

E concludo con una considerazione ancora più impopolare.
Domani Charlie Hebdo uscirà in 3 milioni di copie: in copertina una vignetta su Maometto. In Italia sarà allegato a Il Fatto Quotidiano.
A mio parere è pura follia.
Perché se il diritto alla satira è sacro, sono ancora più sacre le vite umane che verranno spezzate durante il prossimo attentato.
E non sto parlando di persone che hanno consapevolmente deciso di schierarsi a favore della causa, ma di ignari passanti, cittadini francesi o italiani che non faranno ritorno alle loro famiglie, vittime innocenti di una guerra che altri hanno deciso di combattere anche per loro.


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