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Il regista statunitense Walter Hill, non ha mai nascosto il suo debole per quegli eroi navigati tra le strade più sporche e ostili della società. Per quel tipo di uomo che non vede differenza tra la vita e la sopravvivenza. Sfogliando il curriculum di Hill rivediamo titoli come Getaway! Da egli sceneggiato per uno dei suoi idoli cinematografici Sam Peckinpah nel 1972. L’esordio con L’eroe della strada è già abbastanza rivelatorio dello stile e delle tematiche più consone allo stile del regista. Anche se l’eco più duratura per quanto riguarda i successi di Hill proviene da pellicole come Driver, l’imprendibile oppure I guerrieri della notte, dove una New York più desolata e desolante che mai, fa da sfondo a una storia di accuse ingiuste e gangs di strada.Dopo l’action-drama Undisputed (2002), che vede Wesley Snipes nei panni di un detenuto campione di pugliato, Hill torna dietro la macchina da presa, affidando alla vena corpulenta di Sylvester Stallone, il suo Jimmy Bobo in Bullet to the Head. Bobo è un killer alla vecchia maniera, determinato nel compiere il suo lavoro ma rigoroso nel rispettare i principi che governano i sistemi più spietati. L’uccisione del suo compagno d’affari lo porterà ad allearsi con un giovane poliziotto, Taylor Known/Sung Kang. Per entrambi contava risalire al mandante di questo omicidio, solamente che nessuno dei due aveva messo in preventivo le abissali differenze nelle loro filosofie lavorative ed esistenziali. Bobo è quanto di più grezzo e pragmatico si possa incontrare al mondo, ama le cose semplici e agisce senza stare a pianificare tutto. Taylor è invece il ragazzo preciso e al passo con la tecnologia, dai modi razionali e fin troppo “etici”.Le perplessità iniziali, almeno nel mio caso, cedono poi il posto al divertimento e allo spettacolare scambio di battute pungenti e all’ ironia che, finalmente, torna a caricare film di questo genere. A maggior ragione, per lo spettatore diventa essenziale, poter godere di questa invadente ironia che diverte ma non disturba, anzi, appaga gli occhi di chi guarda. La violenza e la più sottile sensibilità celata nei muscoli di Jimmy Bobo e la sua autoironia, nell’esibire un fisico ormai giunto all’arrivo, danno la possibilità al regista di confezionare un film a tutti gli effetti “cazzuto” e intelligente. Perché quando ai muscoli e alle botte viene affiancata la giusta dose di ironia, diventa divertissement allo stato puro. Questa recensione è stata pubblicata anche su themovieshelter.
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