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A metà tra il diario personale e l'esercizio mnemotico, il libro di Joe Brainard è un sincero e intimo excursus che va dalla vita inconfessabile di un artista, alla storia dell'America degli anni '40, '50 e '60.Scritto tra il 1969 e il 1973, Mi ricordo rievoca non solo i pensieri individuali e propri dello scrittore, bensì quelli di un'intera generazione, fatta di pittori, icone della musica pop e del cinema di quegli anni.
Senza rispettare un'asse temporale o spaziale, lo scrittore ci porta nelle viscere di quei pensieri grezzi, attraverso i quali si toccano più mete geografiche, passando per New York, Boston e Tulsa.Ma alla fine si torna sempre lì, nel cuore di quei pensieri un po' goffi ma come pochi altri in grado di immortalare i dettagli di una vita. La famiglia, il cinema e la tv, il cibo e gli oggetti più in voga e oggi in disuso.
"Mi ricordo l'unica volta che vidi mia madre piangere. Stavo mangiando crostata di albicocche".
"Mi ricordo discussioni infinite con Pat e Ron Padgett e Ted Berrigan, dopo aver visto La dolce vita, su che cosa poteva significare tutto quel simbolismo".
Le confessioni sulla propria omosessualità ("Mi ricordo che mi odiavo perché non rimorchiavo i ragazzi che probabilmente avrei potuto rimorchiare per paura di essere rifiutato" - "Mi ricordo le prime esperienze sessuali e le gambe molli. Sono certo che il sesso ora sia molto meglio, ma mi mancano parecchio le gambe molli"), i sogni ad occhi aperti svelati e le espressioni d'uso comune ("Perché sì, punto").Nonostante Brainard fosse un artista versatile, esploso giovanissimo (aveva iniziato ad esporre le sue opere quando ancora era alle elementari e iniziò a scrivere questo libro all'età di ventisette anni), passò gli ultimi quindici anni della sua vita lontano dalla produzione artistica. Brainard morì di AIDS nel 1994, aveva cinquantadue anni.
Chi si avvicina solo oggi a Brainard, come me, ha la sensazione di ammirare un collage indefinito, frammentario eppure così ricco di poesia, di malinconia e bellezza. Si guarda la vita di un uomo, come se questi avesse in qualche modo predetto il proprio destino.
"Saprò sempre, eppure non saprò mai davvero. Farò quadri meravigliosi, ma non farò mai ciò che voglio. Imparerò a comprendere e accettare la vita, ma non saprò mai perché. Amerò e farò l'amore, ma saprò che potrebbe essere meglio. Sarò intelligente, ma saprò sempre che ci sono un'infinità di altre cose da imparare. Sono condannato, ma non posso cambiare".
Dalla prefazione di Paul Auster, Joe Brainard - Self-Portrait on Christmas Night.
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