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Genere: Drammatico
Regia: David Gordon Green
Cast: Nicolas Cage, Tye Sheridan, Ronnie Gene Blevins, Heather Kafka, Gary Poulter
2013
117 min

Secondo adattamento del regista dopo il malinconico Snow Angels del 2007; scritto da Gary Hawkins, Joe è tratto dal romanzo di Larry Brown, il pompiere del Mississippi conosciuto per le sue storie potenti e gotiche. Cage interpreta Joe, un tatuato quarantenne ex detenuto che gestisce uno strano business dove la sua squadra di operai di colore avvelena gli alberi nei boschi texani facilitandone la morte per poi piantarne altri più forti. Quando il quindicenne Gary Jones (Tye Sheridan) arriva in cerca di lavoro, Joe lo prende sotto la sua ala protettiva. Ma quando il padre ubriacone e violento di Gary, Wade (il non professionista Gary Poulter), inizia ad invadere il territorio di suo figlio, Joe è sempre più costretto a decidere tra una sensibile auto-protezione e un paternalismo coraggioso.

Dopo aver visto Joe si ha la sensazione di essere stati spinti in un mondo quasi dimenticato, primitivo, da qualche parte fuori dal tempo. Anche grazie al direttore della fotografia Tim Orr, si registra come contemporaneamente ci sia un ordinario e mitico, selvaggio, trasandato paesaggio che evoca il tragico peso della storia americana. Questi disperati poveri rurali ignoranti sono così tagliati fuori dalla civiltà moderna che per loro quasi non esiste un mondo esterno. Sono però gente ordinaria, attorniati da un’aura di mito.
In una scena che mostra il volto bestiale dell’umanità, Joe porta il suo amato cane in un cencioso bordello e lo lascia combattere con un altro cane furioso, mentre lui si gode una sveltina con una prostituta. I cani sono ovunque, abbaiano, ringhiano, scattane e tendono i loro guinzagli ogni volta che un estraneo si avvicina ad una casa. Ma chi sono più selvaggi, i cani o i loro padroni? Per tutto il film la metafora del cane-mangia-cane ci viene mostrata fino alla morte. In questa società le donne si restringono in secondo piano e gli uomini sembrano sussistere sulle sigarette e gli alcolici a buon mercato, schiavi della bottiglia che usano per alimentare una rabbia che li fa sentire vivi e tutto ciò che possono fare è ammazzarsi l’un l’altro.

Il padre di Gary, Wade è un parassita ubriacone e violento con una moglie e una figlia troppo traumatizzata per parlare. Ma è anche una superba personificazione della pena nel film, film che srotola la questione delle lotte quotidiane della classe operaia, un mondo apparentemente catturato nel limbo tra etica del lavoro e cupa rassegnazione. “Questa non è un’altra frontiera” sospira un personaggio, incarnando la triste atmosfera quasi post-apocalittica della narrazione, in quanto raffigura un mondo fragile che Gary spera disperatamente di fuggire e che Joe ha imparato ad accettare.
Con uno stato d’animo strettamente artigianale la storia stessa non riesce a tenere sempre il passo. La serie di crimini messi in scena non hanno la stessa credibilità delle persone coinvolte in essi, e il film inciampa attraverso una parte centrale torbida che ripete le azioni dei suoi protagonisti finendo quasi per rovinare la buona prova di Nicolas Cage che a quanto pare quando è in preda ai vizi come in Via da Las Vegas sembra essere a suo agio. Perfetto invece Tye Sheridan che dopo The three of life e Mud si candida ad essere il nuovo River Phoenix. Ma la nota sbalorditiva la confeziona proprio Gary Poulter nel ruolo dell’antagonista, una vera sorpresa per uno al primo film che purtroppo sarà anche l’ultimo visto che ”l’attore” morì subito dopo il completamento delle riprese.

Joe rimane dunque un ritratto della disperazione umana e in modo efficiente culmina in una distribuzione di suspense e di immagini che esaltano l’intera gamma dei punti di forza del team creativo coinvolto: da Green al direttore della fotografia Tim Orr fino al compositore David Wingo, tutti insieme realizzano un film dalla densa e sporca atmosfera, donandogli poetica e sentimenti in uno spaccato brutale del meridione americano.
★★★