Prima delle imbarazzanti commedie giovanilistiche di Moccia e Muccino, dopo i tanto bistrattati musicarelli. Si colloca così l’esordio di Neri Parenti alla regia, che dimostra da subito una sensibilità anomala per la commedia: uno stile caratterizzato da ritmo, senso estetico e soprattutto da una cura della messa in scena innegabilmente innovativa per il periodo.
“Tre ragazze – Gloria, Sonia, Deborah – e tre ragazzi sono soliti recarsi al John’s Fever insieme a Gianni, il cuoco dell’albergo in cui tutti lavorano con compiti diversi. Gianni, timido e provinciale, è innamorato di Ilona, la disc-jockey del locale, ma per nulla al mondo riuscirebbe ad alzare lo sguardo su di lei. L’arrivo all’albergo di John Travolta offre un’idea al sestetto che, notata la somiglianza di Gianni con il ballerino americano, decide di presentarlo al John’s Fever in sua vece”
La figura di Travolta è, come per i protagonisti del film, un pretesto narrativo per dimostrare le forti capacità del giovane (al tempo) regista toscano. Parenti ha già perfettamente chiaro cosa e come vuole girare: un occhio nostalgico che rimanda alla commedia brillante americana ed uno attento alle esigenze comiche del pubblico Italiano; scelta oculata che lo incoronerà negli anni sovrano indiscusso del botteghino. Un ruolo che in sostanza sminuirebbe qualsiasi regista, ma non lui.
John Travolto… contiene già, forse scolasticamente, i tratti riconoscibili di un’idea-cinema specifica e definita, indirizzata ad instillare un briciolo di autorialità alla nuova commedia all’italiana, ormai lontana anni luce dai fasti di maestri come Risi o Monicelli. Se quel cinema è scomparso, meglio quindi generarne una forma che non sia filiazione diretta ma frutto di quello che il Paese stava diventando: paratelevisivo, furbo e drammaticamente superficiale (non è casuale che proprio Parenti subentrerà a Salce nella saga filmica del ragionier Ugo Fantozzi). Degne di note nel cast artistico le presenze delle amazzoni Sonia Viviani (Deborah) ed Ilona Staller, castigata e giovanissima.
Da recuperare e riabilitare, nonostante le musiche che plagiano malamente Staying Alive dei Bee Gees, dirette dal maestro Gianni Mazza.
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