Trama: John Wick è un superkiller ritiratosi per amore della moglie. Quando la donna muore per una malattia il poveraccio si vede recapitare il suo ultimo regalo, un cagnolino, accompagnato da un biglietto in cui gli viene chiesto di non dimenticare come si ama. John si profonde in cure per l'animaletto ma il figlio di un boss un giorno decide di rubargli la macchina e ammazzargli il cane, scatenando così il killer sopito...
Scendi il cane che lo sparo. Così potrebbe venir sintetizzato John Wick, adrenalinico sparatutto/picchiaduro dove un Keanu Reeves praticamente invincibile ed inarrestabile fa fuori mezzo sottobosco criminale per vendicare un cagnolino, "l'unico essere ad avergli dato la speranza che non avrebbe più vissuto in solitudine. E invece voi me l'avete ammazzato" (cit. a braccio). Il film di Stahelski e Leitch (due stuntman, non a caso) è un sereno, invidiabile ritorno all'ignorantissimo ed esagerato action anni '80 dove non importano tanto le motivazioni che spingono i protagonisti all'azione, quanto piuttosto il body count e i modi più o meno fantasiosi con cui vengono puniti i malvagi, possibilmente stranieri e cattivissimi. John Wick combatte, solitario o quasi, uno stuolo di anonimi sgherri russi per arrivare al figlio del boss Viggo (il non carpatico, ahimé), strisciando silenzioso e sanguinolento nel sottobosco criminale di una New York da videogioco dove, diciamolo, sono molto più interessanti i luoghi nascosti, i riti segreti degli assassini e le loro facce che la storia del protagonista in sé; John è conosciuto da tutti, paga in sesterzi d'oro per avere servizi di lavanderia o medicali a cinque stelle, entra in alberghi dove vigono terribili regole non scritte e viene seguito da angeli dall'aspetto demoniaco e dalla mira infallibile che meriterebbero molto più del poco tempo che viene loro concesso. L'uomo nero, o Baba Yaga se preferite, non batte ciglio e non spreca nemmeno una battutina ironica ma continua, implacabile, il suo regolarissimo cammino di vendetta, scrollandosi di dosso pallottole e tentativi di omicidio come farebbe un'anatra con l'acqua, lasciando lo spettatore preda dell'applauso compulsivo, ad omaggiare cotanto sanguinoso aplomb (e anche a chiedersi perché mai il buon Viggo a inizio film venga rappresentato un criminale ragionevole mentre alla fine diventa una povera macchietta. Ma non stiamo a sottilizzare.)
Keanu Reeves a cinquant'anni è ancora un figo, c'è poco da fare, e ha trovato la sua dimensione, quella di silenziosa macchina per uccidere che, a differenza dei massicci e ormai artritici Stallone e Schwarzenegger (con tutto il rispetto e l'amore di questo mondo, eh. Vi voglio bene come a due nonni!) può ancora permettersi il lusso di profondersi in fulminee mosse di judo per accompagnare le inevitabili sparatorie ed esplosioni. Il cast di supporto è altrettanto valido, soprattutto i caratteristi che, come accennavo sopra, sono quasi più interessanti del personaggio titolare: Willem Dafoe è ambiguo come giustamente gli si confà e Ian McShane è un elegantissimo e luciferino gentiluomo, entrambi si muovono come se fossero nati per quei ruoli. Nyqvist per un po' sta al gioco e apporta anche una certa dignità al banale personaggio di boss russo in cui è costretto ma poi sbraga e gigioneggia in quel modo esagerato che può venir concesso solo a Christoph Waltz quando è in buona, mentre Leguizamo, poverino, ormai non si può nemmeno più definire comparsa di lusso, visto che compare e scompare quasi senza che lo spettatore se ne accorga. A completare l'operazione tamarreide (nobilitata, va detto, da ironici tocchi di classe quasi britannica che vengono racchiusi quasi interamente all'interno dell'Hotel Continental) ci pensa una colonna sonora "cattivissima" in cui spicca il redivivo Reverendo Manson e che esplode nelle cafonissime sequenze ambientate "in da club", dove i reparti luci, stuntman, armi e montaggio danno decisamente il bianco, annichilendo lo spettatore e lasciandolo basito sulla poltrona, felice come un bambino che fa saltare in aria dei soldatini. Quindi, che diamine aspettate ad andare a vedere questo goduriosissimo John Wick? Che tornino gli anni '80 a tirarvi dei coppini sulla nuca?
Di Keanu Reeves (John Wick), Michael Nyqvist (Viggo Tarasov), Willem Dafoe (Marcus), John Leguizamo (Aureilo) e Ian McShane (Winston) ho già parlato ai rispettivi link.
Chad Stahelski (vero nome Charles F. Stahelski) è il regista della pellicola (aiutato da un David Leitch non accreditato per motivi sindacali e riportato come produttore). Americano, soprattutto stuntman, assistente alla regia, attore e produttore, ha 47 anni ed è al suo primo e finora unico film.
Stessa espressione mia alla fine di John Wick! :D
Alfie Allen, che interpreta Iosef Tarasov, ha partecipato coi capelli castani alla serie Il trono di spade nei panni di Theon Greyjoy mentre Lance Reddick, ovvero il receptionist dell'hotel, è stato un favoloso Papa Legba nella terza serie di American Horror Story. Non accreditato, da qualche parte, dovrebbe esserci anche quel figone di Jason Isaacs, riportato su parecchi siti come "David" ma a me non è parso di averlo visto quindi temo che il suo personaggio sia stato in qualche modo tagliato in fase di montaggio. Detto questo, se John Wick vi fosse piaciuto recuperate Payback - La rivincita di Porter, The Equalizer e, salendo di qualità allontanandoci dalla tamarreide, Kill Bill, Oldboy e I Saw the Devil. ENJOY!