Juan Jesus, era di sicuro uno dei pochi fidi di Walter Mazzarri, il difensore brasiliano sotto la gestione dell’ex tecnico nerazzurro e’ cresciuto tanto ed e’diventato un punto di forza della difesa interista, oggi Juan Jesua ha parlato a La Republica facendo soprattutto un mea culpa generale per l’esonero di Mazzarri e si mette a completa disposizione di Roberto Mancini per il proseguio della stagione:
Juan Jesus, lei è all’Inter da meno di tre anni e Mancini è già il suo quarto allenatore: disorientato?
“Ma no, è il calcio. Anzi in Europa siete più pazienti di noi brasiliani: all’Inter di Porto Alegre ho avuto tre allenatori in due anni, altri club ne cambiano tre all’anno ed è normale. Si fa prima a esonerare l’allenatore che tutta la squadra, no?”.
Non fa una piega. Le è dispiaciuto per Mazzarri?
“Moltissimo, anche perché mi faceva sempre giocare… Non è stata tutta colpa sua, ma di tutti: di noi giocatori e del club. È crollato tutto dall’1-4 col Cagliari, ma quel giorno Mazzarri non c’entrava: sbagliammo noi in campo, ci fu un atteggiamento sbagliato. Commettemmo errori inconcepibili per la serie A. Conoscevamo Ibarbo, ma l’abbiamo fatto diventare Cristiano Ronaldo… Non abbiamo fatto bene il nostro lavoro”.
Poi Mazzarri è finito nel tritacarne dei tifosi…
“Anche troppo. Si era creato un clima assurdo. In alcune partite, come quella contro il St Etienne, sembrava stessimo in trasferta. E il bello è che da dentro il campo, a San Siro, ti accorgi di tutto, e per noi giocatori era chiaro come i fischi a Mazzarri partissero ogni volta dallo stesso punto: primo anello rosso, insomma la tribuna centrale, proprio dietro alle panchine. Erano quelli a iniziare, poi la cosa si propagava al resto dello stadio. La curva invece ha sempre sostenuto l’allenatore, ce lo dissero già un anno fa che erano dalla nostra parte. Ma ora vedrete che Mancini verrà rispettato da tutti”.
È vero che con Mancini lei rischia di giocare terzino sinistro?
“Anche in porta, se vuole. Gli altri allenatori qui all’Inter hanno sempre creduto in me, spero sia così anche con Mancini, che è un grande tecnico: il suo curriculum parla per lui”.
Lei non ha mai perso un derby…
“Faccio gli scongiuri. È la partita che ci voleva per noi: non decide la stagione, ma se la vinciamo li sorpassiamo e ci rilanciamo. Crediamo nel terzo posto. E Palacio, dopo un inizio di stagione difficile, potrebbe riprendere a segnare, magari con un colpo di tacco come un anno fa… Di loro temo la velocità di Menez”.
E se segna un gol promette di…?
“… di non farmi un nuovo tatuaggio, perché non ne ho. In caso di gol, anche di ginocchio o di punta, faccio un regalo di Natale a 200 bambini poveri italiani”.
Lei in cosa deve migliorare e quali sono gli attaccanti che l’hanno fatta soffrire?
“Il piede destro deve migliorare, come la concentrazione sui 90 minuti. Non ho mai avuto problemi contro Cavani, Balotelli o Higuain, mentre ho sofferto molto Biabiany. In assoluto mi danno fastidio quelli bassi e rapidi, tipo il Papu Gomez che però appena lo tocchi va giù…”.
Capita spesso, in serie A?
“Purtroppo sì, ha ragione Vidic. Prendete Cuadrado: è fortissimo, ma appena lo sfiori cade. Gervinho no, non si butta quasi mai, e quando scappa devi sparargli per fermarlo. Il più grande è Tevez: uno dei pochi che prende le botte in silenzio e al limite te le ridà, ma non simula, non polemizza, non piange. Anche Llorente è così. Gli attaccanti devono sopportare un po’ di botte, no? Lo spettacolo del calcio è anche un po’ di guerra agonistica. Rispetto gli arbitri italiani, ma dovrebbero fischiare meno: il calcio è uno sport di contatti, sennò giocheremmo a tennis”.
Lei di recente ha polemizzato via social con qualche tifoso che le rimproverava di guadagnare troppo.
“I guadagni di noi calciatori sono inferiori a quelli dell’Nba, del golf o della Formula 1: Hamilton guadagna il triplo di Messi o di Cristiano. È il mercato che stabilisce certi stipendi, anche se io non ricordo neppure quando mi scade il contratto (2018, e davvero non se lo ricorda, ndr). E i nostri guadagni sono molto inferiori all’Inter di qualche anno fa, o ai top club di adesso”.
Nel suo futuro lei cosa vede?
“Voglio fare la carriera di Zanetti. Nessuno credeva possibile che i record di Facchetti venissero superati e invece… Ho 23 anni, se giocassi fino ai 40 come Zanetti avrei davanti altri 17 anni di carriera e ce la posso fare. Ringrazio Dio ogni giorno per essere qui, in uno dei club più importanti al mondo, che di sicuro prima o poi tornerà a vincere. Essere qui è un sogno: dei miei compagni di squadra di quando avevo 15 anni, solo io sono arrivato fin qui”.