«So che uno dovrebbe innamorarsi prima di riprodursi ma credo che la normalità non faccia per noi!»Alla scuola Dancing Elk del Minnesota un’ ironica ragazza di sedici anni, Juno MacGuff, con il suo compagno e “amico” Bleeker (timido e introverso) decide di ravvivare un noioso pomeriggio, facendo quello che oggi giorno sempre più adolescenti hanno fretta di sperimentare, sesso. Ben presto capisce che da quel pomeriggio la sua vita sarebbe cambiata, dal momento che scopre di essere incinta.
Dopo il suo primo lungometraggio («Thank you for smoking»), candidato al Golden Globe per la migliore sceneggiatura non originale del 2006, Jason Reitman dirige il suo secondo film, «Juno», vincitore del festival del cinema di Roma e candidato all’Oscar come miglior film, migliore regia, migliore attrice protagonista e miglior sceneggiatura. Proprio la protagonista (Elle Page) e la sceneggiatrice (Diablo Cody) sono le armi vincenti di questa ironica e spesso anche sfacciata pellicola. Una storia già trattata più volte nel corso di questi ultimi anni: il significato della gravidanza e come possa cambiare totalmente la personalità di chi la prova. Ciò che chiaramente ha il film di originale è rappresentato dal fatto che Juno è un adolescente, ancora meno pronta di altre “donne” ad affrontare tale esperienza.Infatti, Juno appena scopre di aver fatto “un gran pasticcio” si comporta come tutte le adolescenti e quindi decide dopo una strana telefonata alla sua migliore amica di abortire. Poi, però, cambia idea e racconta tutto a suo padre e alla sua matrigna. Il racconto è avvolto da una sconvolgente leggerezza sia da parte di Juno, il che può sembrare normale, giacché è una ragazza di sedici anni, ma anche da parte dei suoi genitori. Questi appresa la “buona novella” dopo i primissimi momenti di sbigottimento, decidono di aiutarla. Tuttavia Juno è consapevole che, nonostante la sua giovanissima età, crescere un bambino non è semplice e per questo decide di darlo in adozione. I dialoghi sono scritti in maniera brillante, ironica e con un forte accento femminile, tale da poter rompere tutte quelle convenzioni e stereotipi delle classiche storie sulle gravidanze non volute, trattate al cinema. Nonostante il rischio di cadere nell’ eccesso opposto e quindi rendere troppo ridicolo e frivolo il tema della gravidanza adolescenziale, il regista ha saputo raggiungere un equilibrio grazie all’look alternativo di Juno, al tenero sottofondo musicale rock e agli ambienti dai colori carichi di vita.Un film che si potrebbe definire “di formazione”, nel quale la piccola Juno si è messa in discussione ed ha imparato l’importanza di valori quali quello della famiglia, dell’amicizia e dell’amore.