Durante tutta la visione di Jurassic World, il nuovo capitolo della popolare saga targata Universal, ha continuato a martellarmi in testa una frase detta nel primo capitolo di questa serie dal personaggio di Ian Malcolm, interpretato da Jeff Goldblum: erano così preoccupati di poterlo fare che non hanno pensato se lo dovevano fare. Questo è in sostanza il mio pensiero sul nuovo film diretto da Colin Trevorrow, che potrebbe anche proporre riflessioni interessanti sulla tecnologia contemporanea e sull'intrattenimento odierno, ma che in sostanza ci fa ponderare solo su come si sia evoluto il blockbuster fino ai giorni nostri. Però per fare questo ci vorrebbe un bel paragone con l'originale Jurassic Park, e questo non è né il momento né il luogo adatto per fare analisi così minuziose, per cui limitiamoci a grattare la superficie e a riflettere sul perché il film di Trevorrow non riesce ad ingranare tutte le marce a sua disposizione. Il problema sostanziale, tralasciando ciò che il mondo dice sulla trama, sui personaggi e sulle situazioni al limite del credibile, è il periodo d'uscita: 2015, anno in cui ormai si è detto e ridetto tutto nei confronti del cinema blockbuster e d'intrattenimento. Si sarebbe potuto estrapolare un discorso interessante e particolare sulla necessità ormai obbligatoria della CGI e sulla sua importanza, invece ci si ritrova a ripensare alla nuova saga del pianeta delle scimmie, con i suoi primati in computer grafica ben più credibili dei rettili (forse proprio grazie alla stretta parentela con l'essere umano). Si poteva accompagnare lo spettatore attraverso una riflessione evoluzionistica, paragonando dinosauri e uomini, mettendoli sullo stesso piano per poi creare una distanza considerevole tra le due razze, ma anche li la Fox anticipa la Universal. In sostanza, tutto quello che Jurassic World dice, potrebbe dire e vorrebbe dire è già stato detto, fatto e presentato più e più volte in quest'ultimo periodo. Ciò che resta sono quindi i continui rimandi e citazioni che straziano il cuore dello spettatore (su tutti la distesa di brachiosauri morti su colline molto simili a quelle in cui, nel primo film, il professor Grant e la professoressa Sattler li videro pascolare per la prima volta) e che strizzano gli occhi (il T-Rex, ancora oggi, si fa attendere con ansia proprio come un tempo) all'appassionato. Siamo ben lontani però dalla meraviglia e dalla maestria di Steven Spielberg e dei primi due episodi, tuttavia questo nuovo capitolo riesce a sparare abbastanza cartucce da portare a casa il risultato principale, ovvero quello di divertire lo spettatore e di fargli passare una buona visione. Purtroppo però, proprio come questo testo, anche Trevorrow e i suoi collaboratori grattano solamente la superficie di quello che sarebbe potuto essere uno dei blockbuster più interessanti di questa nuova stagione, mentre invece resta semplicemente uno dei blockbuster di punta di quest'anno, probabilmente il miglior incasso del 2015, almeno finché non uscirà un certo film ambientato in una certa galassia lontana lontana.
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Durante tutta la visione di Jurassic World, il nuovo capitolo della popolare saga targata Universal, ha continuato a martellarmi in testa una frase detta nel primo capitolo di questa serie dal personaggio di Ian Malcolm, interpretato da Jeff Goldblum: erano così preoccupati di poterlo fare che non hanno pensato se lo dovevano fare. Questo è in sostanza il mio pensiero sul nuovo film diretto da Colin Trevorrow, che potrebbe anche proporre riflessioni interessanti sulla tecnologia contemporanea e sull'intrattenimento odierno, ma che in sostanza ci fa ponderare solo su come si sia evoluto il blockbuster fino ai giorni nostri. Però per fare questo ci vorrebbe un bel paragone con l'originale Jurassic Park, e questo non è né il momento né il luogo adatto per fare analisi così minuziose, per cui limitiamoci a grattare la superficie e a riflettere sul perché il film di Trevorrow non riesce ad ingranare tutte le marce a sua disposizione. Il problema sostanziale, tralasciando ciò che il mondo dice sulla trama, sui personaggi e sulle situazioni al limite del credibile, è il periodo d'uscita: 2015, anno in cui ormai si è detto e ridetto tutto nei confronti del cinema blockbuster e d'intrattenimento. Si sarebbe potuto estrapolare un discorso interessante e particolare sulla necessità ormai obbligatoria della CGI e sulla sua importanza, invece ci si ritrova a ripensare alla nuova saga del pianeta delle scimmie, con i suoi primati in computer grafica ben più credibili dei rettili (forse proprio grazie alla stretta parentela con l'essere umano). Si poteva accompagnare lo spettatore attraverso una riflessione evoluzionistica, paragonando dinosauri e uomini, mettendoli sullo stesso piano per poi creare una distanza considerevole tra le due razze, ma anche li la Fox anticipa la Universal. In sostanza, tutto quello che Jurassic World dice, potrebbe dire e vorrebbe dire è già stato detto, fatto e presentato più e più volte in quest'ultimo periodo. Ciò che resta sono quindi i continui rimandi e citazioni che straziano il cuore dello spettatore (su tutti la distesa di brachiosauri morti su colline molto simili a quelle in cui, nel primo film, il professor Grant e la professoressa Sattler li videro pascolare per la prima volta) e che strizzano gli occhi (il T-Rex, ancora oggi, si fa attendere con ansia proprio come un tempo) all'appassionato. Siamo ben lontani però dalla meraviglia e dalla maestria di Steven Spielberg e dei primi due episodi, tuttavia questo nuovo capitolo riesce a sparare abbastanza cartucce da portare a casa il risultato principale, ovvero quello di divertire lo spettatore e di fargli passare una buona visione. Purtroppo però, proprio come questo testo, anche Trevorrow e i suoi collaboratori grattano solamente la superficie di quello che sarebbe potuto essere uno dei blockbuster più interessanti di questa nuova stagione, mentre invece resta semplicemente uno dei blockbuster di punta di quest'anno, probabilmente il miglior incasso del 2015, almeno finché non uscirà un certo film ambientato in una certa galassia lontana lontana.
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