Articolo originale pubblicato dal sito: www.sportstory.it
Ci sono alcune persone a cui è sufficiente scrutare il volto per riconoscerne i sentimenti più profondi, senza dubbio alcuno di errore.
Con Zanetti è sempre stato così, nella vita come nello sport. Nell’immaginario collettivo è il bravo ragazzo con il capello sempre ordinato ed il giocatore pulito e corretto; neanche quell’unica espulsione rimediata in più di 600 partite in serie A, in un Inter – Udinese della disgraziata stagione post-mourinhana del 2011, ha macchiato la sua immagine. Ed è proprio per la sua naturale compostezza, espressa negli anni delle più clamorose sconfitte con la maglia dell’Inter e con quella della nazionale Argentina, che resta scolpita l’immagine della sua faccia così diversamente euforica nella magica notte di Madrid del 2010, come se quella gioia fosse ancora più grande perché propedeutica ad un percorso lungo e travagliato.
Il libro “Giocare da uomo” è frutto di una conversazione con Gianni Riotta che inizia infatti dalle basi della carriera di Zanetti, dagli esordi nei polverosi campi del barrio Dock Sud di Buenos Aires e dalle prime esperienze nella formazione professionista del Talleres, nella B Argentina. Queste pagine degli esordi sono le più ricche, vi si legge in una serie di semplici racconti la sofferenza del dubbio e l’insistenza di chi non molla, espressa meravigliosamente dalle giornate di lavoro nel cantiere con papà Rodolfo dalle prime ore della mattina. La giusta palestra per far crescere i muscoli, si potrà facilmente dire oggi. Ma anche la rappresentazione terrena di una faglia sempre più ampia tra grandi sogni ed enormi disuguaglianze quotidiane, che spesso cattura molte vite a cui non è concesso un lieto fine. Proprio a questi si rivolge l’attività della sua Fondazione Pupi, curata con la moglie Paula e con il suocero Andrés, la cui attività è un altro grande esempio dei sentimenti profondi dietro l’uomo Zanetti. Dopo gli anni in Argentina nel Talleres e nel Banfield, l’arrivo in Europa per un giocatore argentino coincide con il coronamento di un sogno per il quale, come Zanetti racconta nel simpatico capitolo “Un vestito da festa”, vale bene la pena investire i propri risparmi nell’acquisto di un vestito doppio petto blu e di un paio di scarpe troppo strette.
E’ la stagione 1995-96, la prima anche per il nuovo presidente Massimo Moratti, figlio del mai dimenticato Angelo, quello della Grande Inter che ci raccontavano i nostri nonni (eh sì, neanche i padri bastano…). Dopo due anni in sordina arriva la prima storica vittoria al Parco dei Principi di Parigi della Coppa UEFA in una finale tutta italiana contro la Lazio, vinta 3-0, nella quale il secondo gol è siglato proprio da un destro fantastico del capitano dell’Inter. Ma il tributo con la sofferenza di Zanetti non è finito; da quel momento lo aspettano anni di disavventure sportive, di tonfi clamorosi ed anche di un quasi passaggio al Real, sventato in extremis dall’intervento di un protettivo Moratti e da una telefonata di Hector Cuper. Gli anni di Tardelli e di Lippi, criticati duramente dal capitano per non aver mai abbondonato la loro “juventinità” e per non aver saputo mai curare lo spogliatoio dell’Inter. Gli anni di Calciopoli.
E di nuovo, pagato il tributo alla sofferenza, la soddisfazione degli scudetti (sul campo e non) e quella della tanto sognata Champions League. La conclusione di una sorprendente parabola del destino che ha legato la carriera di un giocatore composto ad una squadra così pazza, la sua Pazza Inter appunto, e che aspetta di scrivere nuove pagine sul campo. Perchè 40 anni sono ancora pochi per sedere dietro una scrivania, quando ti chiamano “El Tractor”. Mondadori Strade Blu 292 pagine | 17,50 euro