Quella dei Denver Nuggets è stata veramente una stagione stranissima: la stagione regolare nonostante diversi infortuni a giocatori importanti si è chiusa alla grandissima, con una terza posizione nella Western Conference con un record di 57 vinte e 25 perse ed un incredibile 38-3 nelle partite casalinghe, al Pepsi Center. A rendere “ufficiale” questa grande stagione ci ha pensato l’NBA che ha assegnato a George Karl il premio di miglior allenatore ed a Masai Ujiri quello di Executive of the year, entrambi appartenenti alla franchigia di Denver.
Il buon lavoro svolto dalla dirigenza nella costruzione della squadra si può vedere nel fatto che ben 9 giocatori hanno viaggiato a una media tra 8 e 16.7 punti di media, e che la panchina con 41.3 punti è stata la seconda migliore della Lega. Inoltre la trade imbastita in estate per acquistare Andre Iguodala e le ri-firme di McGee e Miller si sono rivelate mosse azzeccate. Per questi motivi i 121 giornalisti hanno deciso di votare Ujiri come miglior dirigente dell’anno, con 59 punti totali e 8 primi posti, che ha chiuso davanti a Gary Sacks dei Clippers e la coppia Daryl Morey (Rockets)-Glen Grunwald (Knicks).
Il buon lavoro alla franchigia poi è stato riconosciuto anche a George Karl, che ha vinto il suo primo Red Auerbach Trophy della carriera totalizzando 404 punti tra cui 62 primi posti dal pannello di 121 giornalisti degli Stati Uniti e del Canada, sopravanzando in classifica Erik Spoelstra dei Miami Heat (190) e Mike Woodson dei New York Knicks (127).
Giusto per far capire quanto differenti siano la regular season e i playoff NBA, basta pensare che una squadra come i Nuggets, che sembravano lanciati ad ottenere un ottimo risultato (molti li davano anche in finale di Conference), si sono invece schiantati nel primo turno contro i Warriors, uscendo per 4-2!
Tutto da buttare quindi il lavoro di Karl ed Ujiri? Assolutamente no, anche perchè l’infortunio a Danilo Gallinari ha pesato moltissimo sugli equilibri della squadra, però è vero che un po’ di lavoro dovrà essere fatto, perchè una squadra senza una vera Superstar piace un sacco al coach ex Real Madrid ma forse nella NBA fa molta fatica a vincere.