Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Dicembre 2012.
Gli anni ’80 sono anni che fanno la storia non solo in Europa, ma in tutto il mondo.
Il blocco sovietico si sta piano piano sgretolando, e a fare da capofila è la Polonia, nazione dalla storia sanguinosa, con tanta voglia di riscatto, storico e sociale.
Ma già a partire dal decennio precedente, gli anni’70, qualcosa sembrava muoversi: il regime divenne meno duro, iniziarono a fiorire i primi sindacati che sfocieranno poi nella storica Solidarnosc, guidata dall’eroe nazionale Lech Walesa.
Non bastasse, il Cardinal Carol Woytyla, nativo di Wadowice, diventa Papa sotto il nome di Giovanni Paolo II. La politica è calda, i tempi sono maturi, e la nazione in bianco e rosso sta scrivendo con i suoi straordinari protagonisti pagine importanti, per non dire fondamentali.
Ma precursore di questa riscossa fu la nazionale di calcio: il destino riunì, come nel caso della Grande Ungheria, o prima ancora del WunderTeam austro-ungarico, una serie di giocatori dal talento sfavillante.
Emergono campioni come Zibì Boniek, il più famoso giocatore della storia del calcio polacco, che fece le fortune della Juve targata Trapattoni, vincendo la Coppa Campioni da protagonista e rifornendo le casse bianconere di 3 miliardi di lire, una fortuna all’epoca, con il suo trasferimento alla Roma nel 1985. Prima ancora l’attacco della nazionale poteva contare su un certo Grzegorz Lato, non uno che passava inosservato, dato il titolo di capocannoniere dei Mondiali del 1974 disputati in Germania Ovest.
E poi Henryk Kasperczak, Władysław Żmuda, giocatori affamati di calcio, e di voglia di ribalta internazionale.
Ma tutto questo talento avrebbe rischiato di vagare disunito per il campo, magari terminando in giocate individuali finalizzate a se stesse.
Il fato volle che la Polonia avesse anche un giocatore in grado di giostrare in maniera sopraffina tutti questi talenti, quasi fosse un allenatore in campo: Kazimierz Deyna.
Nato nell’immediato secondo dopoguerra, Deyna cresce nel club della sua città natale, il Włókniarz Starogard Gdanski, per poi passare nel Legia Varsavia, club di cui fece le fortune.
In Nazionale divenne subito un cardine insostituibile, dotato di una visione di gioco pazzesca, e naturalmente di una tecnica formidabile. Si meritò il soprannome di “Direttore d’Orchestra” proprio perchè sapeva sapentemente dirigere un’intera squadra, dettando come pochi ritmi di gioco, tempi e disposizioni in campo.
Con Deyna la Polonia fece un passo in avanti enorme, riuscendo a vincere l’Oro Olimpico nella triste edizione di Monaco di Baviera del 1972, sfiorando l’impresa di ripetersi a Montreal ’76, giungendo però solo secondo. Ai Mondiali di Germania nel 1974 la Polonia da lui guidata riescie a tenere testa alle più quotate Olanda e appunto Germania Ovest, arrivando al terzo posto finale prendendosi gli scalpi prestigiosi di Italia prima e Brasile poi.
Deyna ha fame di calcio e di vita, e passa nel 1978 al Manchester City, collezionando 39 presenze e 12 gol.
Poi non resiste al richiamo della terra delle grandi libertà, gli Stati Uniti, e cede alle avances dei San Diego Sockers.
Bella vita quella di Deyna negli States, prendendosi rivincite contro regime e povertà, e togliendosi lo sfizio di essere protagonista pure ad Hollywood, presenziando nello storico film “Fuga per la Vittoria”.
Ama la vita Deyna, ama i suoi piaceri, tra cui le macchine veloci, come un altro giocatore a lui simile per estro e per imprevedibilità: George Best.
Ma il destino è crudele con Kazimierz. Il primo Settembre 1989 si schianta con la sua BMW per le strade di San Diego. Il destino lo rapisce al volante a soli 42 anni.
La sua ex squadra, il Legia Varsavia ritira la maglia numero 10. In tutta la Polinia è lutto.
E il fato infierisce: per un triste gioco del destino in una Polonia ancora in lacrime, un’altra auto si schianta proprio nella nazione di Wojtyla, a Babsk. Due giorni dopo l’incidente di Deyna a San Diego perde la vita Gaetano Scirea, altro campione, altro carattere, medesimo destino crudele.
Ma quella di Deyna è stata una vita che ha degnamente rappresentato la voglia di ribalta di un’intera nazione, una nazione che ad un certo punto non ha resistito e si è messa a correre veloce verso la storia e verso la tanta agognata libertà.