Kebab, l’ascesa del fast food d’Oriente

Creato il 16 luglio 2011 da Lapulceonline

Ma come è veramente composto il cilindro di carne che va sempre più di moda?

Diversamente dall’agnolotto che ben conosciamo da secoli, il kebab è una pietanza sì sulla cresta dell’onda, ma di cui, in realtà, sappiamo ben poco: chiedendo in giro, a partire dai consumatori più incalliti, pare che ad esempio nessuno abbia mai capito quale sia esattamente la sua composizione, quali siano i suoi ingredienti, quale sia la sua preparazione, per non parlare poi della sua storia. Leggende metropolitane (ma anche alcune autorevoli fonti d’informazione) lo vogliono composto da ingredienti a dir poco raccapriccianti come frattaglie animali, organi interni, occhi, denti, polmoni, cuore e addirittura zoccoli. Di quale animale poi non si è mai ben capito.Ma quello del kebab è forse uno dei pochissimi casi in cui le voci di corridoio messe in giro dai male informati non scalfiscono il prestigio dell’oggetto in questione: il “nostro” è amatissimo, consumatissimo, vendutissimo. E gli aficionados aumentano di anno in anno (soprattutto tra i giovani), così come gli introiti ad esso legati. Che sia carne di mammuth, di grifone o di unicorno sembra di fatto non preoccupare più di tanto i fans della più popolare portata turca. Ma a questo arriveremo in seguito.
Giunto in Occidente e soprattutto in Italia – per non dire ad Alessandria – da pochissimi anni, il kebab è approdato nelle nostre tavole da quando i fl ussi migratori dal Medio Oriente hanno cominciato a fare davvero sul serio, ovvero poco più di una decina di anni fa. Piatto millenario, il kebap (così viene chiamato in patria, signifi ca letteralmente “carne grigliata”) è una prelibatezza di origine ottomana che inizialmente veniva consumata a fette, e non come lo conosciamo oggi, infi lzato in uno spiedo verticale. Quest’ultima tecnica di cottura, che consiste nel lasciar abbrustolire per diverse ore l’impasto di carne facendone colare parte del grasso attraverso la rotazione del cilindro, è un’invenzione risalente solo a circa un secolo fa. E qui forse per alcuni potrebbe crollare il primo mito: la parola “doner” che sempre vediamo affi ancata a “kebab” nelle insegne dei fast food non è il nome proprio di uno scaltro imprenditore alimentare tedesco o di una multinazionale, ma semplicemente un vocabolo turco che indica qualcosa “che gira”, di “roteante”, che ne indica dunque il moderno tipo di cottura. Da qui la traduzione di Doner Kebab: Carne Grigliata che Gira.

Ma veniamo al punto più saliente della faccenda: da quale benedetta carne è composto il nostro beneamato kebab? Siamo andati da uno dei ristoratori del settore più in voga del momento, dipendente del chiosco Baran Instambul 2 di via Milano 72 a chiedere qualche informazione. Tugay Kartal è nato 17 anni fa nella provincia di Ankara e vive regolarmente in Italia da tre. Conosce il kebab quanto noi conosciamo la pastasciutta ed è, nonostante la giovane età, un cuoco dalla lunga esperienza. E’ lui che qui prepara la carne, le salse, i piatti combinati, i condimenti. Ci svela subito che il kebab è composto, almeno nel suo locale, esclusivamente da carne di vitello e di tacchino impastate insieme. La prima è più scura, la seconda più chiara. E le parti utilizzate sono quelle più carnose dell’animale come cosce e petto. Niente viscere dunque, né organi, né ossa, né code di rospo, né ali di pipistrello. Alcuni- ci dice Tugay- utilizzano anche pollo o agnello, ma mai- per motivi religiosi- il maiale. La carne viene acquistata direttamente dalla fabbrica produttrice, quindi consegnata surgelata al negozio ed infi ne, una volta scongelata, tagliata a piccoli pezzi e quindi impastata nella famigerata forma a cilindro; dopodichè il cono di carne viene trafitto con lo spiedo e messo a rosolare mezz’ora prima dell’apertura dell’esercizio in modo che le parti grasse colino il giusto affinché la carne non diventi troppo dura e secca. Il tutto viene salato e condito con spezie, in particolare origano.

I cilindri di kebab possono variare di dimensione e peso: dai 10 kg ai100kg, dipende dalla grandezza e dai consumi medi del ristorante. Da Baran Istambul 2 in media si arrostiscono cilindri di circa 20-25 chili, e ogni settimana ne vanno dai 7 ai 9. Acquistati all’ingrosso, costano all’esercente 5 euro al chilo più IVA. Tugay Kartal si dice soddisfatto di come stiano andando gli affari, e così anche i suoi tre colleghi. La popolarità del kebab è in costante ascesa e soprattutto tra i giovani e gli studenti è diventata una pietanza abituale. E sebbene il prodotto più venduto sia il classico “doner” avvolto nel pane arabo o nel “durum” (una specie di piadina), pare che vadano alla grande anche gli altri tipi di preparazione:la pizza-kebab e il piatto-kebab sono altre due punte di diamante che ben vendono e che piacciono molto.
Tutte queste portate sono state nel tempo condite con alcuni surplus per meglio venire incontro ai gusti occidentali: ecco quindi (oltre al “tzatziki”, meglio conosciuta come “salsa yogurt”, tipicamente turca) ketchup e mayonese, salsa piccante e patatine fritte di contorno, queste ultime spesso contestate dai “puristi”. Molto utilizzate come tocco in più anche verdure come insalata, pomodori e cipolle. Sì, attualmente la kebab-mania è al suo apice. Si tratta di una fascinazione momentanea oppure di un fenomeno destinato a radicarsi nelle nostre abitudini alimentari? Vedremo. Dopo tutto noi italiani- ma anche alessandrini- siamo il popolo più ossessionato dal cibo che esista… Sempre più onnivori, sempre più curiosi. Basti pensare anche al clamoroso boom della ristorazione giapponese avvenuto recentemente nel nostro Paese. A quando i fast food a base di cavallette e scarafaggi?


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