Con un mondo sempre più vertiginosamente interconnesso, restare esclusi dalle informazione che viaggiano rapidissime in rete costituisce un grave limite alle possibilità di sviluppo di una comunità.
Il digital divide, che tutt’oggi condiziona circa 4,5 miliardi di persone, è ancora lontano dall’essere abbattuto e il volenteroso impegno di numerose organizzazione internazionali, si scontra spesso con la grave mancanza di strutture e risorse di alcuni paesi.
Keepod, è un dispositivo a bassissimo costo (sette dollari), di 8 Gb, capace di immagazzinare un sistema operativo Android 4.4, in modo che qualsiasi utente possa riversare il proprio “mondo digitale”, come il desktop, i programmi, i file personali e la configurazione, su qualsiasi tipo di computer. L’obiettivo, ambizioso ma assolutamente nobile e raggiungibile, secondo i fondatori, è abbattere il digital divide.
Il progetto, nato dall’iniziativa dell’israeliano Nissan Bahar e del suo socio italiano Francesco Imbesi, parte dal presupposto che bisogna rivedere il concetto secondo il quale, per essere connesso con il mondo dell’informazione, ogni persona ha bisogno di un PC. Soprattutto nei piccoli villaggi dei paesi in via di sviluppo, i pochi computer presenti nelle scuole, non sono sufficienti a coprire le esigenze di tutti i bambini. È quello che accade a Mathare, un agglomerato di slum (baraccopoli) alla periferia di Nairobi, in Kenya, dove lo stipendio medio pro capite al giorno è di soli due dollari e quasi nessuno ha accesso ad un computer. Proprio qui una ONG locale (Tackel Digital Divide) sta distribuendo agli alunni dei pendrive Keepod, incentivando i ragazzini a familiarizzare con le tecnologie dell’informazione e ottenendo risultati che hanno entusiasmato i promotori del progetto, sicuri di poter dimostrare che sì, è possibile abbattere il digital divide con l’aiuto di strumenti come questo.
Keepod (che nasce dall’unione della parola inglese Keep più l’ebraica od, che vuol dire tutto) può trasformare qualsiasi computer in un dispositivo personale grazie al sistema operativo leggero e dinamico, e ovviamente open source, che ospita, e che è in grado di funzionare con qualsiasi entrata USB di qualsiasi PC. In effetti, un altro dei punti forti del progetto è la possibilità di riutilizzare vecchi computer abbandonati e in disuso contribuendo ad abbattere l’enorme problema dello smaltimento dei PC (occidentali). Una vera e propria piaga per paesi come il Ghana dove, come l’ONU stimava solo nel 2010, vengono depositati, ogni anno, una ventina di milioni di tonnellate di rifiuti tecnologici, spesso in discariche a cielo aperto.
Oltre a questo, assicurano dal team, Keepod garantisce la massima sicurezza, sia in termini di privacy che di protezione dei file, non lasciando traccia nei computer a cui viene collegata pur conservando, invece, al suo interno, tutti i dati e le pagine web consultate. È inoltre possibile criptare le informazioni e predisporre una password d’accesso da inserire al momento del collegamento.
Per raggiungere tutto ciò e continuare nello sviluppo del progetto, Keepod in pochi mesi ha già raccolto più di 40.000 dollari, attraverso la pagina per campagne di crowdfunding Indiegoo.com, e dalla pagina web dell’impresa è possibile contribuire anche con altre forme di sostegno, come ad esempio comprare una USB e allo stesso tempo donarne alcune per i progetti attivi nel mondo.
Nuove sfide ora si prospettano all’orizzonte, con l’intenzione di portare l’iniziativa in altre aree sub-sahariane, in India, Israele e persino, udite udite, in Italia meridionale.
Il computer sarà più di un oggetto da portare con noi o di uno strumento da acquistare: sarà il nostro passaporto per una nuova vita mediatica, diceva una ventina d’anni fa Bill Gates. Può darsi, aggiungiamo noi, ed è bello dare a tutti la possibilità di scegliere se farne parte.
[Articolo scritto in esclusiva per Pronews.it]