Nei giorni scorsi siamo tornati sull’idea di cessare l’euro come moneta unica e trasformarlo in una valuta comune dell’Unione Europea, sul modello del Bancor proposto da Keynes in vista della conferenza di Bretton Woods [link].
Sergio Cesaratto, nel suo ultimo lavoro sulla crisi della zona euro, torna a rilevare la somiglianza tra il sistema Target 2 della Banca Centrale Europea e la proposta dell’International Clearing Union di Keynes. Pur riconoscendo che Keynes associava ad essa dei meccanismi di riequilibrio, ci sembra che Cesaratto non riponga alcuna fiducia in un sistema improntato al Bancor, giudicandolo sostanzialmente identico al già esistente Target 2.
La simpatica vena polemica di Sergio lo spinge ad affermare che
“la mia posizione [sul Target 2] è per certi versi simpatetica con quella del più autorevole economista tedesco, Werner Sinn, e ciò susciterà qualche controversia con gli amici post-Keynesiani.”
Sul fatto che il Target 2 possa ricordare l’International Clearing Union non crediamo possano esserci fondamentali controversie. L’ICU era concepita esplicitamente – spiega lo stesso Keynes – come un’internazionalizzazione dei meccanismi vigenti a livello di banche centrali.
D’altro canto ci pare che il tema centrale della proposta keynesiana sia esattamente quello di affrontare gli squilibri commerciali e delle partite correnti, tema che per Cesaratto sembra essere quasi un’aggiunta posticcia. Non ci pare che questa possa essere l’interpretazione corretta. Robert Skidelsky, biografo di Keynes, riassume in questo modo la proposta nella formulazione originaria, che Keynes rivide per superare le opposizioni:
“… il suo piano era volto a portare una pressione simultanea a equilibrare i propri conti sia sui paesi in surplus che su quelli in deficit. I paesi in credito persistente sarebbero stati autorizzati od obbligati a rivalutare le loro monete, sbloccare tutti gli investimenti esteri e caricati con un aumento dei tassi di interesse (fino al 10 per cento) sui crediti sopra un quarto della loro quota. Qualsiasi credito che superasse alla fine dell’anno le quote sarebbe stato confiscato e trasferito ad un fondo di riserva. I Paesi con deficit persistenti sarebbero stati autorizzati od obbligati a svalutare le loro valute, vendere oro all’ICB, e vietare le esportazioni di capitali. Allo stesso modo sarebbero addebitati interessi sui debiti eccessivi. Se tutti i paesi fossero in perfetto equilibrio alla fine dell’anno, la somma dei saldi Bancor sarebbe esattamente zero.” [link]
Qualcosa di evidentemente differente dal Target 2. Paul Davidson ha proseguito su questa linea avanzando l’idea che i surplus di Bancor vengano ridistribuiti ai paesi in deficit qualora il paese in surplus non li spenda in merci di questi ultimi [link]. L’ICU, quindi, come “riequilibratore di ultima istanza” della bilancia dei pagamenti.
Si tratta, tuttavia, di misure che tentano di scoraggiare l’accumulo di crediti e il persistere di debiti. Esse si dimostrerebbero efficaci nel momento in cui i paesi dell’Unione si comportassero in modo tale da non produrre surplus e deficit permanenti e quindi non far scattare le misure punitive. Il che nella situazione europea significa in sostanza che la Germania non avrebbe avuto quell’incentivo alla deflazione salariale che l’ha portata a varare le riforme Hartz. Ricordiamo a tale proposito che tra i meccanismi di aggiustamento proposti da Keynes vi era anche l’aumento dei salari nominali per i paesi in surplus, da cui Emiliano Brancaccio ha tratto la proposta di uno standard salariale europeo [link] agganciato a produttività e partite correnti.
Non è comunque importante ora impiccarci su quello che voleva dire davvero Keynes. Va da sé che la situazione dell’UEM non è la stessa di quella dei paesi industrializzati del dopoguerra e pertanto la sua proposta va adattata al contesto europeo. Inoltre lo stesso Keynes può aver fallito nel concepire un sistema ottimale. Come sempre, è l’intuizione dell’economista ciò che conta e non c’è dubbio che l’intuizione di Keynes sia utile all’UE.
Questo è ciò di cui parliamo quando proponiamo una soluzione keynesiana alla crisi dell’Unione Europea che esca dalla semplificazione euro sì/no e che eviti salti nel buio, senza rassegnarsi all’insostenibile situazione attuale.
Caro Sergio, questo ragionamento ti convince? Vuoi essere dei nostri?
P.S. Nel secondo paper segnalato la scorsa settimana, Cesaratto torna ad aderire e completare la nostra critica rivolta al “Piano Marshall” elaborato dai sindacati tedeschi. Un’ulteriore motivo per concentrarci insieme su una proposta alternativa.
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