Killer Elite: un film per nostalgici

Creato il 01 giugno 2012 da Masedomani @ma_se_domani
Ok, mi rassegno, questo è l’anno in cui è trendy attingere dagli anni della mia adolescenza. Pensare che mentre li vivevamo non parevano poi questo granché se non fosse per l’emozione incredibile di quelle notti antecendeti all’inaspettata apertura della Porta di Brandeburgo in cui si ebbe chiara percezione che fosse un momento storico. Quella fu davvero la fine di un epoca… Ma in questo film siamo un pochino prima, torniamo nel pieno di quegli anni ‘80 fatti di guerra sicuramente fredda e pure tiepida, dato che il fermento in medio oriente si faceva già sentire, ma non era ancora fashion. Quindi eccoci alle prese con l’ennesimo esordio alla regia, l’ennesimo libro (The Feather Men), l’ennesima storia vera romanzata, l’ennesimo cast che può recitare ad occhi chiuse siffatte parti e -appunto- l’ennesima epoca, quegli anni ‘80 che ci portano a credere di non essere gli unici a sentire la mancanza degli spy movie molto action. Qui più che spie sono sicari su commissione (modo carino di nobilitare i mercenari) che fanno le “pulizie” in quella polveriera del medio oriente. Non possiamo che accogliere l’ingresso in scena del duo Statham – De Niro in un polveroso luogo, non poi tanto distante da noi, con un bonario sorriso mentre attendiamo (non molto) che le prime raffiche di pallottole prendano il via e che le corse/rincorse misto botte ritmino la narrazione. L’iniziale incastro è piuttosto intuitivo, il mentore e il pupillo, generazioni a confronto, aspettative comuni e reazioni differenti, al punto che il primo a mollare è proprio il giovane stanco di quella vita alla quale il più vecchio non è più in grado di rinunciare. Il legame tra i due è forte, come è normale che accada quando si affida la propria vita al partner, e diviene il punto debole dell’uomo nonché fulcro del film: l’unico traino rimasto al vecchio Hunter (De Niro) è il denaro, ma da solo non riesce a portare a termine i lavori come in passato, così cade nella trappola di un Sultano e della sua vendetta personale proprio contro i migliori agenti britannici e… il giovane Danny (Statham) è costretto a tornare per salvare l’amico, ovvio no? Tra verità nascoste, doppi giochi e nemici da combattere dentro casa, le cose si complicheranno definitivamente e si tingeranno sempre più di giallo, man mano che un frustrato ex agente dei Servizi Aerei Speciali britannici si metterà sulle tracce di Danny per comprendere e porre fine alla missione apparentemente suicida che sta portando a termine. Spike (questo il nome del baffuto Clive Owen) sarà a più riprese la chiave di volta che giustificherà le due ore di film. Senza il suo personaggio infatti una buona fetta della storia non avrebbe potuto resistere, è il motivo per cui rimaniamo curiosi a guardare un film prevedibile e narrato come molti altri prima. E’ quella ambiguità che si scontra con l’apparente stoltezza e cocciutaggine che ci intriga e che ci fa sperare in un finale inaspettato in cui si svelino (per lo meno ai nostri occhi) un gran quantitativo di traditori amorali. Film per coloro a cui mancavano pellicole basate su libri “rivelazione” di complotti e intrighi internazionali. Ritmato ed interpretato con naturalezza da veterani del mestiere che con poco sforzo si sono guadagnati lo stipendio a copertura delle bollette di casa. Opera godibile, poco introspettiva, che può mettere d’accordo sia i maschietti che le loro dolci metà per l’equilibrio sangue -suspense-romance . Dignitoso.

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