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Fine della visita: ecco il celebre “Fregio di Beethoven”.
E’ stata ricreata in scala 1:1, quindi nelle dimensioni originali, la sala esistente nel Palazzo della Secessione Viennese, del quale è esposto, al centro della stanza, un modellino in legno. L’unica variazione è stata quella di posizionare le riproduzioni ad altezza d’uomo, mentre in origine si trovavano a 6 metri dal pavimento. Tre pareti sono decorate in vari stili e con varie tecniche pittoriche; tutta la serie degli affreschi è lunga ben 34 metri ed è stata restaurata negli anni ’70 circa in quanto è molto delicata, essendo stata progettata per durare solamente per i tre mesi della XIV mostra della Secessione ed essere poi distrutta. Attualmente meriterebbe un ulteriore restauro ed i pannelli, anche questi comperati a suo tempo prima da Carl Reininghaus e quindi da August Lederer, furono poi acquistati dalla repubblica austriaca che li sottopose ad un primo intervento di restauro e sono ora conservati nel sotterraneo del Palazzo.
La riproduzione presente qui a Milano è davvero perfetta, anche a detta del curatore della mostra, Alfred Weidinger. Ad un lato della sala il calco della testa del monumento a Beethoven scolpita da Max Klinger, e la cui riproduzione completa in miniatura si trova all’interno del modellino. Già l’atmosfera nella sala è creata dalla musica di sottofondo, la Sinfonia nr 9, nell’interpretazione che ne diede il compositore Richard Wagner.
I pannelli che, come ho scritto prima, sono in grandezza naturale, ricoprono tre pareti della sala. Grande è il simbolismo racchiuso in questa opera, che doveva rappresentare la ricerca della felicità umana raggiunta attraverso l’arte. L’opera fu tacciata all’inizio di oscenità e pornografia per la rappresentazione di vari nudi femminili.
Nei primi pannelli, sulla prima parete è raffigurato un cavaliere (chi dice che abbia le sembianze del pittore, altri invece vedono la raffigurazione di Gustav Mahler che in quel periodo dirigeva l’Opera Viennese) che indossa una armatura dorata, fedele riproduzione di quella dell’arciduca Sigismondo del Tirolo. Il Cavaliere simboleggia la Forza, le figure nude che gli stanno dietro sono invece le suppliche del genere umano, mentre le due donne che lo sovrastano alle sue spalle rappresentano la Compassione e l’Ambizione. Il Cavaliere starebbe anche a simboleggiare la lotta che Klimt dovette sostenere contro i suoi detrattori. Insolita la tecnica: nell’armatura, ad effetto tridimensionale, essendo in rilievo, furono inseriti dei chiodi da tappezziere, mentre l’elsa della spada era istoriata con pezzi di vetro colorato, un’abilità ereditata dal padre che era incisore orafo.
La parete successiva intitolata “Le forze ostili” è occupata da tutta una serie di figure. Tra tutte primeggia un enorme gorilla, rappresentazione del gigante Tifeo. Sulla sua sinistra le sue figlie, le tre Gorgoni, nude e sensuali (questo fu il pannello che più suscitò scandalo) prototipi delle donne fatali. Alla destra, defilata ed in fondo, la figura dell’Angoscia, magra, emaciata, sofferente, davanti alle spire di un lunghissimo serpente che si snoda lungo il dipinto.
Infine la terza ed ultima parete che rappresenta il “Raggiungimento della felicità”. Sullo sfondo, una serie di figure dalla posta ieratica, rappresentanti gli “Angeli del Paradiso”, sulla sinistra delle figure ondeggianti avvolte in veli leggeri e con i capelli fluenti rappresentanti invece le Arti, infine sulla destra l’Inno alla gioia, ossia “Il bacio a tutto il mondo”, dove un uomo ed una donna si abbracciano sotto una campana rappresentante l’Eden e l’Amore che mitiga tutto.
Qui sotto, per meglio comprendere le opere del pittore ed in particolare il Fregio di Beethoven, due video molto esplicativi.
Conclude la mostra l’esposizione dell’ultimo quadro di Klimt, ossia “Adamo ed Eva” rimasto incompiuto.