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Contornata da un cast d’attori di grande rispetto (Antonio Banderas, Michael Douglas, Michael Fassbender, Ewan McGregor, Bill Paxton e Channing Tatum), la pellicola aspira infatti a puntare comunque la propria carica energica sulle (ottime) scene di combattimento che vedono coinvolta l’agente Mallory Kane (la Carano, appunto) negli scontri coi personaggi maschili di cui sopra, responsabili di averla messa al centro di un doppiogioco che dovrebbe portarla a diventare vittima sacrificale.
Il non aver selezionato un attrice professionista ma invece una lottatrice professionista diventa allora mossa intelligente e funzionale -seppur bisogna ammettere che nel suo ruolo Gina Carano se la cava abilmente bene anche a livello recitativo- perché sono i combattimenti la dominante nel progetto di Soderbergh: credibilissimi, numerosi, lunghi, ragionati e girati in maniera eccellente e godibili a livello visivo. Una sorta di Jason Bourne al femminile, asciugato moltissimo nella sua narrazione e fortemente desideroso di arrivare dritto al sodo. Per il resto al regista non resta altro che compiere una ordinaria amministrazione e intrecciare la trama con flashback e salti temporali per consentire allo spettatore più affamato di mantenere alta la concentrazione fino allo snodo dell’ultima scena, con l’unica pecca però di non potere evitare che la sua solita mano fredda che lo contraddistingue torni a farsi sentire dura e pesante proprio in quei momenti in cui l’assenza di azione richiederebbe di incalzare il ritmo in maniera leggermente più vibrante.
Tuttavia non è una novità nella filmografia di Steven Soderbergh che una storia prenda funzione e forma solamente una volta dopo aver trovato il personaggio adatto su cui costruirla. Solo qualche anno fa, nel 2009, aveva compiuto un lavoro simile con “The Girlfriend Experience” (sconosciuto in Italia), quando scritturò la pornostar Sasha Gray per interpretare la escort protagonista Chelsea/Christine.
Una modalità di fare cinema decisamente originale, dove non è più l’attore a dover diventare personaggio ma il personaggio a diventare attore per poi tornare diversamente ancora nei panni del personaggio. Difficile restituire opinioni a riguardo, meglio limitarsi a elogiare l’ottima riuscita della metodologia sulla paziente Carano, insieme alla capacità mostrata da Soderbergh nell’avere continuamente il coraggio e le idee per utilizzare il mezzo cinema in maniera differente e con varie sfaccettature. Che a noi piaccia oppure no.
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