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Kosovo. Dacic ai serbi di Mitrovica, ‘andate a votare o sindaco albanese, rischio conflitto armato’

Creato il 12 novembre 2013 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

dacic_ivicadi Giacomo Dolzani

Il presidente serbo, Ivica Dacic, non ha usato mezzi termini nell’invitare i suoi connazionali residenti a Kosovska Mitrovica a recarsi alle urne il prossimo 17 novembre, incoraggiandoli a non cedere alle intimidazioni degli uomini armati e a volto coperto che il 3 novembre scorso, giorno delle elezioni poi annullate, hanno assaltato e distrutto le urne, minacciando in seguito i cittadini serbi e intimando loro di non andare a votare.
Secondo Dacic, se la minoranza serba, che a Mitrovica nord costituisce la gran parte della popolazione, non si recherà ai seggi, consentendo ad un sindaco albanese di andare al potere, questo “distruggerebbe il concetto stesso di Comunità delle municipalità serbe” che, secondo i progetti, sarebbero una decina e garantirebbero i diritti delle etnie minoritarie residenti nella regione.
Nella parte nord di Mitrovica hanno la loro sede tutte le istituzioni serbe riconosciute dal governo di Belgrado ma che Pristina si rifiuta di accettare; la road map che dovrebbe portare alla pacificazione ed allo stabilizzarsi dei rapporti tra la Serbia e lo stato secessionista del Kosovo prevede la creazione di queste Comunità, di cui Mitrovica nord ne sarebbe il centro amministrativo, ma il piano potrà essere realizzato solo nel caso in cui i serbi ottengano un sufficiente potere contrattuale che, appoggiati da Belgrado, li metta in una posizione di forza nei confronti del governo di Pristina, il quale attuerà ogni possibile sotterfugio per limitare le tutele di cui potrà godere la popolazione serba, soprattutto sapendo di godere dell’appoggio di Bruxelles, la quale ha tutto l’interesse ad ostacolare Belgrado.
La Serbia è infatti lo stato più influente nell’area e, soprattutto, è una delle poche nazioni amiche di Mosca alle porte dell’Europa occidentale: l’Ue e la Nato hanno quindi spesso visto in Belgrado una minaccia per le loro politiche nella regione; un’area composta da stati deboli è infatti molto più controllabile ed i suoi governi più influenzabili dalle maggiori potenze del continente rispetto a quanto lo era una federazione forte come quella Jugoslava e a quanto lo è oggi uno stato come la Serbia, cosa che la rende oggi il principale obbiettivo del fuoco diplomatico europeo.
Nel caso il progetto kosovaro di escludere la componente serba dall’amministrazione del paese, anche dove questa costituisce la maggior parte della cittadinanza, dovesse andare in porto, grazie anche ad intimidazioni come quelle che hanno portato all’annullamento delle elezioni pochi giorni fa, lo scenario per le minoranze di etnia non albanese e religione non musulmana potrebbe tramutarsi in un incubo; il premier Dacic proprio per questo ha messo in guardia i suoi connazionali oltreconfine, paventando la possibilità di “conflitti, forse anche armati”, soprattutto dopo le violenze di cui già si sono dimostrati capaci i kosovari nei confronti di cristiani e minoranze etniche in generale: l’incendio di villaggi ed omicidi, a cui si è aggiunta la cancellazione dei simboli della cultura cristiana ortodossa con la distruzione di chiese e di cimiteri, il tutto con l’intento di creare un Kosovo puramente albanese e musulmano, di fatto continuando il percorso cominciato oltre un decennio fa dai terroristi dell’Uck, questa volta senza neanche il pericolo di un intervento militare che possa intralciare i piani.

da Notizie Geopolitiche



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