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L’affaire “Sul Romanzo”

Creato il 15 ottobre 2010 da Marce982

In molti hanno seguito nei giorni scorsi quello che potrebbe essere definito “l’affaire Sul Romanzo”. Chi non avesse avuto modo rimanere aggiornato sulla vicenda, può trovare delucidazione nei post apparsi su “Sul Romanzo” (qui e qui) e leggendo quanto scritto da Alessandro Gilioli su “Piovono rane”.

Vuoi per mancanza di tempo, vuoi per lasciar sbollire i nervi generati dall’accaduto, ho preferito aspettare qualche giorno, prima di lasciare la mia opinione su questo fatto che necessita di una riflessione, per lo meno su due livelli.

In primo luogo, bisogna soffermarsi un secondo sulla vicenda in sé. Il fatto che la Polizia di Stato intimi la cancellazione di due post sottoposti a giudizio per diffamazione è anche normale, se si guardano la costituzione e le leggi sulla stampa che vigono nel nostro Paese. Il fatto che avvenga nei termini di cui si legge nei post sopracitati, ha davvero dell’incredibile. Per quanto l’acquisizione agli atti sia una procedura dovuta, non lo è altrettanto il pugno duro utilizzato nei confronti dei due post scritti da Maria Antonietta Pinna. Non lo è perché il giudizio è ancora in corso e questo rappresenta un atto pregiudizievole nei confronti degli brani incriminati.

Io credo che sia stato commesso un errore sia da parte degli inquirenti, che hanno agito sul filo del lecito, sia da parte di Google, che non ha avuto alcun dubbio nel cancellare i due post oggetto di giudizio, benché non esiste ancora nessuna sentenza, neppure di primo grado.

Questo rappresenta un fatto molto grave che non può essere ignorato.

Il secondo piano su cui, a mio modesto parere, si dipana la vicenda è quello della libertà in Rete. Molto spesso si sentono cori di protesta quando è nell’aria la discussione di leggi che prevedano limitazioni e restrizioni dei contenuti presenti su Internet. Ecco, in quest’ambito vige una generale confusione e un eccesso di populismo che francamente non condivido.

In Rete ci sono troppe realtà, mascherate da blog personali, che in realtà sono veri e propri prodotti editoriali, giornali, riviste, blog che fanno informazione a più livelli. Poi c’è una fetta di siti d’opinione, blog personali, spazi promozionali o di aggregazione e discussione, che non fanno informazione in senso stretto.

Ora, io mi pongo una domanda: perché i blog che si occupano di notizie devono essere considerati al di sopra della legge e devono avere un trattamento diverso dalle altre testate (cartacee e non) che invece sono regolarmente iscritte nei registri dei tribunali, o al ROC (registro degli operatori di comunicazione) e sono pertanto rappresentate da un direttore responsabile?

Io ho la profonda convinzione che tutti siano liberi di esprimere la propria opinione, sposo il principio voltairiano e quanto scritto nella nostra Costituzione (per quanto ci siano degli scellerati che perseverino nei loro tentativi di boicottarla e massacrarla). Ma esiste una profonda differenza tra l’esprimere un’opinione personale e il fare informazione e questa differenza è molto chiara anche nella Costituzione.

Io sono contrario all’anarchia e sono contrario al clima da “stadio di calcio” che si respira in Rete, dove sembra che tutto debba essere lecito, privo di una regolamentazione, una specie di limbo all’interno del quale ogni cosa deve essere perdonata, come se non fosse mai successa.

La norme vanno rispettate e ci sono troppe realtà in Internet che si arricchiscono alle spalle della legge, aggirandola o infrangendola apertamente, nel totale disinteresse delle Autorità competenti.

Allo stesso tempo sono costernato dal modo in cui gli inquirenti si sono mossi nella vicenda “Sul Romanzo” relativa agli articoli di Maria Antonietta Pinna e trovo riprovevole la cancellazione avvenuta ancor prima di un giudizio di primo grado sui post incriminati. Non è tollerabile in un Paese civile e democratico che vengano calpestati i diritti dei cittadini, in ogni caso.

Spero che la vicenda si risolva al più presto e che sui fatti in esame venga accertata la verità.

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