E alla fine Giorgio Napolitano non si è piegato. Troppo grave il colpo di mano del governo per poter firmare a velocità supersonica il decreto attuativo del fisco municipale.
Questa fetta di federalismo coinvolgono oltre 11 miliardi di trasferimenti statali tra tributi e compartecipazioni. Introduce la cedolare secca sugli affitti, sblocca l’addizionare Irpef, reggruppa l’Ici e l’Irpef sulla seconda casa in unica imposta municipale, l’Imu, e prevede di poter inserire la tasse di soggiorno nelle città turistiche o d’arte.
Il Capo dello Stato ha comunicato in una lettera a Berlusconi che non sussistono le condizioni per procedere all’emanazione via decreto di un provvedimento così delicato, il testo presentato risulta quindi irricevibile.
Una bocciatura? Diciamo rimandato.
Il federalismo ovviamente non si blocca qui. Ma il Presidente della Repubblica ha prescritto l’osservanza dell’iter regolare, ora il governo dovrà presentare il testo alle varie Commissioni e poi al limite tradurlo in decreto.
Ma soprattutto, ha tutelato le prerogative del Parlamento di fronte all’assalto all’arma bianca del Governo.
Con il provvedimento che torna a impelagarsi nelle stanze di Montecitorio e Palazzo Madama, c’è il rischio di altre trappole. Il termine ultimo e perentorio per completare il federalismo è il 21 maggio.
C’è tempo, molto tempo.
Ci sarebbe tutto il tempo per fare un federalismo condiviso, apprezzabile e non una stretta fiscale come pare quello in esame.
Mentre Napolitano meditava sul da farsi, il Cavaliere ha esternato da Bruxelles:
L’Italia è una Repubblica giudiziaria, commissariata dalle Procure.
Infatti come Presidente del Consiglio c’è un magistrato, non un tale che non è pregiudicato solo grazie alle leggi ad personam.