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Tante novità, molti cambiamenti ma alcuni argomenti ci riportano direttamente al 2008. Parliamo di Alitalia, una questione che si sta ripresentando prepotentemente negli ultimi tempi, ancora una volta in piena campagna elettorale. Proprio lo scorso 6 gennaio, l’ex Premier Berlusconi è tornato sull’argomento affermando che “Su Alitalia rifarei la stessa scelta: il nostro paese non può non avere una compagnia di bandiera. Fosse caduta nelle mani di Air France, conosco bene i francesi, tanti turisti sarebbero finiti a visitare i castelli della Loira invece che la nostre città d’arte.” Ancora una volta infatti è proprio la compagnia aerea francese la possibile acquirente di Alitalia.
Ripercorriamo dunque, quello che successe nel 2008, alla vigilia del voto che avrebbe poi riportato il Centrodestra al governo del paese. Già due anni prima il Governo Prodi aveva deciso, a causa delle gravi perdite della compagnia, di cedere il 30,1% di Alitalia, gara che però fallì dopo otto mesi per il ritiro di tutti i concorrenti. Nel Dicembre 2007 si arriva finalmente a trovare un interlocutore affidabile, con cui iniziare una trattativa in esclusiva. Si tratta proprio di Air-France-KLM, la compagnia aerea franco-olandese con sede all’aeroporto Roissy-Charles De Gaulle, vicino Parigi, già partner di Alitalia in SkyTeam. Arriviamo al 15 Marzo 2008, data in cui Alitalia accetta l’offerta vincolante di Air France, offerta valida per il 100% delle azioni di Alitalia con un trasferimento di 160 azioni Alitalia per ogni azioneAir France-KLMe un’offerta di acquistosul 100% delle obbligazioni convertibili Alitalia. Il valore dell'offerta si aggira intorno agli 1.7 miliardi di euro, comprendenti la ricapitalizzazione di 1 miliardo, 138.5 milioni per l'acquisto delle azioni Alitalia e 608 milioni per leobbligazioni convertibili. Un onere complessivo di circa 3 miliardi di euro che la compagnia francese si impegnava a sostenere. Il tutto ad una serie di condizioni, tra cui l’accordo con i sindacati. Sul tramontare di Marzo la questione Alitalia diventa uno dei principali temi della campagna elettorale e, dopo uno spietato tira e molla, anche a seguito della pressione di Berlusconi che aveva negato il suo assenso a proseguire un eventuale accordo dopo le elezioni in caso di vittoria, Air France ritira la sua offerta.
Il consiglio dei Ministri, su richiesta di Berlusconi, approva nei giorni successivi un decreto legge che concede un prestito ad Alitalia di 300 milioni da restituire entro il 31 dicembre e il successivo Governo Berlusconi concederà il prestito ponte in patrimonio netto. Pochi giorni prima del voto Silvio Berlusconi aveva infatti espresso parole simili a quelle dello scorso 6 gennaio “Un paese turistico come l’Italia non può restare senza un vettore nazionale. Air France porterebbe i turisti a visitare le bellezze francesi”, promettendo una cordata tutta italiana per salvare la compagnia di bandiera del bel paese.Dopo un lunghissimo periodo per formare la cordata, guidata da Roberto Colaninno, e per le trattative con i sindacati, solo l’11 dicembre 2008 CAI (Compagnia Aerea Italiana) sottoscrive con AP Holding l’accordo per l'acquisto di Air One, EAS (European Avia Service) e Air One Technic che, dopo l’integrazione con gli asset che CAI rileverà da Alitalia, daranno vita alla nuova compagnia aerea di bandiera. Per lo stato il costo della vendita a CAI ammonta a 1700 milioni per la mancata vendita ad Air France, a cui vanno aggiunti 1200 milioni di debiti rimasti dopo la vendita di tutte le attività, più i 300 milioni del cosiddetto prestito-ponte.
Cosa sta accadendo oggi con la compagnia di bandiera italiana? Stanno per scadere in questi giorni i vincoli alla vendita delle azioni, che i soci italiani avevano per contratto. Come spiegò esaurientemente a suo tempo Roberto Colaninno “La continuità e la serietà dell'impegno degli azionisti italiani sono condensate nella clausola di lock-up: per 4 anni, fino al 12 gennaio 2013, nessun socio italiano potrà cedere le azioni all'esterno della compagine azionaria di Alitalia, né potrà cederle ad Air France-Klm. Al quinto anno - tra il 13 gennaio e il 28 ottobre 2013 - il trasferimento delle azioni a terzi sarà possibile, solo a condizione che gli altri soci italiani non abbiano esercitato il diritto di prelazione e che il trasferimento sia approvato dal cda di Alitalia”. I principali impreditori, salvatori di allora, sembrano orientati a vendere, a partire dai Benetton, dai Riva nei guai giudiziari con l’Ilva, a Caltagirone, anch’esso in guai giudiziari. Anche altri imprenditori come Tronchetti Provera e i Ligresti sembrerebbero intenzionati a cedere le loro quote. La cosa certa è che da sabato gli azionisti saranno liberi di vendere e già si parla di una nuova offerta di Air France-KLM, che fino ad ottobre vanterà una prelazione.
L’operazione “cordata italiana”, quattro anni dopo, non è servita a salvare la compagnia ed è gravata pesantemente sui contribuenti. I collegamenti con l’estero non sono aumentati, ma anzi sono stati pesantemente ridotti sul lungo raggio, dirottando spesso i passeggeri a Parigi per viaggi più lunghi. Malpensa, che doveva rappresentare la base del nord italia, è quasi completamente sguarnita. Con l’assorbimento di AirOne inoltre la compagnia ha acquisito un sostanziale monopolio sui viaggi nazionali, generando una delle tratte più costose d’Europa lungo l’asse Milano Linate-Roma. Anche gli esuberi a conti fatti sono stati quasi 9.000, contro i 2.120 più un migliaio di precari del piano originale Air France. I debiti, circa 4 miliardi di euro sono stati caricati sulle spalle dei contribuenti, con tanti ringraziamenti da Air France, che si ritrova oggi azionista forte di una compagnia svuotata dai debiti grazie allo Stato italiano, spendendo molto meno del previsto. Il patrimonio netto di Alitalia da 1,1 miliardi versati al tempo è sceso a 300 mln, cifra cui si vocifera potrebbe essere ceduta completamente ad Air France, a fronte della miliardaria offerta di quattro anni fa.
Oltre al danno economico, gravato pesantemente sullo Stato italiano e sui contribuenti, quel che è peggio è che stiamo già assistendo ad un nuovo sciacallaggio politico sulla questione per accaparrarsi voti in vista delle prossime elezioni, con promesse spesso inattuabili e controproducenti ma che generano consenso in una parte dell’elettorato, con una mascherata italianità costosa ma priva di capitali.
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