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Giovedì scorso, all'Università di Padova, Luciano Galliani ha tenuto la sua lectio magistralis in uscita verso la pensione o, come si dice - con un termine bruttissimo - nel linguaggio accademico, verso la quiescenza. Ero presente, certo, come presidente della SIREM (che lui ha contribuito a fondare e di cui è stato il primo Presidente), ma soprattutto come amico, come persona riconoscente per quello che in tanti anni ha rappresentato per me.
1. Avevo conosciuto Luciano esattamente venti anni fa, maggio 1994. Cesare Scurati mi aveva chiesto di sostituirlo a Mestre, in un seminario di formazione degli insegnanti organizzato proprio da Luciano. Arrivai a Mestre molto ben preparato: Galliani era per me già un riferimento. Conoscevo il suo L'educazione ai linguaggi audiovisivi (1988) ed ero un lettore interessato dei "Quaderni di comunicazione audiovisiva", una delle tante riviste che nella sua lunga carriera Luciano ha fondato e diretto. Andò bene. Cesare, che pure era avaro di complimenti, mi chiamò qualche giorno dopo per dirmi che Galliani lo aveva ringraziato: "Non mi hai mandato uno che stringe i bulloni..." (alludendo al fatto che non avevo ridotto la questione della tecnologia in classe a un fatto di tecnicalità). Cominciava così un rapporto di stima e di collaborazione che avrebbe segnato la mia carriera successiva. Luciano ne è stato - credo di poterlo dire senza paura - senza dubbio il principale fautore.
2. Scrive George Steiner ne La lezione dei maestri, il libro che raccoglie il testo delle sue Norton Lectures tenute nell'a.a. 2001-2002 ad Harvard: "Il vero insegnamento può essere un'impresa terribilmente pericolosa. Il maestro vivente prende nelle sue mani quello che è la parte più intima dei suoi studenti, la materia fragile e incendiaria delle loro possibilità (...). Insegnare senza grave apprensione, senza un'inquieta riverenza per i rischi connessi, è frivolezza (...). Insegnare con grandezza significa suscitare dubbi bell'allievo, allenare al dissenso. E' preparare il discepolo al distacco (...). Un maestro di valore, infine, dovrebbe essere solo". Ho rassicurato subito Luciano Galliani: il fatto che si fosse in tanti a recargli omaggio non lo doveva preoccupare, sulla sua grandezza non abbiamo dubbi. E, almeno per quanto mi riguarda, posso dire che in tanti anni che ci conosciamo, lui abbia allenato molto bene il dissenso, nel senso di Steiner, e cioè nel senso della libertà intellettuale e del confronto di idee. Non sono stato suo allievo, ma di sicuro per me lui è stato un maestro.
3. Nella sua lectio, Luciano ha voluto ricostruire quella che ha chiamato la sua "bio-bibliografia". Una storia di ricerca e di passione iniziata a metà degli anni '60, con Giuseppe Flores D'Arcais, cresciuta inizialmente attorno alla televisione e all'audiovisivo e poi allargatasi ai temi della comunicazione didattica, delle tecnologie educative, della valutazione, della formazione professionale, della didattica universitaria. Quel che colpisce in questa avventura intellettuale non è tanto il numero delle pubblicazioni, la vastità degli interessi, o la capacità generativa di un docente universitario vulcanico, dotato di uno straordinario intuito. No. Quel che colpisce è la capacità di giocare la partita contemporaneamente nell'università e nel mercato, nella ricerca e nell'impresa, facendo della professione un compito politico. E' questa credo la cifra vera di quel che l'uscita dal ruolo di Luciano Galliani lascia in eredità ai giovani ricercatori: un esempio di professionalità, un modo di fare il professore. Con tutti i suoi difetti certo. Con Laura Messina e Paolo Frignani ci siamo detti più volte che Luciano ha più volte messo a dura prova proprio chi come noi gli è sempre stato particolarmente vicino: allenatore del dissenso, anche in questo...
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