Questi fattori sono influenzati anche da come si percepiscono le persone in difficoltà: a seconda di chi ha bisogno di aiuto e del perché ne ha bisogno, si può desiderare di aiutare, o perché dall’aiuto prestato otteniamo delle ricompense, o perché si prova empatia per la persona in difficoltà. Le persone sono più portate ad aiutare chi percepiscono come simile a loro (gli amici, più che gli sconosciuti), ma anche chi pensano non sia responsabile del suo stato di bisogno, come dire: “Lo aiuto, perché non è colpa sua!”.
Aiutare qualcuno in difficoltà, può comportare dei benefici o ricompense, ma anche dei costi: tempo perduto, fatica, imbarazzo, denaro, disapprovazione sociale o pericolo fisico. Se tali costi appaiono eccessivi, anche se si riconosce la condizione di bisogno di una persona e ci sembra che questa meriti aiuto, questo non è dato. D’altra parte, però, l’altruismo offre numerose ricompense di tipo emotivo: fare del bene a qualcuno aiuta a sentirsi meglio, accresce la nostra autostima e ci mantiene di buon umore. Il modello del “sollievo dello stato d’animo negativo” sostiene, infatti, che le persone aiutano gli altri per alleviare i sentimenti di angoscia provocati in loro dalla sofferenza altrui. Il disagio personale motiva, dunque, l’aiuto: si aiutano cioè gli altri per non soffrire. Il modello dell’ “empatia-altruismo” sostiene, invece, che le persone aiutano gli altri perché provano sincera preoccupazione nei loro confronti, e quindi interesse empatico, e prestano aiuto, anche se potrebbero facilmente sottrarsi a tale situazione. In tal caso si presta aiuto, anche se non si ottengono ricompense.
E le persone che sono ricevono aiuto, come si sentono? Alcune volte esprimono gratitudine, soprattutto se l’aiuto ricevuto allevia sofferenze fisiche o stati di angoscia. Se, invece, si sentono in debito per ciò che hanno ricevuto, e non sono in grado di contraccambiare, allora possono reagire anche con l’avversione nei confronti di chi li ha aiutati.
L’altruismo nella società può essere accresciuto in diversi modi:
- rendendo chiari i bisogni (“Ti chiedo aiuto perché ho bisogno di... ”);
- promuovendo nelle persone un concetto di sé basato sulla disponibilità ad aiutare (“Aiuto perché sono una persona altruista, e non perché riceverò qualcosa in cambio”);
- favorendo l’identificazione e l’empatia con chi ha bisogno di aiuto (“Capisco quello che provi e ti aiuto”);
- insegnando le norme che promuovono il comportamento altruistico (ad esempio in famiglia e a scuola);
- mettendo a fuoco le responsabilità di ogni individuo per contrastare la diffusione di responsabilità (“Aiuto chi ha bisogno perché sono una persona altruista e responsabile, e non aspetto che lo facciano anche gli altri”).