Magazine Diario personale
Stamattina, come tanti altri sabati senza asilo e senza scuola, io e i miei due figli ci siamo alzati presto e siamo andati a fare colazione fuori. Invece della solita pasticceria siamo andati al panificio: pane caldo e succo di frutta per colazione e poi via a fare i consueti acquisti del week end: un amaca per il giardino, scarpe nuove per la stagione estiva e un pallone per giocare in cortile con gli altri bimbi del vicinato. L’umore però è diventato nero appena, rientrati a casa, ho iniziato a montare l’amaca. Non era una vera amaca (quella che si appende tra due alberi, anche perché il mio giardino non ha alberi in grado di ospitare questo tipo di seduta) era un’amaca tenuta da una struttura in ferro. Il montaggio non è mai stato il mio forte l’ho sempre saputo, non sono mai stata brava nemmeno con i mobili Ikea, figuriamoci con questi aggeggi cinesi low cost pieni di viti e bulloni. Volevo però cimentarmi lo stesso con questa attività, motivata anche dall’entusiasmo dei miei bambini che non vedevano l’ora di inaugurare il nuovo dondolo del giardino! Ma non avevo fatto i conti con la mia imbranataggine e con l’irritabilità che subentra quando mi rendo conto di non riuscire a fare qualcosa… senza l’aiuto maschile.
Io e il mio ex compagno avevamo dei compiti ben precisi in casa, io cucinavo e lui si dedicava a tutto ciò che necessitava di martelli/pinze/bulloni. Risultato ora che ci siamo separati: lui non riesce a cucinare nemmeno per il cane ed io mi rovino le giornate quando devo montare una stupida amaca!
La tensione stava crescendo e così ho deciso di comunicare il mio malumore ai miei figli, gli ho detto: “oggi mamma è nervosa sarà bene che collaboriate a rendere il clima più sereno perché altrimenti la nostra giornata potrebbe complicarsi”. E’ bastata questa condivisione, così semplice e naturale a cambiare l’atmosfera in casa. La mia figlia più grande mi si è seduta accanto e ha iniziato a collaborare nelle attività, mi passava i bulloni e mi suggeriva, guardando le istruzioni, ipotesi di assemblaggio. Il mio cucciolo di quattro anni invece, non potendo attivare la sua parte cognitiva ancora poca sviluppata per questo tipo di supporto, si è impegnato a ricercare complicità emotiva con me, mi accarezzava e mi diceva “sei bella mamma”. E allora anche io ho iniziato a percepire una nuova sensazione, fuori ma, soprattutto, dentro di me. Il mio corpo carico di tensioni ha iniziato a rilassarsi, sentivo le mani dei miei figli accarezzarmi dolcemente e i loro sorrisi pieni di gioia hanno riempito l’aria di serenità e buon umore. L’amaca quasi per magia si è montata da sola: un po’ di vicini sono arrivati in mio soccorso, il mio umore positivo mi ha consentito di racimolare più lucidità ingegneristica per il montaggio e la giornata è proseguita all’insegna del gioco e della rilassatezza.
Poi mi sono chiesta: cos’è che ha trasformato la mia giornata da negativa a positiva? Quale attività ha fattivamente contribuito a fare passare il mio malumore? Quasi a voler ricercare una buona pratica da applicare in altri momenti di difficoltà, ma non riuscivo a ricordarmi il dettaglio. Certo mi ricordavo della comprensione dei miei cuccioli, del loro affetto. Ma io cosa avevo fatto per generare questo cambio di rotta? E poi, dopo un po’, mi è venuto in mente: tutto è cambiato quando ho riconosciuto la mia rabbia, quando ho trasmesso il mio stato d’animo ai miei figli e, senza volerlo, gli ho chiesto aiuto, una richiesta che loro, esseri puri ed intuitivi come tutti i bambini del mondo, hanno colto al volo.
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