I sostenitori del “no” ai due referendum sull’acqua hanno le loro buone ragioni di carattere tecnico ed economico (le ha esposte ottimamente Massimo Mucchetti sul Corriere). Ma non tengono conto di un potente, anzi potentissimo movente politico e culturale che ha già messo le ali alla raccolta delle firme (un milione e mezzo, record assoluto) e, spero, porterà tutti e quattro i referendum oltre il fatidico quorum.
Il movente politico e culturale è questo: dopo anni di liberismo forsennato, e per giunta non sempre efficiente, sarebbe bello poter sottrarre almeno qualche ambito della vita collettiva e dei bisogni sociali alla legge del profitto. E sarebbe utile e giusto riuscire a farlo rilanciando e rinnovando quel concetto di “servizio pubblico” che, se ha il dovere in non scialare risorse, ha anche la libertà di non essere costretto a lucrare sulle proprie funzioni. L’acqua ha un valore simbolico, in questo senso, incoercibile, e la frase “dopo l’acqua, faranno quattrini anche sull’aria?”, per quanto semplicistica, esprime perfettamente uno stato d’animo comprensibile e condivisibile. Oltretutto, l’idea che il lavoro ben fatto debba necessariamente essere monopolio dei privati, e che “pubblico” sia sinonimo di sciatteria e inefficienza, è pregiudizialmente ideologica. E le ideologie, si sa, hanno fatto il loro tempo.
Andiamo al voto contro questa classe politica che invita al non-voto: politicanti incoerenti che non vogliono che la nazione si esprima su tematiche così di rilievo come l'ecologia, i beni comuni, le risorse naturali e l'eguaglianza di fronte alla legge. Andiamo a votare per un altro concetto di democrazia!!!