Introduzione
L'Oxford dictionary definisce la parola "ambush" come "A surprise attack by people lying in wait in a concealed position (Un attacco a sorpresa da parte di qualcuno che attende in una postazione nascosta)".[1] Da questa definizione si può vedere come l'espressione "ambush marketing", coniata negli anni '80 dal direttore del marketing di American Express Jerry Welsh,[2] risulti particolarmente efficace per descrivere una pratica di marketing sorta negli ultimi decenni del XX° secolo, in particolar modo legata ai grandi eventi sportivi come le Olimpiadi o i Mondiali di calcio. La pratica consiste nello sfruttare una manifestazione ad alta visibilità alla quale un'impresa associa il proprio nome senza essere ufficialmente affiliata: in questo modo essa sfrutta la pubblicità che deriva dall'evento, ma senza pagare alcuna somma.[3] Tale comportamento è stato oggetto di numerose critiche, specialmente da parte degli sponsor ufficiali delle manifestazioni, che invece pagano per vedere il proprio marchio associato all'evento, ed ha suscitato differenti risposte legislative da parte delle autorità.
Lo scopo di questo saggio è quello di offrire una breve panoramica della storia dell'ambush marketing negli eventi sportivi (capitolo 2), restringendo il campo dell'attenzione al recente passato (capitolo 3), analizzando i tre eventi sportivi più popolari degli ultimi 3 anni, ovvero le Olimpiadi estive del 2012, le Olimpiadi invernali del 2014 e i Mondiali di calcio del 2014, la legislazione prodotta per contrastare o per misurarsi con l'ambush marketing, e le soluzioni legali che sono state adottate per alcuni influenti casi di ambush marketing sorti durante queste competizioni. Il saggio si conclude riassumendo le principali considerazioni tratte dall'analisi dei casi descritti, riflettendo sulla funzione dell'ambush marketing nell'ambito legato alla pubblicità nei moderni eventi sportivi e sul compito che le autorità legislative sono chiamate a svolgere.
2. Una panoramica dell'ambush marketing sportivo nella storia
Il più grande evento sportivo della storia antica era costituito dalle Olimpiadi, che si svolsero ogni quattro anni in Grecia dal 776 a.C. (ma secondo alcuni archeologi vi sono prove che testimoniano che l'evento si tenesse già 200 anni prima) al 394 d.C., quando l'imperatore romano Teodosio, cristiano, le proibì in quanto manifestazione legata alla religione pagana. Non sappiamo con certezza se nell'antica Grecia gli organizzatori dei Giochi (le autorità della città di Elea) concedevano unicamente ad alcuni mercanti il permesso di vendere i propri prodotti nel corso dell'evento (come se fossero i progenitori dei moderni "sponsor ufficiali"), ma gli archeologi lo ritengono assai probabile.[4] È ragionevole supporre che pratiche che oggi verrebbero classificate come "ambush marketing" fossero già in uso a quel tempo, pur probabilmente in modi più rustici ed ingenui.
I grandi eventi sportivi non fiorirono per tutto il medioevo e sino al XIX° secolo. Con la creazione delle associazioni internazionali per gli sport più popolari verso la fine del XIX° secolo e l'inizio del XX°, si iniziarono ad organizzare nuovamente grandi manifestazioni con copertura mediatica su scala mondiale, ad esempio i Giochi olimpici nel loro nuovo format (1896), i Giochi olimpici invernali (1924) e il Campionato mondiale di calcio (1930). Eventi di tale portata attirarono sin da subito l'interesse delle aziende che cercavano di pubblicizzare i propri prodotti o servizi, ma le nozioni di sponsor ufficiale ed esclusività erano allora sconosciute al mondo del marketing per gli eventi sportivi, e di conseguenza la promozione era diluita e meno efficace per ogni azienda, ed anche il ritorno economico per l'ente organizzatore era inferiore. Questo sistema fu rivoluzionato per le Olimpiadi del 1984 a Los Angeles, e nella macchina olimpica furono introdotte le categorie di sponsor ufficiale, fornitore ufficiale e licenziatario ufficiale, migliorando la profittabilità dell'intera organizzazione ed anche l'impatto delle campagne pubblicitarie. Fu così che l'ambush marketing si (ri?)affacciò sul mondo dello sport, grazie alla sua natura che permette ai free rider di cavalcare l'onda della risonanza mediatica di una manifestazione senza incorrere nello svantaggio di pagare l'affiliazione.[5]
La prima famosa campagna di ambush marketing fu inscenata proprio durante le Olimpiadi di Los Angeles, quando Nike lanciò uno spot in cui figuravano alcuni atleti di spicco che avrebbero di lì a poco partecipato ai Giochi, con la celebre canzone I Love L.A. di Randy Newman come colonna sonora. Nike non era uno sponsor della manifestazione, quale era invece la rivale Converse, che per assicurarsi il diritto di essere "la scarpa ufficiale delle Olimpiadi 1984" aveva sborsato la bellezza di 4 milioni di dollari.[6] Conclusi i giochi, alcune ricerche dimostrarono che nella percezione del grande pubblico, Nike era lo sponsor ufficiale della manifestazione invece di Converse, cosa che chiaramente generò un discreto livello di frustrazione ai piani alti di quest'ultima. Ad ogni modo, non si poté intraprendere alcuna azione legale poiché gli atleti comparsi nello spot erano tutti sponsorizzati singolarmente da Nike, ed anche la canzone di Newman era stata usata in modo legale.
Un altro caso di ambush marketing finito al centro dell'attenzione fu quello organizzato sempre da Nike in occasione delle Olimpiadi del 1996 ad Atlanta. Reebok era uno degli sponsor ufficiali della manifestazione, ma l'azienda poté fregiarsi ben poco di questo diritto esclusivo, soprattutto quando venne messo in piedi un intero "Villaggio Olimpico Nike" proprio nel centro della città, a pochi isolati dal vero villaggio olimpico e da alcuni degli stadi più utilizzati.[7] La città fu riempita di cartelloni pubblicitari di Nike, e nel suo villaggio parallelo l'azienda accettò di ospitare sia gli atleti sia il pubblico, spesso garantendo un migliore sistema di trasporti e migliori servizi in generale rispetto a quelli offerti dalla città, da più parti definiti di pessima qualità. Tutto ciò portò alla percezione da parte del pubblico che fosse Nike lo sponsor ufficiale dei Giochi, e dalle successive edizioni delle Olimpiadi si mise in atto un più stretto sistema di contrasto di questo tipo di pubblicità concorrente.
Altre idee di ambush marketing degne di menzione includono quella di American Express per i Giochi olimpici invernali di Lillehammer nel 1994,[8] quella della compagnia aerea sudafricana Kulula per i Mondiali di calcio del 2010 in Sudafrica[9] e quella nuovamente di Nike per la Maratona di Boston del 2002.[10]
3. Legislazione sull'ambush marketing: 3 casi dalla storia recente
Dal suo concepimento, le azioni di ambush marketing sono cresciute esponenzialmente, portate avanti sia da aziende famose in tutto il mondo sia da piccole o medie imprese, a tal punto che gli organizzatori dei grandi eventi e le federazioni internazionali non solo sono pienamente consapevoli dell'esistenza di queste pratiche, ma si aspettano addirittura che avvengano,[11] ed hanno dunque cercato di definire meglio i contratti e le limitazioni assieme agli sponsor ufficiali, e di spingere le autorità nazionali ad emanare leggi più severe ed onnicomprensive. Dal canto loro, gli ambush marketer trovano sempre nuove ed innovative idee per eluderle e in gran parte vi riescono, col risultato che nella letteratura accademica le pratiche di ambush marketing sono state analizzate e suddivise in varie categorie, tra cui quelle di ambush marketing diretto, indiretto ed accidentale (e svariate sottocategorie per ognuna di esse), per quanto possano essere sottili i confini fra l'una e l'altra. Questo capitolo considera tre dei maggiori eventi sportivi degli ultimi anni, ovvero le Olimpiadi del 2012 a Londra, le Olimpiadi invernali del 2014 a Soči e il Campionato mondiale di calcio del 2014 in Brasile, analizzando le protezioni legislative adottate per contrastare l'ambush marketing, e le attività di marketing più dibattute che le hanno sfidate.
3.1 Giochi olimpici di Londra 2012
I provvedimenti messi in atto per le Olimpiadi di Londra del 2012 sono stati descritti all'epoca come "le restrizioni più severe mai adottate per proteggere i marchi degli sponsor e i diritti di trasmissione" ad una manifestazione olimpica.[12] I due principali provvedimenti emanati in vista dell'evento sono stati il London Olympic Games and Paralympic Games Act 2006 (da qui in poi indicato come "l'Atto") e il London Olympic Games and Paralympic Games (Advertising and Trading) (England) Regulations 2011 ("i Regolamenti"), entrambi validi fino alla fine dell'anno in cui si è svolta la manifestazione.
Le implicazioni più importanti dell'Atto in relazione alle attività pubblicitarie e di marketing sono l'introduzione del "diritto di associazione alle Olimpiadi di Londra" (LOAR) e l'emendamento al "diritto di associazione alle Olimpiadi" (OAR), che era stato istituito nel 1995.[13] Lo scopo del LOAR era quello di impedire ogni associazione non autorizzata con i Giochi olimpici o paralimpici nelle comunicazioni e nelle campagne di marketing da parte di soggetti non direttamente affiliati con gli organizzatori dei Giochi, ovvero ogni campagna di ambush marketing che collegasse un ente con la manifestazione.[14] In particolare, secondo quanto specificato dall'Atto, per determinare se tale azione illecita fosse stata effettivamente compiuta, si doveva tener conto dell'uso nell'attività di marketing incriminata di una delle parole incluse nella lista: "games", "two thousand and twelve", "2012", "twenty twelve"; e/o l'uso di due parole da un'ulteriore lista: "gold", "silver", "bronze", "London", "medals", "sponsor" e "summer".[15] L'OAR, come emendato dall'Atto, proibiva a parti terze l'uso nel corso del commercio di simboli e parole incluse in una specifica lista senza l'autorizzazione del Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra (LOCOG), dell'Associazione Olimpica Britannica (BOA), o dell'Associazione Paralimpica Britannica (BPL).[16] In aggiunta a queste disposizioni, i Regolamenti proibivano qualsiasi tipo di pubblicità in qualsiasi forma da parte di soggetti non autorizzati nelle cosiddette "zone dell'evento", accuratamente identificate nel documento.[17]
Chiaramente queste precauzioni non hanno impedito alle aziende di organizzare e mettere in atto campagne di ambush marketing. Due fra le più dibattute e al limite della legalità sono state quelle create da Nike (che sorpresa) e dalla società di scommesse irlandese PaddyPower. Nike ha creato una campagna chiamata "Find Your Greatness", che consisteva in una serie di video ed immagini raffiguranti "atleti quotidiani che cercano di eccellere secondo le loro possibilità, di stabilire e centrare obiettivi personali e di raggiungere il loro memorabile momento di grandezza".[18] Nulla di male in tutto ciò, se non fosse che i video (come costantemente visibile in ognuno di essi) sono ambientati a London in Sudafrica, a London in Canada, alla London School in Qatar, e a London Bridge in Arizona. Questo, unito al messaggio convogliato dai video (raggiungere l'eccellenza atletica, che, come osservato da alcuni commentatori, assomiglia molto al messaggio che aspirano a dare le Olimpiadi), genera una combinazione ad alto rischio legale. Secondo alcuni esperti la campagna viola il LOAR, perché i continui riferimenti a "London" e la contemporanea raffigurazione di atleti che si esercitano in discipline olimpiche poteva facilmente indurre gli spettatori a ritenere che Nike fosse associata ai Giochi. Nonostante ciò, il LOCOG ha deciso di non agire contro Nike, spiegando che la campagna non menzionava direttamente la London capitale del Regno Unito, e dunque non creava un'associazione con i Giochi olimpici che si tenevano in quella città.[19]
PaddyPower, altra azienda nota per le sue comunicazioni pubblicitarie creative e spesso equivoche, ha invece appeso in alcuni dei luoghi più affollati di Londra una serie di cartelloni che annunciavano che la società era "Official sponsor of the largest athletics event in London this year! There you go, we said it (ahem, London France that is)".[20] L'evento atletico menzionato chiaramente non erano i Giochi olimpici, dato che PaddyPower non ne era sponsor, bensì una gara di corsa cul cucchiaio tenutasi nel paesello di London in Francia, che peraltro si è corsa il 1° agosto, in pieno periodo olimpico. Il LOCOG ordina immediatamente di togliere i cartelloni, ma PaddyPower minaccia di portare la questione in tribunale e dunque il comitato desiste.[21] Alcuni opinionisti hanno notato che la campagna in realtà non infrangeva alcuna regola, dato che nella pubblicità si chiariva esplicitamente che l'azienda non si riferiva alla Londra del Regno Unito, e l'evento pubblicizzato non aveva niente a che vedere con le Olimpiadi e perciò non andava contro il LOAR. Pertanto, il LOCOG non aveva alcun diritto di far rimuovere i cartelloni.[22]
3.2 Giochi olimpici invernali di Soči 2014
Le Olimpiadi invernali di Soči 2014, organizzate dal presidente Putin per celebrare la grandezza sua e del suo Stato, sono state le più costose della storia, con una spesa per le strutture olimpiche stimata in 6,7 miliardi di dollari,[23] il triplo di quanto speso per quelle di Salt Lake City nel 2002. Tutto questo sfarzo ha trovato corrispondenza nella legislazione predisposta in vista dell'evento? A giudicare dal titolo magniloquente della legge principale promulgata si potrebbe dire di sì: la Legge Federale "On the Organisation and Holding of the ХХII Olympic Winter Games and the XI Paralympic Winter Games 2014 in Sochi CITY, the Development of Sochi CITY as a Mountain Climate Resort and the Amendment of Certain Legislative Acts of the Russian Federation" (da qui in poi indicata come "la Legge Federale") è stata emanata nel 2007, pochi mesi dopo l'assegnazione dell'organizzazione dell'evento alla città, e i suoi effetti sono rimasti validi fino alla fine del 2014.
I principali provvedimenti anti-ambush marketing stabiliti dalla Legge Federale sono stati il divieto di ogni attività pubblicitaria durante la manifestazione da parte di soggetti non autorizzati entro un raggio di 1.000 metri dalle sedi delle gare olimpiche (inclusi lo spazio aereo e il sottosuolo); il divieto per atleti ed altri partecipanti (allenatori, giudici di gara etc.) di indossare indumenti recanti il marchio di aziende non autorizzate; il divieto di ogni attività pubblicitaria che potesse creare un'associazione tra un soggetto non autorizzato e i Giochi; il divieto per le aziende non autorizzate di fare pubblicità contenenti i simboli olimpici e paralimpici (di cui la Legge Federale fornisce una lista), i loghi, il motto, gli inni etc. se tale uso potesse creare l'impressione che l'azienda fosse associata ai Giochi.[24]
Due casi interessanti di ambush marketing sono avvenuti prima e durante i Giochi, con protagoniste le società Zippo e Subway. Nel caso di Zippo, la fiamma olimpica si è spenta passando per il Cremlino nell'ottobre 2013, ed è stata riaccesa usando un accendino Zippo. La società, che non era sponsor ufficiale della manifestazione, ha subito postato alcune immagini ed un video di quel momento curioso, lanciando una campagna sui propri social media con l'hashtag #ZippoSavesOlympics. Il nome della campagna conteneva un riferimento diretto alle Olimpiadi (il nome stesso dell'evento, che era incluso nella lista delle parole inutilizzabili fornita dalla Legge Federale) in un contesto commerciale, quindi Zippo stava effettivamente violando le leggi sull'attività pubblicitaria alle Olimpiadi, ancorché in modo leggero e spiritoso e non certo con una trovata di marketing sottile ed ambigua. Il comitato organizzatore dei Giochi ha chiesto a Zippo di fermare la campagna e rimuovere tutti i post incriminati dai suoi social media, cosa che l'azienda ha prontamente fatto riconoscendo di essere in torto.[25]
Una campagna di ambush marketing particolarmente efficace è stata messa in atto da Subway. Poche settimane prima dell'inizio dei Giochi, la società ha lanciato uno spot per le televisioni americane pubblicizzando una nuova promozione sui propri panini che venivano ora venduti al modico prezzo di 5 dollari (il nome della campagna era "JanuANY" perché riguardava tutti i panini ed iniziava nel mese di gennaio). Nella pubblicità comparivano svariate immagini di panini ed altri personaggi, ma poi anche l'ex pattinatore olimpico di short track Apolo Ohno, la snowboarder olimpica Torah Bright ed altre immagini di snowboarder e pattinatori su ghiaccio. La campagna non faceva riferimento esplicito alle Olimpiadi di Soči e non menzionava alcuna delle parole proibite e dunque non poteva essere soggetta a sanzioni o divieti, ma chiaramente, a poche settimane dall'inizio dei giochi, chiunque guardasse lo spot non poteva che pensare subito all'imminente evento in Russia, e difatti alla fine dei Giochi Subway era percepito come uno dei principali sponsor della manifestazione, secondo alcune ricerche.[26]
3.3 Campionato mondiale di calcio in Brasile 2014
Il campionato mondiale di calcio del 2014 (che, vale la pena di sottolineare, è organizzato dalla Fédération Internationale de Football Association, un'associazione privata, e non da un comitato pubblico ad hoc come nel caso delle Olimpiadi) è stato uno dei più attesi nella storia del calcio perché si teneva in Brasile, il Paese dove il calcio è praticato dal più alto numero di persone, la cui nazionale è la più vincente nella storia del calcio mondiale, e dove lo sport è (spesso letteralmente) una questione di vita o di morte. A dispetto del tragico risultato della nazionale locale, che è stata annichilita nelle semifinali dalla Germania con un punteggio record di 1-7, la manifestazione ha generato uno straordinario profitto stimato in 2 miliardi di dollari per la FIFA e un ricavo di 11 miliardi per il Brasile.[27] Vediamo se la FIFA e il Paese ospitante hanno avuto lo stesso successo nel prevenire le trovate di ambush marketing.
Un po' come accade per le Olimpiadi, la FIFA richiede ai Paesi ospitanti dei Mondiali di calcio di elaborare un'adeguata legislazione per combattere le attività illecite di marketing e proteggere i suoi munifici sponsor ufficiali. Lo Stato ha approvato nel 2012 una legge, indicata come "lei 12.663/12" o "Lei geral da Copa" (da qui in poi indicata come "la Lei"), valida fino al 31 dicembre 2014, che distingueva due tipologie del fenomeno: l'ambush marketing per associazione, in cui una società non affiliata trae vantaggio dall'evento creando indebitamente un'associazione con esso tramite una campagna di marketing; e l'ambush marketing per intrusione, in cui una società non affiliata vende prodotti o servizi o effettua qualsiasi altra attività di marketing nelle zone dell'evento. Entrambi i tipi venivano dichiarati illegali, e le pene per i violatori potevano andare dalla semplice multa fino alla reclusione dai 3 ai 12 mesi.[28] La Lei stabiliva anche che le "zone dell'evento" (dove era proibita qualsiasi pubblicità non autorizzata) dovevano essere designate da ogni municipalità delle varie città sede della competizione, in ottemperanza ai parametri indicati dalla FIFA o da terze parti ad essa affiliate, ma in ogni caso non potevano eccedere il raggio di 2 kilometri dagli stadi.[29] Inoltre, la Lei determinava che una serie di marchi, loghi, immagini et similia sui quali la FIFA aveva dei diritti (inclusi l'emblema ufficiale dei Mondiali, la mascotte, il logo della FIFA ed altri simboli ufficiali, così come espressioni quali "FIFA", "World Cup 2014" etc.) potessero essere registrati su richiesta della FIFA all'Ufficio Brevetti e Marchi Brasiliano, e come tali godere della protezione sotto le leggi dello Stato, impedendone quindi l'utilizzo da parte di qualsiasi altro soggetto senza il permesso della FIFA.[30] Questa disposizione ha creato qualche controversia, dato che la FIFA ha registrato svariati marchi considerati da qualcuno "privi di qualsiasi elemento descrittivo o caratterizzante".[31]
Gli sforzi per prevenire l'ambush marketing sono stati generalmente considerati riusciti, e secondo sia le fonti ufficiali sia esperti esterni, gli sponsor ufficiali dei Campionati mondiali sono stati protetti in maniera adeguata dalle insidie dei free rider.[32] Ciononostante, un'azienda è riuscita a fare una campagna pubblicitaria particolarmente efficace legata ai Mondiali senza comparire nella lista degli sponsor ufficiali: Beats by Dr. Dre, un marchio di cuffie posseduto da Apple. La sua popolare campagna di marketing (20 milioni di visualizzazioni su YouTube durante i Mondiali e innumerevoli richiami su giornali e siti Internet), lanciata a pochi giorni dall'inizio della competizione e chiamata "The Game Before the Game", vedeva coinvolti la superstar del calcio brasiliano Neymar ed altri campioni dei Mondiali come Mario Götze, Cesc Fàbregas e Robin Van Persie, mostrando al mondo come questi calciatori si preparano prima delle partite ascoltando la loro musica preferita con le cuffie di Beats, assieme a una serie di immagini filmate nelle favelas brasiliane. L'insinuazione era lampante, dato che il video è stato lanciato pochi giorni prima dei Mondiali e vedeva protagonisti alcuni giocatori dei Mondiali e un'ambientazione brasiliana, ma non menzionava in alcun modo il Campionato mondiale, la FIFA o altri marchi protetti o parole proibite. Per questa ragione, le autorità brasiliane e la FIFA non hanno potuto prendere alcun provvedimento contro questa pubblicità, e Sony, lo sponsor ufficiale nonché rivale di Beats, ha dovuto mangiare la polvere. A peggiorare le cose, nel tentativo di ribaltare la situazione sfavorevole, Sony ha pensato di distribuire un paio gratuito di cuffie a tutti i giocatori dei Mondiali, ma alcuni dei giocatori di spicco come Mario Balotelli e Mario Suárez hanno rifiutato di indossarle, continuando ad utilizzare quelle di Beats, cosa che ha portato ulteriore pubblicità all'azienda.[33]
Conclusioni
L'ambush marketing è per le aziende che non sono associate ad un evento sportivo un'opportunità irresistibile di richiamare su di sé l'attenzione del pubblico su scala mondiale senza dover pagare le costose quote di affiliazione che gli sponsor ufficiali devono profondere. Numerose ricerche hanno dimostrato che gli ambusher spesso finiscono per attrarre più attenzione degli sponsor ufficiali, soprattutto se le loro campagne pubblicitarie sono abbastanza creative (si pensi a quella di PaddyPower citata in precedenza). Per questo è importantissimo cercare di proteggere il più possibile quegli sponsor che sono disposti a pagare per avere l'etichetta di "ufficiale": è principalmente grazie a loro che i grandi eventi sportivi possono essere organizzati; senza le loro risorse, i comitati olimpici e le federazioni private non potrebbero disporre delle finanze necessarie a mettere in piedi questi spettacoli e si troverebbero costrette a ridimensionarli. Se le aziende sanno che senza pagare possono ricevere la stessa attenzione che avrebbero pagando, la loro volontà di contribuire alla manifestazione diminuisce senza dubbio, con conseguenze catastrofiche.
È per questo motivo che i provvedimenti contro l'ambush marketing come quelli adottati in Brasile rivestono un'importanza cruciale per la sopravvivenza di queste competizioni, e gli enti organizzatori devono perciò continuare a lavorare in cooperazione con i governi dei Paesi ospitanti per fare in modo che in vista di tali eventi sia emanata una legislazione sempre efficace ed aggiornata. I provvedimenti messi in atto per le tre manifestazioni considerate in questo saggio sono stati giudicati saldi, severi ed efficaci, il che rappresenta un segnale positivo per quelle aziende che sono disposte a diventare sponsor ufficiali: i loro diritti e i loro investimenti saranno per quanto possibile protetti. Nonostante ciò, la creatività delle aziende sembra inesauribile e probabilmente campagne di ambush marketing lecite saranno sempre organizzate, cosa questa di cui tutte le parti coinvolte sembrano perfettamente consapevoli. Gli sponsor ufficiali possono allora cercare di competere con questi free rider elaborando campagne di marketing efficaci e d'impatto simili a quelle create dagli ambusher, sfruttando il vantaggio di poter fare pubblicità anche nelle "zone dell'evento" e di poter usare le "parole proibite" e i marchi.
Visto sotto questa luce, l'ambush marketing è forse un occasione per arricchire la competizione tra le aziende e per sfidarne costantemente la creatività. Una legislazione precisa è comunque necessaria per stabilire i confini che le aziende non dovrebbero oltrepassare quando progettano le proprie attività pubblicitarie, a patto che non diventi talmente stringente da impedire qualsiasi tipo di competizione con gli sponsor ufficiali.
Bibliografia e sitografia
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- Ambush marketing: lessons from the World Cup, www.worldipreview.com, 22 settembre 2014
- Chadwick and N. Burton, Ambushed!, www.wsj.com, 25 gennaio 2010
- Farhi, Did the Winter Olympics in Sochi really cost $50 billion? A closer look at that figure., www.washingtonpost.com, 10 febbraio 2014
- Federal Law On the Organisation and Holding of the ХХII Olympic Winter Games and the XI Paralympic Winter Games 2014 in Sochi CITY, the Development of Sochi CITY as a Mountain Climate Resort and the Amendment of Certain Legislative Acts of the Russian Federation, www.sc-os.ru
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- Howley and R. Soudbakhsh, Sochi 2014: An analysis of ambush marketing, www.squiresanders.com
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- oxforddictionaries.com
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- B. Özeke, "Ambush Marketing": A Marketing Practice That Catches Legislators Off Guard, www.mondaq.com
- Sochi Olympics Marketing Race: Subway Leads Ambush Marketers, Samsung and P&G Lead Top Sponsors, www.languagemonitor.com
- Sweney, London 2012: Paddy Power wins poster campaign battle, www.theguardian.com, 25 luglio 2012
- What is ambush marketing?, www.marketing-schools.org
[1] www.oxforddictionaries.com, ambush
[8] Visa era lo sponsor ufficiale, ed American Express fece circolare uno spot che informava gli spettatori che " Gli Americani non hanno un bisogno del visa (=visto) per andare in Norvegia ", in risposta ad una lunga battaglia tra i due marchi di carte di credito.
[10] Adidas era lo sponsor ufficiale dell'evento, ma Nike mise in piedi un sistema di swoosh (il logo dell'azienda) fatte con lo spray al termine del tracciato, per celebrare non direttamente la gara stessa ma il giorno in cui la gara si teneva, in modo tale che la trovata fosse perfettamente legale ma allo stesso tempo diffusa su tutti i media che trasmettevano la corsa.
[11] "I Tornei sono eventi sportivi di tale portata che inevitabilmente alcune aziende cercano di impegnarsi in determinate attività che puntano a sfruttare le opportunità di marketing che sorgono in relazione ad essi." - Information letter on marketing activities, resources.fifa.com
[13] "Il diritto di associazione alle Olimpiadi conferirà diritti esclusivi legati all'uso del simbolo olimpico, del motto olimpico e delle parole protette." - Olympic Symbol etc. (Protection) Act 1995 section 2 (1)
[14] "Una persona infrange il diritto di associazione alle Olimpiadi di Londra se nel corso del commercio utilizza, legata a prodotti o servizi, qualsiasi rappresentazione (in qualsiasi forma) che possa indurre il pubblico a credere che esista un'associazione tra le Olimpiadi di Londra e-
(a) prodotti o servizi, oppure
(b) una persona che fornisce prodotti o servizi." - 2006 Act, Schedule 4, section 2 (1)
[15] 2006 Act, Schedule 4, section 3
[16] "* il simbolo olimpico (i cinque cerchi intrecciati);
- il motto olimpico ("Citius Altius Fortius"/"Faster Higher Stronger");
- le parole: "Olympic(s)", "Olympiad(s)", "Olympian(s)" (o qualsiasi parola simile ad esse o una loro traduzione);
- il simbolo paralimpico (i tre "agitos");
- il motto paralimpico ("Spirit in Motion"); e
- le parole: "Paralympic(s)", "Paralympiad(s)", "Para lympian(s)" (o qualsiasi parola simile ad esse o una loro traduzione)." - London 2012: An analysis of LOCOG's approach to ambush marketing, O. Howley and A. Purssell, www.squiresanders.com
[17] The London Olympic Games and Paralympic Games (Advertising and Trading) (England) Regulations 2011, Schedule 1
[20] "Sponsor ufficiale del più grande evento atletico a Londra quest'anno! Ecco, l'abbiamo detto (ehm, Londra in Francia ovviamente)"
[24] Federal Law On the Organisation and Holding of the ХХII Olympic Winter Games and the XI Paralympic Winter Games 2014 in Sochi CITY, the Development of Sochi CITY as a Mountain Climate Resort and the Amendment of Certain Legislative Acts of the Russian Federation, Chapter 2, Articles 6 and 7.
[28] Lei geral da Copa, art. 32 and 33
[29] Lei geral da Copa, art. 11
[30] Lei geral da Copa, artt. 5-7