L’ammolafuorfece meglio conosciuto, forse, come Arrotino passava per le strade, alla ricerca di clienti, alcune volte spingendo un curioso carrettino a una sola ruota, altre mettendoselo in spalla. La mola era nella parte anteriore, sempre inumidita dall’acqua sgocciolante da un catino di ferro, opportunamente forato, per facilitare l’effetto abrasivo, ciò nonostante scintille venivano sprigionate dal contatto fra la mola ed il metallo delle lame.
Si annunciava gridando: «Ammola fuorfece e curticelle!!!», forbici e coltelli. I ragazzi erano attratti dalla sua arte che consisteva nel rifare il filo a forbici e coltelli di ogni grandezza e per ogni uso, affilava anche rasoi e tutto ciò che avesse bisogno di una lama tagliente.
Il Cortese usa la parola “ammolafuorfece” nel senso di maldicente; probabilmente faceva riferimento alla quantità di notizie che l’ambulante raccoglieva nel suo continuo vagare, e che talvolta riferiva ai suo clienti o agli astanti che si fermavano per vederlo all’opera.
L’arrotino che lavorava a bottega era invece detto “ammulatore” (brontolone in senso figurato). Qualche raro veicolo a una ruota è in mostra – come un cimelio ma funzionante – in negozi che vendono arnesi di punta e taglio. Come tanti antichi mestieri è andato via via sparendo. Intorno agli anni del dopoguerra non era inusuale vederlo girare in bicicletta, con la pietra per arrotare collegata ai pedali. Oggi, invece, i pochissimi rimasti si sono “motorizzati” e girano per le strade accompagnati dall’inconfondibile megafono che amplifica una cantilena sempre uguale: «Donne! Signore! È arrivato l’arrotino…!».