Vi è mai capitato di entrare in sala senza alcuna aspettativa, anzi con un vero e proprio punto di domanda tatuato in fronte, con la sensazione che stiate per affrontare una pellicola che non è propriamente un capolavoro e iniziate a provare un assurdo senso di responsabilità non si sa bene verso chi o cosa? Ecco quel latente timore, quell’inquietudine, mi ha accompagnata alla proiezione del film “L’amore imperfetto”, complice una sinossi che non rende giustizia all’opera.
Perché mirare solo ad un pubblico per lo più di donne intraprendenti, a loro modo forti nella fragilità e soprattutto disilluse dai troppi sogni infranti? Non sarebbe stato meglio incuriosire spettatori diversi per genere ed esperienze? Fatto sta che per un attimo ho creduto d’imbattermi nella versione nobile di una storia sdolcinata, trasposizione su grande schermo di un simil-Harmony, ma per fortuna quella piccola scritta “con il sostegno di” ha avuto la meglio e mi ha convinta ad accettare il rischio di ritrovarmi due ore dopo alle prese con una stroncatura ironico-piccata.
Elena è come molte di noi qui fuori, non vive nell’agio sfrenato, ma a fine mese ci arriva concedendosi pure qualche lusso, è bella con la sua fisicità molto particolare ed è così fortunata da poter avere amiche su cui contare. Un giorno, durante una commissione, si ritrova con uno sconosciuto a soccorrere la giovane Adriana e in un attimo, proprio come spesso accade a tutti noi senza che neppure ne abbiamo coscienza, la sua vita cambia. Adriana entra a gamba tesa nella sua quotidianità, la destabilizza, fa emergere in lei una curiosità che non sapeva di avere. Complice l’irruenza tipica della gioventù, Elena dovrà fronteggiare (o forse, semplicemente, lasciare esprimere) un lato trasgressivo ed estremamente vivo che risiede dentro lei e… sarà solo l’inizio!
L’inizio di una presa di coscienza a lungo negata, l’inizio di un nuovo capitolo della propria esistenza, l’inizio di una storia d’amore, l’inizio della propria vita adulta accettando quel che viene e quel che è capitato in passato. Il tutto narrato stuzzicando lo spettatore (ma mai scivolando nel volgare), con immagini e fotografia attente, e pure con un pizzico di suspense. Equilibrato racconto della umana vulnerabilità, degli errori comuni, della voglia di ricominciare a vivere che spesso con futili scuse neghiamo a noi stessi.
Voto:6. Qualcosa manca, ma l’idea è buona, il racconto è leggero e mai lagnoso o strillato e che tutti noi abbiamo bisogno di riscoprire la semplicità dei sentimenti è dannatamente vero. Di nuovo la vocina aveva ragione, dare fiducia alla piccola ma efficace scritta “con il sostegno di Apulia Film Commission” ha dato i sui frutti