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Delia vive lontano da Napoli da tempo, ma deve tornarci per l'improvvisa morte della madre, morte che è anche un po' misteriosa, ufficialmente si sarebbe suicidata solo che non tutto risulta chiaro.
La permanenza a Napoli, nei luoghi dove ha vissuto l'infanzia in una famiglia piuttosto tormentata, sarà occasione per indagare sugli ultimi anni di vita della madre (una donna particolarmente esuberante) e molto su sé stessa, una sorta di autoanalisi sui fatti che ora, col senno di poi, è chiaro che hanno condizionato pesantemente la sua esistenza e la sua indole.
Detta così la storia, tratta rigorosamente dall'omonimo romanzo della scrittrice napoletana Elena Ferrante al suo esordio con quest'opera, sa di logoro ed abusato tema e non è certo questo il pezzo forte del film. Dove invece si fa apprezzare tantissimo è nella forza espressiva di scene ed immagini, a cui occorre aggiungere la splendida interpretazione dell'attrice protagonista, Anna Bonaiuto.
Macchina da presa spesso addosso ai protagonisti, in ambienti dai contorni ben definiti, rare le riprese ad ampio spettro anche negli esterni, sia nel tempo reale a colori che nei flashback in un "quasi b/n".
Le radici teatrali di Martone e della Bonaiuto emergono nei loro aspetti migliori, e per Martone anche in qualche piccolo neo da criticare che, per evadere subito la pratica, stanno tutti in alcuni rallentamenti che se a teatro servono a tirare il fiato in un film risultano noiosi. Ma è proprio un voler fare le pulci ad un ottimo regista e film, per carità! Il ritratto che ne viene fuori di Napoli, a pezzi come un polittico disaggregato, proprio come le scenografie teatrali che staccano di netto tra una scena e un'altra, è originale, particolare e, parola di chi conosce un po' la città, duro quanto rispettoso. Bello, m'è piaciuto moltissimo e poi la Bonaiuto, 20anni di teatro prima di fare Cinema (mica come certe sgallettate ora in voga, e mi risparmio i nomi), che attrice! Cura dell'espressione e di ogni movimento del corpo, cosa particolarmente importante in un ruolo come il suo, frutto di sudato lavoro e passione per il mestiere stesso.
Un finale strano, quasi un non-finale, non per colpa di Martone, è la trama ad essere così e lascia un appetito insaziato, scelta della Ferrante che non discuto anche perché non ho letto il libro, certo poco cinematografico.
Tra i film (e registi) italiani di cui andare orgogliosi. Con questo film e con "Morte di un matematico napoletano" ho fatto una breve retrospettiva su Martone, in attesa di vedere la sua ultima opera "Noi Credevamo" dedicata al Risorgimento, verso la quale nutro grandi aspettative.
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