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L’amore per la precisione

Creato il 03 gennaio 2013 da Malvino
L’amore per la precisione mi obbliga a tornare sulla sentenza con la quale la Sezione lavoro e previdenza della Corte di appello di Roma ha condannato Marco Pannella a risarcire con 250.000 euro la signora Giuseppina Torrielli. Ne ho già parlato il 31 dicembre: «Per farsi un’idea sulla vicenda – ho scritto – c’è solo quanto sta nella sentenza [perché] Marco Pannella tace, tace il suo cerchio magico [e] tace pure Radio Radicale». Poche ore dopo, invece, leggevo su la Repubblica una dichiarazione del legale del soccombente, che penso valga la pena di prendere in considerazione: «Non abbiamo ceduto alla minaccia di diffondere questa notizia…». Di qui il bisogno di riaffrontare ancora la faccenda, stavolta dando ascolto allaltra campana, che però – dico subito – a me pare suoni fessa.La diffusione della notizia, dunque, era una «minaccia»? Se sì, perché? Non riesco a trovare altra spiegazione: le accuse mosse dalla Torrielli, che poi il tribunale ha ritenuto fossero fondate, erano molto imbarazzanti. Ma lo erano in assoluto? Voglio dire: erano ritenute causa di imbarazzo per Marco Pannella solo da chi lo «minacciava» di renderle pubbliche o erano oggettivamente imbarazzanti? Per dare una risposta basta un giretto nei forum radicali, nei quali anche sulla più futile delle questioni si può arrivare allo scambio di coltellate (ovviamente nonviolente), ma una sola cosa trova sempre tutti uniti, ed è la devozione a Marco Pannella, che non di rado assume i caratteri inquietanti del culto della personalità. Bene, stavolta il disagio era evidente anche in chi cercava di minimizzare, sebbene con opinabile efficacia.Cito a casaccio. «Sarebbe una gran brutta storia per chiunque, ma per uno che fa il martire della legalità e poi abitualmente paga i collaboratori in nero è devastante». «Una cosa è il rispetto delle leggi costituzionali da parte delle istituzioni, un’altra la condotta dei privati cittadini. Siamo liberali o poliziotti?». «Giuseppina è stata la più stretta collaboratrice di Marco e del primo gruppo radicale per molti anni. Non è l’unica ad essere stata pagata in nero, e non è l’unica ad avere fatto causa ed aver vinto. La novità è che la causa l’ha fatta direttamente a Pannella, vincendo». «Non ingigantiamo un problema di disorganizzazione amministrativa. Immagino sarà rimborsata a rate e pace». «Nulla va ingigantito, ma qualcosa mi fa pensare che se si fosse parlato della segretaria di altri leader sarebbero fioccati appelli per il ricorso ad Amnesty International». «È come quello che viene multato dal vigile e a scusante addita altri che fanno la stessa infrazione. Cominci lui a rispettare il codice della strada». «Questa è una sentenza ad orologeria». «Evitiamo di fare i perseguitati. Se ha sbagliato, ha sbagliato e stop». «A me sembrerebbe importante che una risposta ufficiale arrivi dal Partito o da Marco»...Tornando alla domanda che abbiamo lasciato in sospeso: se la «minaccia» posta nella diffusione della notizia era nell’imbarazzo che ne sarebbe derivato per il movimento radicale, il calcolo di chi «minacciava» era esatto o errato? Direi fosse esatto. Come interpretare, dunque, la dichiarazione del legale di Marco Pannella? Citiamola per intero: «Non abbiamo ceduto alla minaccia di diffondere questa notizia. Stavamo cercando una soluzione transattiva che mettesse d’accordo tutti. A questo punto, però, loro faranno l’esecuzione della sentenza, noi aspettiamo l’esito del ricorso che abbiamo presentato in Cassazione».Ovviamente la Cassazione non giudica sul fatto ma sul diritto, e il fatto è quello che è stato accertato in Corte d’appello: la Torrielli ha lavorato per 12 anni, 10 ore al giorno, 6 giorni a settimana, pagata in nero (spesso o sempre, sul punto occorre approfondire), senza poter godere di ferie e senza che fossero versati in suo favore i contributi assicurativi e previdenziali. Chiedeva di essere risarcita nella misura di 250.000 euro e la sentenza ha stabilito che questa misura di risarcimento fosse congrua. Non ha accettato la metà della somma, che peraltro avrebbe percepito a rate, perché riteneva ingiusta questa soluzione, e la sentenza le ha dato ragione. Ciò detto, non è patente una contraddizione tra «non abbiamo ceduto alla minaccia di diffondere questa notizia» e «stavamo cercando una soluzione transattiva che mettesse d’accordo tutti»?Tutto dipende da chi è il soggetto di «stavamo cercando una soluzione, ecc.». Se a cercarla erano le due parti, la «minaccia» non avrebbe ragion d’essere. L’avrebbe, invece, nel caso in cui a cercare una soluzione che mettesse d’accordo tutti fosse solo una delle parti e quel «noi» debba intendersi come «noi radicali»: in tal caso la «minaccia» non sarebbe altro che il no opposto da una parte alla soluzione che laltra parte ha deciso debba tornare conveniente a entrambe. Giacché una sentenza è sempre pubblica, decidere di andare a sentenza, con ciò rifiutando un’offerta ritenuta non soddisfacente, non è una «minaccia». Diciamo la verità: il termine è improprio, molto improprio. Sono certo che nell’usarlo non vi sia stato alcun intento malizioso, ma di fatto la Torrielli ci fa la figura della ricattatrice. Marco Pannella, invece, che paga in nero una dipendente e non le versa i contributi, sarebbe il ricattato. Non sarà voluto, ma è un distorcere i fatti. A parte, varrebbe la pena di affrontare una questione marginale alla vicenda, ma non troppo, che è quella della trasparenza che i radicali vantano come costume morale. Diciamo che in questa occasione esce un poappannata. Non dico che la vicenda meritasse uno Speciale Giustizia a Radio Radicale, ma con ore ed ore sprecate a ripetere le solite cazzate come un disco rotto Marco Pannella poteva trovare due minuti per sollevare i suoi dal disagio nel quale li ha precipitati. Pare abbia in programma un altro sciopero della fame e della sete, e questo senza dubbio li distrarrà un pochetto, ma che costava una spiegazione? Anche se incomprensibile, sarebbe stata di sollievo.  

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