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L’angelo di Giosafat

Da Fiaba

Scritto da Anna Consolo

cometa
Sette lunghe lune erano trascorse da quando Ram, maharaja di Benares nell’India del nord, aveva fatto uno strano sogno. Aveva visto cadere nel cuore della notte una grossa palla di fuoco  che aveva  illuminato così tanto la terra da far apparire le acque del fiume Gange, dorate. Si era svegliato di soprassalto per l’immenso chiarore e,  sudato per il calore di quell’evento,  si era precipitato verso la finestra per la curiosità . La vista di una notte placidamente stellata invece,  lo fece tornare sui propri passi fin sotto la calda coperta di pecora che scostò istintivamente.  La luce abbagliante del sogno però, stentava a scomparire, così che il povero Ram si ritrovò ad affrontare il giorno con gli occhi e il corpo affaticati. Da sette mesi ormai gli capitava la stessa cosa ogni notte e per quanto egli fosse un saggio rinomato per lo studio della medicina e delle stelle, non servirono le sue conoscenze a rendere più serene le sue notti. Nell’ala ovest del  gran palazzo del saggio Ram, viveva la serva

Darika con il figlio Giosafat. Darika era responsabile delle cucine, mentre Giosafat aiutava il grande Ram nella selezione delle erbe per la preparazione di lozioni curative e nello studio degli astri. Negli ultimi mesi Giosafat si era accorto dell’affaticamento del suo padrone, quindi cercava di rendersi ancor più utile poiché gli era molto affezionato. Sapeva  che il vecchio saggio aveva letto tra le stelle della venuta di Dio sulla terra ed era sicuro, per come lo vedeva inquieto,  che ormai l’avvenimento  fosse  imminente, per cui comprendeva perfettamente lo stato d’animo del suo Maharaja. Dodici lune prima, Ram, aveva inviato due dei suoi messaggeri da Gaspare, mistico re dell’Armenia e Baldassarre re arabo del deserto, entrambi scrutatori del cielo e attenti studiosi di arti mediche, per confrontare i segni letti. Le risposte degli altri saggi d’oriente gli erano tornate chiare proprio quella mattina: il re del cielo e della terra stava per nascere ed una stella avrebbe illuminato il loro cammino. Il momento tanto atteso era dunque arrivato. Giosafat offrì il suo aiuto al saggio padrone il quale gli raccomandò di prendere solo poche cose poiché il figlio di Dio aveva già l’essenziale. Tuttavia,  non avrebbero dimenticato di portare l’incenso e lo strumento a fiato: non si poteva accogliere un re senza manifestarne la gioia con suoni, canti e profumi! Partirono di notte in groppa a due cammelli non appena una grande stella apparve nel cielo. Durante le ore del giorno si fermavano per sfamarsi e riposarsi e al primo calar della sera, non appena la stella ricompariva in cielo, si rimettevano in viaggio. La meta dell’incontro con gli altri due saggi era ormai vicina, secondo i calcoli dell’astronomo, appena una luna da raggiungere. Successe che durante l’ultima sosta, il cammello di Giosafat prese a correre per perdersi nel deserto, quindi il vecchio Ram disse al suo giovane servo che senza, non avrebbe potuto accompagnarlo. Giosafat, intuiva le ragione del saggio e chinò il capo rassegnato, ma non appena il padrone  riprese il cammino, il ragazzo si rifornì di acqua e cibo e andò in cerca del suo cammello. Non poteva certo perdersi l’opportunità di vedere il figlio di Dio, anche lui l’aveva atteso con desiderio!

Aveva aspettato per molto tempo quel momento e non si sarebbe arreso così facilmente. “Di notte”, pensò, “la stella guiderà anche me, non posso perdermi!”  Quando nel cuore dell’uomo dimora una così grande fede, l’angelo che il Signore ci ha messo accanto non tarda ad operare. Così i passi di Giosafat furono guidati dritti fino al suo cammello che dormiva pacifico nel bel mezzo del deserto, quasi mezzo seppellito dalla sabbia. Per recuperare il tempo perduto Giosafat non sostò per il giorno, ma senza la stella e senza  le carte di viaggio  cominciò a sentirsi smarrito. Non voleva darsi per vinto e cominciò a intonare un canto, ricordando le parole del suo vecchio padrone: “Un vero re si accoglie con la gioia”. E mentre Giosafat e il suo cammello  cantavano  tra le dune, i pensieri correvano verso il viso di un piccolo bimbo sorridente e ignaro di ciò che Egli era. Che cosa gli poteva offrire?  -“Mio Dio”- si disse – “Cosa può donarti un piccolo servo come me? Ti offro il mio canto, ti offro le mie mani… ti offro il mio cuore”.  Il suo angelo era fiero di lui, le sue ali fremevano per la gioia, avrebbe accompagnato il piccolo Giosafat davanti al re dei re ed accanto a lui si sarebbe inginocchiato ad adorarlo, insieme avrebbero visto il piccolo Gesù!

La voce del giovane servo, in quel preciso istante, parve perdersi dentro un suono melodioso e  più il suo canto s’alzava per la gioia, più il suono gli si avvicinava. Incitò al galoppo il cammello: -“Hop! Hop! hop!” – intonava ora la sua voce e  d’un tratto, verso l’orizzonte, una nuvola di sabbia gli mostrava il cammino.  Venne la sera e di nuovo la stella . La seguì finchè giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bimbo bello. La sua voce restò muta, ma parlarono i suoi occhi, lui, che tanto aveva pensato a cosa dare, ora invece, sentiva che aveva ricevuto tutto. Tutto il bene che mai avrebbe pensato di poter provare.

La sera seguente, si udì ancora un suono melodioso: i tre saggi erano arrivati con le  note dei loro strumenti proprio davanti al piccolo re  dell’universo e, ne  rimasero estasiati. La musica di diffuse tutta intorno come a riempire di nuova gioia ogni spazio del cielo.

Tutto il mondo ascoltava.

Si prostrò davanti al bambino, prima Gaspare, poi Baldassarre e quando toccò a Ram egli disse:

“ Cham el chior - Ho visto Dio”.

Poi i magi aprirono i loro scrigni e Gli offrirono in dono, oro, incenso e mirra.

Il sorriso di Dio era luminoso come la stella di Betlemme e tutti coloro che  Gli stavano intorno brillavano di luce riflessa come piccole stelle. Al piccolo Giosafat gli venne da pensare che il cielo, con tutto il firmamento, fosse venuto all’istante sulla terra per  vedere il proprio re.

Gli strumenti dei magi cominciarono a suonare e insieme a tutti i cuori venuti ad adorare, intonarono inni d’amore al Salvatore.

 


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