L’anima integrale e l’unità di misura ¨
Il paradigma numerale chambérien non è come il numero fourierista, che non è arrotondato e che, da ciò, fa il suo delirio e la sua arbitrarietà.L’unità di misura, nel determinismo numerale, non ha, non deve avere, la giustificazione pomposa di Fourier.Ma ha la giustezza naturale e per questo non-ingrandimentoè esaltante, più che un operatore di gloria è un demoltiplicatore fantasmaticoche permette combinazioni e progressioni geometriche.L’espansione e la classificazione, da un lato; il numero e la classificazione, dall’altro, il flâneur o il bonheurista è così che, tassonomizzando l’oggetto, fa come Fourier, lo “sodomizza”.Sodomizza, cioè, la sua leggibilità, il particolare che innalza, la minuzia che dà la gioia.Perché la leggibilità di un corpo è immediatamente numerale, tanto che dai particolari fantasmati il numero mira ad afferrare delle medie, non delle probabilità, altrimenti il fantasma sarebbe reprimibile, cancellabile, progetta una statistica del desiderio e del bonheur.Al numero attengono le “carezze di percorso” o le ricognizioni territoriali che, su un corpo, sono commutate in ricognizioni sensoriali, che il bonheurista attua con quelli che potremmo chiamare i “baccanali delle sfumature”.La sfumatura, fatta di numero e di classificazione, “ha per campo totale l’anima integrale, spazio umano definito dalla sua ampiezza”[1], che, per raggiungere la sufficienza in un quadro fantasmatico, ha bisogno di altre sfumature, altri numeri e altre classificazioni.All’anima integrale del bonheurista occorrono le sfumature infinitesimali di passione, non certo i 1620 caratteri dei due sessi di cui alla prescrizione di Fourier, ma, vuoi per l’omonimia, vuoi per il gemellaggio territoriale, vuoi per altri spostamenti metonimici e vuoi per altre condensazioni di particolari, la somma, la cui giustezza, leggibile di traverso al significante e leggibile nel senso della sua lunghezza per il significato, è immediatamente enumerabile, oppure immediatamente si enumera dal quadro della scena, della posa, della situazione, che, appunto, costituirà il quadro fantasmatico, l’anima integraledel Bonheur.
□ La Mole qui non c’è ma è
la Torino di Silvia Crocetti
#ê
© Roy Stuart 2000 □
V.S.GAUDIO
Le Bonheur Chambérien
© 2004 □[1] Roland Barthes, Fourier, in : Idem, Sade, Fourier, Loyola, trad.it. Einaudi, Torino 1997:pag.94.[2] Ibidem:pag.95.